Bridget
Seguo con lo sguardo Mason, che si allontana. La sua figura alta sparisce dietro l'angolo del corridoio, lasciandomi sola in quest'edificio enorme e sconosciuto.
Sospiro e impugno la maniglia di acciaio lucido della porta. Entro in camera, pensando a quanto sia strano quel ragazzo. Sembra non tollerare la mia presenza.
Varco l'uscio e richiudo la porta. Una volta dentro, analizzo con scetticismo la mia nuova abitazione.
Le pareti sono spoglie e la stanza è piccola e anonima. L'arredamento è essenziale e in legno chiaro: un armadio a doppia anta, un letto singolo, un comodino accanto e una scrivania contro la parete, con una sedia. Di lato, una grande finestra, coperta da due drappi di cotone blu, dai quali penetrano i raggi solari. Accanto alla porta, una madia dalla superficie spaziosa.
L'ambiente è freddo e austero. C'è troppo bianco, qui, penso, guardando i muri e le mattonelle di ceramica lattea. Le quattro pareti della mia vera camera sono dipinte vivacemente; nella stanza che occupo a Manhattan si respira calore e familiarità.
Sul comodino basso, alla sinistra del letto, noto una chiave, incastrata in un anello di ferro. Probabilmente è la chiave della camera.
Mi avvicino all'armadio, spalancandone le ante. L'interno è vuoto, fatta eccezione per una divisa che pende da una gruccia. La prendo. È l'uniforme dei Guerrieri, quella che ho visto anche su Emily e Mason.
Con gli abiti stretti sottobraccio, mi dirigo verso una porta secondaria, che dovrebbe condurre al bagno adiacente. Quando la apro, trovo esattamente ciò che mi aspettavo.
Sfilo i vestiti che indosso da ieri sera e indosso la divisa. È composta da una camicia bianca, un paio di pantaloni blu e un gilet dello stesso colore, su cui è cucito quello che credo sia lo stemma di Arcandida o dell'Accademia. È un fiocco di neve bianco, intrecciato in grovigli di fili sottili. Il ciondolo della mia collana, che oscilla sullo sterno, sembra la rappresentazione tridimensionale dello stemma, con le sue linee di argento delicato.
Ignoro l'insolita somiglianza e punto gli occhi sullo specchio, posto sopra il lavabo. Mi sciacquo il viso, rimuovendo i residui di trucco, e pettino i capelli con le dita, cercando di rendermi un minimo più presentabile.
Serro tra le dita il bordo gelido del lavandino, osservandomi attraverso la lastra ovale. Lo specchio ottocentesco è ornato da un'elaborata cornice dorata, punteggiata di granelli di polvere.
Per la prima volta da quando ho messo piede in Accademia, mi fermo a riflettere. Incontro i miei occhi, attraverso il vetro, e risultano così sbiaditi, così stanchi. Sono finita in una situazione surreale. In meno di ventiquattro ore, la mia vita è stata completamente stravolta, così tanto che ancora stento a crederci. Ero fermamente convinta che la magia esistesse soltanto tra le pagine dei libri e nelle scene dei film, ma a quanto pare mi sbagliavo.
Non può essere vero, continuo a ripetermi dal momento in cui Mark ha iniziato a raccontare la storia del suo popolo.
Invece, è tutto vero, continua a ricordarmi la mia coscienza. Perché, dentro di me, sento che ogni cosa è reale, che sono qui per uno scopo ben preciso. Ma come posso accettarlo? Come posso rinunciare alla mia vita, per immergermi in un'avventura dove rischio di perderla?
«Basta» sibilo alla me del riflesso, «basta pensare.»
Mi stacco dal lavello e lascio il bagno. Decisa a non restare chiusa in stanza per l'intero pomeriggio, recupero la chiave dal comodino, esco in corridoio e blocco la serratura della porta.
Metto la chiave nella tasca posteriore dei pantaloni e scruto i dintorni. Tanto vale fare un giro, ormai. Il corridoio si divide in due vie. Cerco di rammentare il percorso fatto con Mason e imbocco la strada a destra, facendo il tragitto a ritroso.
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Il Segreto della Dinastia
Fantasy{COMPLETA e IN REVISIONE} • Il Regno Dimenticato - Volume 1 • "Ecco, la giornata che mi ha cambiato la vita è iniziata così. Con la telefonata della mia migliore amica, un mucchio di dilemmi a cui non sapevo dare risposta e una passeggiata verso sc...