15. In Sintonia con gli Elementi

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Bridget

Tre giorni.

Sono passati tre giorni da quando la mia vita non è più la mia. Tre giorni dal cambiamento drastico che mi ha segnata. Tre giorni che provo a non crollare, anche se dentro sono distrutta.

Questa non sono io.

Io sono la ragazza che amava guardare il suo ragazzo che si allenava, che amava fare shopping con la sua migliore amica.

Io sono la ragazza che raccontava la favola della buonanotte alla sua sorellina, che si divertiva a sfidare suo fratello perché sapeva che l'avrebbe sempre battuto.

Quella è la vera Bridget.

Adesso, non so più chi sono. Vengo da un regno di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza; da quando sono entrata in Accademia mi sento chiusa in gabbia. Sono destinata a diventare una Guerriera, a condurre una vita che non avrei mai voluto.

«Tutto okay?» mi distrae Mason. Mi sta osservando con la coda dell'occhio. «Sembri stanca.»

«Ero solo pensierosa» abbozzo una scusa, sorridendogli debolmente.

Mason mi sta accompagnando all'aula della professoressa Collins, situata al secondo piano dell'edificio, come gli ha chiesto John, ieri sera. Mi cammina a fianco e ogni tanto mi tira sguardi preoccupati.

Probabilmente si è accorto che le mie palpebre faticano a restare aperte e che sto trascinando i piedi lungo il corridoio. Spero di aver usato abbastanza correttore per coprire le occhiaie.

Nemmeno stanotte ho dormito. Il primo giorno, gli incubi mi avevano risparmiata, ma dall'altro ieri sono tornati a martellarmi la mente, più vividi e feroci che mai. Ormai, riposare è diventata un'impresa irrealizzabile, non più una necessità. E non ci riesco.

«Sicura di stare bene?» si premura ancora il Guerriero. «Non ti reggi in piedi.»

«Sono soltanto un po'...»

«Spaventata?» cerca di concludere la frase al mio posto.

«Stavo per dire tesa, ma sì, anche spaventata» gli sorrido, anche se forzatamente.

Impianta i suoi occhi neri nei miei e il suo sguardo è così profondo, scuro e penetrante che sembra scavare dentro di me, leggermi l'anima.

«Siamo arrivati» annuncia, staccando le pupille dal mio viso.

Ci fermiamo davanti a una porta, identica a tutte le altre. La fisso, insicura. Non voglio entrare. So che, una volta varcata la soglia, diventerò parte di questa realtà a tutti gli effetti. Non voglio guardarmi allo specchio e riconoscere più il mio riflesso. Ho paura che le incertezze mi schiacceranno.

«E se mi fingo malata?» provo a cercare una via di fuga.

Mason scuote la testa, esasperato. Sì, sono davvero irritante.

Batte le nocche sulla porta e una voce leggera ci risponde con un "avanti". Prima che possa anche solo protestare, Mason apre il battente, posa una mano sulla mia schiena e mi spinge delicatamente all'interno della stanza. Mi regala un sorriso di incoraggiamento e poi mi lascia da sola nell'aula.

Ma non sono del tutto sola.

Appoggiata alla cattedra, c'è una donna che mi scruta con curiosità. Gli occhi color caffè, i capelli scuri come la corteccia degli alberi e un sorriso caloroso ad incorniciarle il volto. È la prima mora che incontro, osservo con piacere.

«Tu sei Bridget, vero?» Si avvicina fino ad essermi di fronte.

«Sì, sono io» confermo.

«Io sono la professoressa Collins, ma puoi chiamarmi Giselle.»

Il Segreto della DinastiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora