Capitolo 33 - EPILOGO

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Un anno e mezzo dopo, agosto.

"Jackson vuoi muoverti che l'aereo non aspetta noi?!" la voce di Mark riecheggiò nell'atrio della sua casa durante quella mattina di agosto.

Jackson scese le scale di corsa e per poco non cadde "Si scusa, ma non riuscivo a trovare una cosa." disse e alla fine chiuse la porta di casa osservando i genitori che andavano verso l'auto.

"Papà posso guidare io? Dimmi di sì ti prego!" chiese Mark e Raymond annuì mentre il ragazzo tirava un urletto di gioia e correva verso il posto di guida.

Era passato un anno e poco più dal diploma di Mark e anche Jackson aveva conseguito il diploma con quasi il massimo dei voti.

Avevano finito il liceo e ancora stentavano a crederci.

In quel momento stavano andando in aeroporto perché l'aereo per Los Angeles sarebbe arrivato da Copenaghen nel giro di un paio d'ore e l'aeroporto distava a mezz'ora di macchina dalla loro abitazione.

Durante l'anno prima i due ragazzi avevano cercato varie case nei pressi dell'Università delle Belle Arti di Los Angeles ma Mark si ricordò di avere ancora la casa in cui abitava da bambino e suo padre disse che era perfetta per loro due poiché non era troppo grande ed era vicina all'università, perfetta per i due.

Quando arrivarono in aeroporto c'erano tutti i loro amici ad aspettarli laddove i due ragazzi avrebbero avuto l'imbarco.

"Siate prudenti, fatevi sentire, attenti con il fuso orario e mi raccomando: studiate!" esclamò Dorine con un sorriso abbracciando i due.

"Beh.. ci vediamo a Natale..." disse poi Raymond "Ma non vi preoccupate.. verremo a rompervi anche a Los Angeles" e ridacchiò.

"Mark, mi raccomando tienilo a bada potresti perderlo per le strade di Los Angeles" disse Bambam ridendo e provocando una risata collettiva.

Si salutarono tutti e infine i due presero il volo.

Atterrarono a Los Angeles che erano circa le sette del pomeriggio e la prima cosa che fecero fu proprio andare nella loro nuova(per Jackson lo era) casa.

Quando varcarono la soglia, i due ragazzi si guardarono intorno.

"Proprio come la ricordavo. Sai Jack, qui ci ho vissuto fino ai miei cinque anni, poi mi sono trasferito a Seoul dopo che mia madre se ne fu andata. Ma mio padre non ha mai voluto venderla, pensava che prima poi sarebbe servita a uno di noi quattro." disse il giovane ventenne.

Jackson sorrise e gli avvolse la vita con un braccio, attirandolo a sé e baciandogli la guancia "Propongo di riposarci e magari iniziare a sistemare domattina. Uhm?"

Mark annuì e guidò il suo ragazzo verso la camera per posare le cose.

Si sedettero sul letto.

"Quando ero piccolo dormivo sempre nel centro con mio fratello che era appena nato, con mia madre a destra e mio padre a sinistra" disse osservando il letto poi ridacchiò "E spesso mio padre andava a dormire in camera mia perché non entravamo"

"Ti manca tua madre?" chiese Jackson poi.

"Direi una bugia se dicessi di no, ma mi ha rovinato la vita. Sia a me che a mio padre. Direi una bugia se dicessi che le voglio ancora bene. Mio padre è stato fortunato a trovare tua madre.."

Jackson sorrise "È stata una fortuna anche per noi, perché se così non fosse stato non saremmo stati qui. No?"

Mark sorrise di rimando "Hai ragione"

Jackson si avvicinò a lui e gli baciò prima la guancia, poi le labbra e poi scese sul suo collo.

"Sei bellissimo. Ti amo ti amo ti amo" disse inspirando il suo profumo e lo baciò di nuovo.

Mark rise e gli accarezzò i capelli "Ti amo anche io, tantissimo. E anche tu sei bellissimo ma non te lo dico perché altrimenti ti monti troppo la testa"

Questa volta fu Jackson a ridere "Stronzo." fece una pausa nella quale si alzò dal letto e poi prese una scatoletta di velluto color amaranto, sedendosi a fianco a lui "Sposami."

Mark lo guardò in faccia preso alla sprovvista. "Eh?"

"Sì, sposami. Voglio passare il resto della mia vita con te, Mark. E' iniziato tutto così per gioco e non avrei mai pensato di chiedertelo. Forse perché eravamo ancora molto piccoli. D'altronde tu avevi sedici anni e io quindici. Ma adesso ne sono sicuro. Sono più di quattro anni che stiamo insieme e voglio sposarti, Mark." aprì la scatoletta e ne uscì un anello color argento, era una fede.

"Mark, voglio che tu diventi mio marito."

Mark sorrise addolcito e lo baciò sulle labbra a stampo per poi abbracciarlo forte, sentendo le lacrime scendere sulle guance ma non disse niente e a Jackson quel silenzio e quelle lacrime parvero molto più profonde di un "Sì" che però Mark disse a bassa voce.

Jackson mise l'anello al suo dito anulare sinistro e gli sorrise, abbracciandolo di nuovo. Si sdraiarono e pensarono in quel momento che la loro vita non sarebbe potuta essere migliore.

.FINE.

Ebbene sì, la storia è giunta al termine e mi sto accorgendo che i miei finali fanno proprio cagare.

Mi sono divertita a scrivere questa storia ed è stata la mia prima vera e propria markson, in un certo senso ne sono uscita molto soddisfatta poiché non credevo che avesse "successo".

Penso che scriverò altre markson, più in là e sono sicura che lo farò perché loro sono la mia vita, quasi il motivo per cui mi alzo la mattina (e non esagero)

Con ciò, io vi saluto e ringrazio tutti quelli che fino ad ora hanno votato e commentato, è grazie a voi se sono andata avanti con questa storia e devo a voi i miei più sinceri e sentiti  ringraziamenti se sono giunta qui.

Vorrei che in un commento voi mi diciate cosa vi è piaciuto (e non) di questa fic, cosa avrei potuto aggiungere/togliere e cosa avrei potuto migliorare. Accetto critiche seppur costruttive e che mi aiutino in futuro con altre storie ❤️

Con ciò io vi saluto con una bellissima immagine dei nostri amori (è tipo la mia immagine preferita)

❤️❤️

-alice.

Stepbrother {Markson}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora