Quattordici

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"Passo a prenderti anche domani, fatti trovare lontana da Diego per favore" disse Filippo ironicamente mentre accostava la macchina a pochi metri da casa mia.

"A dir la verità domani ho un impegno subito dopo scuola" dissi un po' triste, devo ammettere che passare un po' di tempo con lui non era poi così male come pensavo.

Anzi meglio così.

Più passo del tempo con lui e più lo rivaluto come persona e io non sono più la Bea che si fida di tutti e soprattutto ingenua.

"Okay, vorrà dire che ci vedremo un altro giorno" disse sempre sorridente.

Ho paura di fidarmi di lui, ma soprattutto di cominciare a volergli bene. Ha fatto tantissimo per me anche solo passando pochissimo tempo insieme. Ho paura che mi faccia cambiare idea. Ho paura che mi indebolisca.

Però allo stesso tempo mi rende felice e spensierata come neanche Diego sapeva fare. In questo caso preferisco affidarmi al caro Giacomo Leopardi e alla sua teoria sulla felicità ovvero che è una cosa momentanea. Noi viviamo immersi nell'infelicità e nella nostra vita abbiamo solo qualche momento di serenità. Quindi come tutte le cose anche Filippo uscirà dalla mia vita e magari io pure affezionandosi ci resterò il doppio male.

Tutte le varie alternative portano ad un'unica strada: la mia infelicità.

Quindi avevo solo una cosa da fare ora, far uscire Filippo dalla mia quotidianità.

"Non lo so" dissi decisa come risposta. Lui ci rimase male e prima che potesse far domande uscì dall'auto, presi lo zaino di scuola e mi diressi verso casa correndo.

***

Avevo fatto la scelta giusta, continuava a ripetermi la mia mente.
Anche se devo ammettere che continuavo a pensarci e questo non mi faceva stare molto tranquilla.

Non lo vedevo da circa due settimane o meglio, lo evitavo da due settimane circa.

Si presentava ogni santo giorno all'uscita scuola, ma per fortuna con l'aiuto di una cara amica bidella potevo usare l'uscita dei sotterranei.

Inoltre non aprivo mai la finestra della mia camera, non volevo le sue piume e non volevo suoi messaggi.

Questi pensieri inondavano la mia mente anche durante l'ultima ora di scuola del venerdì. Tanto il professore di chimica era una palla mortale e la lezione era particolarmente noiosa.

Finalmente la campanella di fine lezioni suonò e un'enorme massa di studenti cominciò a dirigersi verso l'unica uscita della scuola.

Io, come ero solita da due settimane, controllavo prima dalla grande vetrata che si affacciava sul parcheggio, se Filippo fosse lì.

Ed eccolo in tutto il suo splendore appoggiato alla sua auto nera mentre fissava gli studenti uscire.
Però questa volta non era solo, con lui c'era una bionda con un corpo stupendo e vestiti firmati.

Lei credo che la conoscano tutti qui, o meglio, tutti i ragazzi conoscono la cosa che ha lì tra la gambe.

Vera frequenta l'ultimo anno della mia scuola e si era fermata a parlare con Filippo.

Lui sembrava veramente infastidito e da qui si poteva vedere la su mascella contratta, secondo me neanche la stava ascoltando. Sembrava scocciato come se Vera fosse una zanzara che ti ronza intorno mentre dormi.

Ormai l'enorme massa di studenti si era dissolta e Vera era ancora lì. Filippo non aveva spiaccicato parola, però tutto d'un tratto le prese il polso, cominciò a trascinarla e le aprì la portella dell'auto.

Non volevo più assistere a niente e cominciai a dirigermi verso l'uscita dei sotterranei.

Forse un po' ci ero rimasta male, solo per il semplice fatto che pensavo lui non fosse uno che cedesse a queste tentazioni o a merce scadente.

Ecco, come al solito non ci azzecco mai in queste cose e infatti ci rimango sempre fregata.

***

Quando qualcosa mi turba cerco sempre qualcosa da fare per non pensarci e in questo momento non potevo nè andare a correre, per il brutto tempo, nè ascoltare musica in santa pace perché devono essermi caduti dalla tasca i miei auricolari da qualche parte.

Quindi l'unica alternativa era quella di dirigermi verso un luogo dove facevo visita molto spesso per il semplice fatto che mi piaceva stare lì ed era un'ottima barriera anti-brutti pensieri.

L'ospedale.

***
In questi giorni ho passato tantissimo tempo in ospedale, però mi piaceva e mi faceva stare bene la maggior parte del tempo.

Erano circa le 6 del pomeriggio e dovetti andarmene perché si avvicinava l'ora della cena.

Oggi il tempo era veramente bello e si sentiva l'aria autunnale sempre di più, le foglie cominciavano a dipingersi di vari colori e i vestiti diventavano sempre più pesanti.

Stavo per oltrepassare il cancello dell'uscita dell'ospedale quando sentì di colpo voltarmi da una mano che mi prese il polso.

Andai a sbattere contro il petto di questa persona che mi aveva fermata e la riconobbi subito, o meglio, riconobbi il suo profumo subito.

Così indietreggiai e prima che me ne andassi lui parlò, anzi mi urlò contro.

"Avrei un milione di domande da farti, però ho deciso di farti prima quella più importante..." disse prendendo fiato infine, molto probabilmente aveva corso per raggiungermi.

"Come stai? Perché vieni sempre in ospedale ultimamente?" disse con tono più calmo e con un volto preoccupato.

"Non sono affari tuoi! Vattene!" dissi rivolgendogli le spalle e rimettendomi in marcia, ma lui mi bloccò prendendomi per il polso.

"Lasciami ti ho detto!" dissi con cattiveria. So benissimo che non si meritava tutti ciò, ma nemmeno io  merito di affezzionarmi e poi rimanerci male.

"No! Devi smetterla di allontanare la gente! Soprattutto me, perché io non me ne vado. Ti ho aspettato ogni fottuto giorno con la pioggia, con il vento e anche con il troppo caldo. Ma il brutto è che io sapevo ogni fottuta volta che tu eri là e mi guardavi, ma invece di affrontarmi, mi evitavi scappando come una codarda..."

Cosa? Sapeva che io lo guardavo ogni giorno? Inoltre ora che mi viene in mente... Come faceva a sapere che venivo qui spesso?

"Bè visto che sai che ti controllavo, credo che allora io possa chiederti che cazzo ci faceva Vera in macchina tua?"

"Non cambiare discorso! E comunque chi cazzo è questa Vera? Io non conosco nessuna Vera" disse perplesso. Bè la parte del finto tonto la sapeva recitare benissimo.

"Ah forse intendi quella lagna a cui ho dato un passaggio tempo fa? Se intendi quella lì allora non preoccuparti continuava a chiedermelo e visto che ero abbastanza scocciato perché tu non ti facevi vedere ho ceduto, almeno taceva"

"Ma chi si preoccupa scusa? Ho solo chiesto..." dissi infastidita.

"E io ti ho solo chiesto che ci fai qui e come risposta ho ottenuto qualcosa di tutt'altro che cortese quindi..." disse soddisfatto della sua risposta. Non aveva tutti i torti devo ammettere.

"Bè sto bene comunque..."

"E allora perché ti ho vista uscire da quella porta?" chiese non soddisfatto della mia risposta vaga.

"E tu come fai a sapere che ci vengo spesso?"

DUE PIUME ||Irama Plume|| - non siamo fatti per restare soliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora