per favore.

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ciao a tutte!
finalmente, anche il sesto capitolo è pronto!
innanzitutto, grazie.
so che sono ripetitiva, ma non posso non ringraziarvi! siamo a quattromila letture e cinquecento voti. per me è incredibile, specialmente perché penso sempre di non essere all'altezza.
poi leggo i vostri commenti, i vostri tweet e sorrido un sacco, perché siete pazzesche e adoro i vostri scleri, ahah.
torniamo al capitolo.
beh, questo è...particolare, ahah.
c'è dolcezza, c'è tensione, c'è da ridere, c'è qualcosa. insomma, ne avete da leggerne, AHAH.
ah, ancora non ho trovato un giorno preciso in cui aggiornare, quindi facciamo che non lo specifico, ahahah.
se volete sapere quando aggiornerò, seguitemi su Twitter, dove mi trovate come @cuddlepoetry, così non vi perdete nulla!
e niente, direi che questo è tutto!
scusate in anticipo per eventuali errori, cercherò di correggerli il prima possibile!
grazie ancora, spero che questo capitolo vi piaccia.
buona lettura!
mar.🌻




Svegliarsi il lunedì era traumatico per Einar, ma svegliarsi la domenica dopo una sbronza non era esattamente la cosa più piacevole di questo mondo.

Appena si svegliò il sole che regnava alto nel cielo di Roma lo accecò, gli bruciò gli occhi. La vista era appannata, offuscata, non riusciva a mettere a fuoco quasi nulla. Si raddrizzò, sostenendosi sulle braccia tese dietro la schiena, per poi emettere un gemito di dolore.

Era a pezzi, ogni arto sembra atrofizzato, dalle gambe alle braccia, per poi finire con il collo. Aveva lividi in più punti e sentiva lo stomaco ribaltarsi, le viscere scendere sotto i piedi. Dalla sua bocca uscì un suono strozzato che gli graffiò la gola, secca e arsa, che bruciava e chiedeva pietà. Deglutire era come se mille lame gli stessero lacerando il palato, il groppo che si era formato gli infiammava ogni singolo centimetro di gola che mandava scariche di dolore a tutto il resto del corpo.

La testa scoppiava, rimbombava, pulsava. Gli sembrava di avere una serie di martelli che gli percuotevano il cervello sbattendo in ogni parte della scatola cranica, provocando lancinanti fitte che, Einar giurò, in quel momento sembravano la perfetta rappresentazione dell'inferno di Dante.

Si guardò intorno, spaesato, con gli occhi ancora leggermente appannati e notò in che condizioni era ridotta la camera. I cappotti erano sparsi per terra, insieme alle scarpe, qualche maglietta, buste vuote di patatine e bottiglie di birra, anche queste, ovviamente, vuote. Lanciò uno sguardo al suo letto per poi notare che aveva dormito con le robe di ieri e storse il naso quando sentì il pesante odore di fumo ed alcol che emanava la sua maglietta.

Si massaggiò gli occhi, come a volersi svegliare dallo stato di confusione e stanchezza in cui era caduto, senza risultati. Guardò davanti a sé, per poi realizzare che quello con una felpa grigia e gli occhiali da sole seduto alla sedia della scrivania, con una mano a tenersi il mento, era Simone.

«Buongiorno» sussurrò. Non perché non volesse farsi sentire, ma perché quella era tutta la voce che gli era rimasta. Anche parlare faceva male.

«Buongiorno un cazzo», rispose lui, infastidito e stanco allo stesso tempo. Einar non poteva dargli torto, lo capiva benissimo, purtroppo.

«Perché hai gli occhiali da sole?»

«Per nascondere queste» disse togliendoli e mostrando due terribili occhiaie nere sotto i suoi occhi quasi chiusi.

Lasciò cadere il discorso, annuendo in segno di risposta, sapendo che non avrebbe retto una conversazione più lunga di quattro frasi, vista la voglia di sbattere la testa contro il muro per placare quel mal di testa che ormai si era impossessato di lui.

Si rigirò nel suo letto, mugugnando in cerca di qualcosa da infilare sopra la maglia visto il freddo causato dalla finestra aperta.

«Dov'è Filippo?» chiese corrugando la fronte quando si accorse che il suo letto, pur essendo sfatto e incasinato come il suo, era vuoto.

Due cristalli di neve. » EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora