Yara
Lo scoppiettio del fuoco che brucia nel caminetto è l'unico suono allegro che mi circonda. O, per meglio dire, l'unico suono allegro da cui mi lascio circondare.
La cornice ornamentale in ferro battuto è intrappolata nella presa delle mie dita; la fotografia coperta dal sottile vetro di plastica incastonata nel mio sguardo.
Analizzo ogni lineamento, ogni caratteristica, ogni segno particolare, nell'inutile tentativo di sbloccare la mia memoria.
Devi ricordare.
I capelli bruni, la frangetta tagliata sopra gli occhi celesti e il sorriso raggiante.
Devi ricordare.
Guardo la giovane donna intrappolata nella cornice e la tristezza mi assale, insieme alla rabbia, al dolore e all'impotenza.
Niente. Non ricordo niente.
È diventata solo una fotografia.
Una lacrima furente scende sulla mia guancia e mi bagna il collo, per poi cadere sul suo viso, coperto dalla plastica trasparente.
Presa dalla collera e dall'incoscienza, scaglio la cornice contro il muro e questa va a rompersi in mille pezzi. Rimane solo la fotografia, coperta da frammenti e cocci, posata sul pavimento di legno scuro.
Poggio la fronte sulle ginocchia strette al petto e lascio che le lacrime continuino a scendere instancabilmente.
Vorrei tanto star male per lei, ma riesco a star male soltanto per me stessa.
Desidero intensamente riportare a galla tutti i ricordi sepolti dalla mia mente. Voglio aiutare mio padre a stare meglio, soffrire con lui. È devastante subire il dolore, quando io non riesco a versare neanche una lacrima per la mamma.
Quando se n'è andata ero troppo piccola; non riuscivo a spiccare parola ed è normale che la mia memoria abbia rimosso tutte le informazioni legate a quel periodo, ma non riesco ad accettarlo.
Non posso accettarlo.
Sono arrabbiata, arrabbiata nera con lei. Mi ha abbandonata, se n'è andata, e mi ha lasciata così: sola e vuota. Ricordare non è più un obiettivo. Si è tramutato in un'ossessione vera e propria.
Devo farlo. Devo ricordare.
Le mie orecchie percepisco la serratura scattare e la maniglia muoversi: papà è tornato. Asciugo le guance bagnate e provo a sistemare i capelli alla bell'e meglio, per non sembrare più trascurata di quanto non sia.
Scruto i ceppi di legno nel camino, ridotti in cumuli di cenere scura, consumati dal fuoco ardente. Seduta sul divano e con lo sguardo puntato sulle fiamme, riesco a dare le spalle a mio padre.
Lo guardo con la coda dell'occhio. Prima ancora di salutarmi, si è diretto verso la fotografia che ho gettato in terra. Raccoglie i frammenti, li butta nel cestino accanto al mobile d'ingresso e prende il pezzo di carta raffigurante la donna della sua vita, che ha lasciato solo un enorme buco nero nel suo cuore, e la posa delicatamente sul ripiano della madia.
Sembrano passare secoli prima che incastri i suoi occhi di ghiaccio nei miei. Non si prende nemmeno la briga di rimproverarmi. Mi guarda soltanto sconfitto e preoccupato.
«Sei tornato presto» esordisco, tirando un'occhiata all'orologio appeso al muro. In realtà, sono le tre di notte.
«Già» risponde, laconico. «Sei ancora sveglia?»
Mi limito ad annuire, e lui non ribatte. Non mi guarda, non mi parla, non mi ascolta. Tra di noi solo silenzio. Un silenzio scandito dal ticchettio continuo e ritmato della lancetta dei secondi.
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Il Segreto della Dinastia
Fantasy{COMPLETA e IN REVISIONE} • Il Regno Dimenticato - Volume 1 • "Ecco, la giornata che mi ha cambiato la vita è iniziata così. Con la telefonata della mia migliore amica, un mucchio di dilemmi a cui non sapevo dare risposta e una passeggiata verso sc...