Capitolo 32 - Pinball Wizard

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Matt mi scorta dentro al pub lanciando sguardi in ogni direzione, alla ricerca dei suoi amici. Il Rabbit Hole non è uno dei miei posti abituali, in città. È fatto da una miriade di salette, piccole e soffocanti, specialmente al sabato sera. Il soffitto basso con le travi a vista mi fa temere di prendere una testata da un momento all'altro. Matt tiene una mano sulla mia schiena e deve aver notato qualcuno, dato che ha accelerato il passo verso una delle salette laterali. Infatti, ora riesco a vedere la testa bionda di Pat, seduto al centro di una lunga tavolata. Alza lo sguardo verso di noi e ci fa segno di avvicinarci, mentre il tizio moro che sedeva a capotavola ci viene incontro.

"Hey, Jersey Boy!" Esclama, dando a Matt un amichevole scappellotto.

Guardo Matt, vagamente stranita: "Ma tu non eri di Boston?"

"Non fare caso a Barrie..."

Mi basta osservare un secondo Barrie per capire cosa intenda Matt. Il ghigno malizioso e la luce pestifera che ha negli occhi mi dicono che, di certo, questo Barrie non è uno che si prende sul serio.

"Chi è questa bella giovane?" Chiede, rivolgendosi a me.

"Piacere, Victoria."

Gli sorrido, porgendogli la mano per stringere la sua ma, inaspettatamente, lui porta la mia alle labbra in una melliflua, eppur divertente, imitazione del baciamano.

"Devi essere nuova, altrimenti ti avrei notata prima. – Continua, senza lasciar andare la mia mano. - Be', Victoria, sei già la benvenuta! Io sono Barret, ma le belle ragazze mi chiamano Barrie."

"Barrie!" Lo rimprovera Pat, mentre si avvicina per salutarmi. "Non fare caso a Barrie, ma sì, sei la benvenuta." Dice, abbracciandomi stretta.

Seduta al tavolo, riconosco Penny, la ragazza di Pat, che mi rivolge un mezzo sorriso e un accenno di saluto. Di fianco a lei c'è una ragazza minutina, con i capelli scuri e un bel visetto da elfo, gli occhi enormi e celesti. Mi dice di chiamarsi Charlotte e non sembra molto più espansiva di Penny. Barrie le si siede di fianco e le pizzica ostinatamente il braccio, fino a che lei non sbotta, dandogli uno schiaffo sulla mano. Matt, accanto a me, ride e, con la mano ancora aperta sulla mia schiena, mi guida ad una sedia, proprio di fronte a Pat. Reg, uno dei coinquilini di Pat, ci raggiunge con un vassoio pieno di birre e si sistema nel posto libero accanto al mio amico.

"Allora, Vic...come te la passi?" Mi chiede Pat, sorseggiando la sua birra.

"Ma sì, bene, direi..."

"Quanto ti manca?"

"Mi laureo a settembre."

"Poi, hai già qualche idea?"

E io lo so che non lo fa con cattiveria e che non è nemmeno una domanda di rito di cui non ascolterà la risposta. So che è interessato, perché Pat è Pat e mi vuole bene e ci tiene a conoscere le mie prospettive, però non posso fare a meno di odiarlo, in questo momento.

"No, a dire la verità..." Rispondo, abbassando lo sguardo sulla birra che Matt mi ha appena depositato davanti.

"Ma rimarrai ad Oxford, no?"

Ti odio, Pat. Se non la smetti, ti tolgo il saluto. Lasciami bere, per la miseria.

"Non lo so, davvero... non sono del tutto certa che la carriera accademica faccia per me."

"Andiamo! – Ma il suo tono rassicurante non mi rassicura. - Sei la degna figlia di tuo padre!"

"Non ho la sua costanza...- insisto. - e poi, puntavo tutto su letteratura americana, invece l'insegnante è così tiepida e inconsistente, che fa passare tutta la poesia, persino con T.S. Eliot."

Victoria's state of mindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora