COME VECCHI AMICI

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Levi arrivò a lavoro di Hanji appena in tempo per vederla uscire.
Vestiva in modo diverso dal solito: la camicia dentro la gonna lunga fino alle ginocchia, le labbra colorate di rosso fuoco e i tacchi più alti.
Sembrava una puttana vestita da avvocato.

Appena lei lo vide, fece sparire il suo sorriso. Cercò di evitarlo, ma Levi fu più veloce e, appena la raggiunse, la prese saldamente per un braccio e la spinse dentro la sua auto.
Dopodiché, entrò anche lui e bloccò le portiere, di modo che non tentasse di uscire.

«Questo si chiama rapimento!» disse.
«Devo parlarti» Hanji sentì un cambiamento nella sua voce. Sembrava più triste del solito.
Nonostante fosse la sua ex moglie, nonché una delle persone che più odiava, il corvino voleva chiederle qualche consiglio. Da vecchio amico.

«Dimmi» sembrò calmarsi, così l'uomo si rabbuiò ancora di più. Se poteva sfogarsi, lo avrebbe fatto.
«Ti ricordi di Eren?»
Lei lo guardò confusa, annuendo: «Il tuo amico? Quello dai capelli lunghi? Si, perché?»
«Beh... il giorno in cui sei venuta da me, io e lui ci siamo... fidanzati...» al ricordo di quel momento, fece cadere qualche lacrima,.
«Però adesso ti ha lasciato, non è vero?» la donna sembrò trattarlo con più gentilezza. Proprio come una volta.
«Esatto...»
Gli passò un fazzoletto: «E come mai? Sei rimasto te stesso?» chiese, leggermente acida.
«No... ti... ti ricordi quando ti ho raccontato del mio passato?»
«Si...»
«I suoi genitori... sono stati delle mie vittime» a quelle parole, la donna si portò le mani sulla bocca. Levi cominciò a piangere: «Lui l'ha scoperto... e dopo...» fece una pausa, poi completò la frase: «L'ho tradito con una puttana»
Dopo quella frase, Hanji gli tirò uno schiaffo in piena guancia.

«SEI PROPRIO UN MAIALE, LEVI ACKERMAN!» gridò.
«SENTI CHI PARLA!» disse lui, ricambiando il gesto.
«E POI TI DOMANDI PERCHÉ ME NE SONO ANDATA! GUARDA CHE HAI FATTO!» fece per uscire: «APRÌ QUESTA CAZZO DI PORTIERA!»
«STAI ZITTA!» pianse più forte: «TI CONSIDERO ANCORA LA MIA MIGLIORE AMICA!» urlò, facendola calmare un po'. Lui continuò, riducendo la voce in un sussurro: «Ti prego... io non volevo perderlo...»
«Ma l'hai fatto» disse secca: «E per cosa poi? Se lo amavi così tanto non dovevi andare da quella troia. Come hai fatto con me»

Levi spalancò gli occhi per la sorpresa: «Eh?»
«Il mio nuovo ragazzo si chiama Erwin Smith» continuò, sorprendendo l'uomo: «Lui mi ha raccontato di te, perché già ti conosceva. Mentre stavo con lui di nascosto, mi disse di averti visto ad un hotel dove facevi sesso con delle puttane» mentre parlava, lo fissava come se fosse spazzatura: «Io l'ho perdonato per ciò che ha fatto, ma non volevo perdonare te. Perché sapevo che il nostro rapporto rimaneva una merda anche se te non fossi andato a letto con altre» si sistemò la camicia.

Levi era rimasto sbalordito.
Osservò la donna per un tempo molto lungo, mentre quello sbuffava infastidita.
«Come ho già detto» cominciò, sbloccando la portiera dell'auto e aprendola: «Sei destinato a rimanere da solo... Levi» se ne andò, lasciando l'uomo solo.

[...]

«Eren...»
Era passato troppo tempo da quando il castano era rimasto chiuso in casa.
Armin bussò di nuovo, l'amico non voleva aprirgli.
Sentiva che stava ancora piangendo.
«Eren?» lo chiamò di nuovo, ma niente.

Fece il giro della casa e notò una finestra con le tapparelle alzate di poco.
Spiò dalla piccola fessura e perse un battito nel vedere il castano sdraiato sul divano, a piangere.
Era quasi del tutto inghiottito dall'oscurità ma poté notare la lucidità delle sue guance ricoperte di lacrime.

Bussò sul vetro e finalmente Eren gli concesse una piccola e fugace occhiata.
Gli occhi erano rossi e gonfi.
"Sta piangendo da un bel po' giorni ormai..." pensò il biondo, tentando un sorriso, ma finendo col fare una smorfia.

Eren, senza smettere di singhiozzare, gli aprì la porta e l'amico fece il giro per entrare.
La casa era decisamente orribile.
I muri si erano rotti di nuovo, con alcune crepe in più e le lampadine erano state rotte.
Armin notò anche delle chiazze rosse a terra, ma scoprì poco dopo che si trattava di salsa.
L'unico pasto che Eren aveva fatto dopo la rottura con Levi.

«Hey... ti va una pizza stasera?» chiese l'amico dolcemente, andandosi a sedere al suo fianco.
Piangeva a dirotto. Non l'aveva mai visto così giù.
Gli accarezzò la schiena.
«N-no...» disse a fatica. Non aveva più voce.
«Vedrai che andrà tutto bene... esci da qui, così vediamo di trovare qualcuno per te, no? Forse un bel maschione dell'hotel... anzi no! Ti iscrivo ad un sito di appuntamenti, così forse-»
«Levi d-diceva di a-amarmi... l-l'unico che lo f-faceva seriamente...» pianse.
Al ricordo dell'uomo, scoppiò. Urlò il suo nome con la poca voce che gli era rimasta.
L'altro non poté sopportare quella scena, così lo abbracciò.

«P-perché sempre a... a me!?» chiese.
Quei lamenti erano sordi e penetranti. Se Eren avesse avuto dei vicini, lo avrebbero sentito come se fosse nell'altra stanza.

«Eren» anche Armin pianse nel sentire la sua sofferenza: «Dimenticalo... lui ti ha fatto soffrire, ricordi?»
«M-ma è stato l'unico a... a farmi... provare questo!»
«Basta così... andiamo all'hotel. Zeke vuole che lavori, stasera»
Lui scosse la testa, asciugandosi gli occhi.
Come poteva preparare cocktail in quello stato a quei porci?

Il biondo, con malavoglia e dispiacere, lo prese per mano e lo portò fuori da lì.
Il sole accecò il castano mentre saliva in macchina.
«A-Armin... v-voglio tornare a c-casa» disse, tirando su col naso.
«Non puoi stare segregato in casa così tanto! Hai bisogno di uscire»
«Se e-esco... in-incontrerò Levi»
«Lo terrò lontano io, va bene?» il biondo cercò di sembrare più rassicurante possibile.
«C'è P-Petra, però» aggiunse.
«Terrò lontana anche lei»

Il pianto del giovane non cessava, anzi. Peggiorava ogni volta che l'amico passava davanti ad un luogo che gli ricordasse il corvino, come casa sua, il ristorante dove avevano mangiato quella sera, il punto in cui si erano incontrati la prima volta e infine l'hotel dove avevano parlato.

Soffriva.
Non poteva sopportarlo.
Ancora prima che il biondo parcheggiasse, Eren entrò nella struttura, evitando ogni sguardo, tranne uno.
Uno sguardo schifato e pieno di disprezzo.
Si bloccò di colpo.
«Eccolo qui, lo scarto della natura. Perché non la fai finita qui, così fai felici tutti quanti? Specialmente Levi?» chiese Petra, con fare acido, mentre Mikasa faceva un mezzo sorriso.
«Non perdere tempo con mio fratello, dai» disse quest'ultima, portando via l'amica.

Si bloccò di colpo, però, quando il castano disse, per l'ultima volta: «E dire... c-che mi sembravi u-una brava persona...» dopodiché, tornò sui suoi passi.  

*angolo autrice*
Voi sapete dove sta andando Eren?
Io sì.
Al prossimo capitolo!!!

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