Cinque

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Tra pochi giorni riprenderà la scuola e io sono qui che trascorro gli ultimi pomeriggi estivi sulla scrivania.

Non sono un genio dell'organizzazione e infatti mi riduco sempre all'ultimo minuto. Spero di non essere l'unica demente... Altrimenti benvenuta/o nel club!

Dopo due ore filate di matematica non ne potevo più e avevo i nervi a mille così decisi di mettermi i guantoni e sfogare tutta la mia energia e i nervi su quel sacco da boxe che penzolava dal soffitto di camera mia.

La mia camera oltre ad essere una biblioteca e un negozio di CD era anche una piccola palestra. Tutto ciò concentrato in non molti metri quadrati, ma abbastanza per essere una camera, quindi se non avessi avuto quelle cose sarebbe molto spaziosa.

Mentre prendevo a pugni e a calci il sacco da boxe mi vennero in mente molte cose, come la prima volta che mio papà decise di regalarmelo di nascosto perché mia mamma è contraria a ogni forma di violenza, anche la più innocente come picchiare un sacco da boxe.

Ricordo quel giorno come se fosse ieri.

Andai da mio padre, abile insegnante di kick boxing e boxe, a chiedergli un sacco solo quando avevo 7 anni. Lui rimase scioccato, ma allo stesso tempo felice di aver trasmesso la passione anche a sua figlia.
Ovviamente ero troppo piccola per un sacco da boxe, così decise di allenarmi senza, partendo dalle basi e dalle cose più soft. Verso i 10 anni sferravo pugni così potenti che neanche i ragazzi un po' più grandi di me riuscivano a sopportare. Fu così che mio padre decise finalmente di appendere questo enorme salsicciotto al soffitto della mia camera.
Mia madre quando lo scoprì ci restò male, ma subito cambiò idea nel vedermi così felice tanto da saltare per tutta la casa e abbracciare chiunque fosse nel mio campo visivo.
Insomma mia mamma è disposta ad accettare tutto purché io sia felice. Anche se ancora mi chiedo perché abbia sposato mio padre che adora quello sport, nonostante lei sia contro. È proprio vero che per amore si è disposti a tutto.

Chissà se anche io rincontrerò una persona per cui sarò disposta ad accettare delle cose che non condivido solo per vederlo sorridere?

Di sicuro non ora lo troverò, visto che ho bisogno di una lunghissima pausa dal genere maschile. Una pausa più lunga di quella degli One Direction.

A proposito di...

"Hei Rocky, vacci piano, altrimenti romperai il sacco!" disse quella voce inconfondibile interrompendo i miei pensieri.

Dallo spavento caddi per terra con l'eleganza di un triceratopo con tre zampe e un tutù.

Subito lui iniziò a ridere, ma appena alzai lo sguardo inceneritorio smise subito e mi sollevò di peso, come fossi un moscerino, rimettendomi in piedi e scompigliandomi i capelli.

"Ecco fatto tigre" disse lui guardandomi e sorridendo come un cretino... Ma ero così divertente?

Non mi ero mai accorta di essere così bassa finché non notai quanto lui fosse più alto di me.

In un batti baleno presi il cellulare che stava sulla scrivania.

"Wow vuoi di già che ti dia il mio numero? Non pensavo fosse così facile" disse sempre con quello sguardo e sorriso. Giuro, vorrei prenderlo a sberle.

"Tranquillo che io del tuo numero non me ne faccio niente, ma i carabinieri quando verranno qua sì" dissi mentre componevo seriamente il numero dei carabinieri e notai che il suo sorriso sornione sparì.

"Ma che ho fatto di male!?"

"Vedi te! Sei entrato in camera mia senza permesso e mi insegui, ti denuncio!" dissi porgendo il cellulare all'orecchio.

Ma lui questa volta mi precedette prendendomi il cellulare e terminando la chiamata.

"Stronzo!"

"Lo so, ma fin'ora è l'unica cosa più carina che tu mi abbia detto quindi ti ringrazio" disse allungando il braccio in alto.

"Ridammelo cretino!" dissi mentre cercavo di saltellare per prenderlo, ma niente, lo spostava continuamente.

Maledetto il mio metro e sessanta!

"Solo se mi prometti di essere più gentile con me!"

"Si certo, credici... Coglione!"

"Ah no no no, stai già iniziando col piede sbagliato" dopo un po' mi stufai e mi fermai, incrociando le braccia.

Cominciai a fissarlo dritto negli occhi e lui fissava me.

"Mi deludi tigre ti sei già arresa?"

Roteai gli occhi verso il cielo, ma non risposi. Stavo solamente aspettando il momento giusto per prendere la mia preda, visto che continuava a chiamarmi tigre.

"Perfetto allora non ti dispiace se ti faccio delle domande... Allora... Cosa ti è preso quel giorno?"

Stupido, sapeva di aver toccato un tasto dolente, sapeva benissimo che non ne volevo parlare e lui l'ha fatto.

Così gli sferrai una ginocchiata lì in mezzo, non forte, ma abbastanza da riuscire a prendere il cellulare.

Lui si accasciò su se stesso, non volevo fargli male, ma a mali estremi, estremi rimedi.

"Ciao sfigato" dissi uscendo dalla mia camera per dirigermi in bagno per farmi una doccia.

Credo che non lascerò mai più quella finestra aperta.

DUE PIUME ||Irama Plume|| - non siamo fatti per restare soliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora