"Avevo - non so - sette, otto anni. Ero alle elementari. La mia insegnante era fissata con la scrittura creativa e ci dava spesso compiti da fare e io mi divertivo tantissimo, perché potevo sguazzare nel fantasy. Una volta non ci ha dato nemmeno la consegna, ci ha detto solo di inventare una storia che volevamo. E così ho fatto. Era ambientata in un mondo in cui gli uomini e i draghi convivevano, ma non pacificamente: gli umani volevano sterminare i draghi, ma io stavo dalla parte dei draghi – ovviamente - e il protagonista era un drago. E niente, lui tornava a casa e scopriva che la sua famiglia era stata rapita dagli uomini, ma non faceva a tempo a disperarsi, perché andavano a prendere anche lui. Solo che, invece di portarlo in prigione, lo portavano in piazza a fargli guardare i suoi famigliari che venivano giustiziati. Poi giustiziavano anche lui."
"Matt, tu guardi troppa TV."
"L'ha detto anche mia madre quando l'hanno mandata a chiamare da scuola."
"Hanno chiamato tua madre?"
"E mio padre. Pare che fossero a tanto così da chiamare gli assistenti sociali. Mio padre rideva come un matto. Mia madre mi ha levato tutti i videogiochi e ha messo il parental control alla televisione. Per due anni, ho potuto guardare quasi solo i Teletubbies."
Matt beve un sorso di Coca-Cola.
"Scusa, mangiare da Subway mi ricorda casa."
"I panini sono la tua Madeleine..."
"Per la carità, no. Non dirlo più. Odio Proust, le Madeline e tutto quello che c'entra col francese. Prima regola di chi ha studiato francese: non parlare MAI del francese."
"E quando sei andato ad Antibes, che lingua hai parlato?"
"Inglese. Sono americano, vedano di capirmi."
"Che maleducato!" Lo sbeffeggio.
"Mai quanto i francesi."
Ora, quando lo guardo, non riesco a pensare ad altro, se non al fatto che vorrei che fossimo soli, davvero soli. Eppure qualcosa mi frena dal chiedere. Non so cosa freni lui - sempre che sia frenato. Forse ha paura di spaventarmi, di mettermi fretta. Io ho paura di rendere questa cosa una cosa vera. Mi prende la mano che ho sul tavolo e intreccia le nostre dita. Sto per dirglielo. Lui riprende a parlare. Sarà per un'altra volta.
*.*.*.*
Piper mi dice di aspettare. Non ho il coraggio di scomodare Holly ma, visto come le stanno andando le cose, credo che mi consiglierebbe di buttarmi. Non so da che parte cominciare, come se fosse ancora la prima volta. Sono giovane, ma qualche rapporto umano l'ho avuto. Eppure ogni esperienza, ogni persona, è così diversa e a sé stante, da rendere inutile tutto quello che credi di sapere.
Da quando Ronnie mi ha scucito la password del wifi, le mie mattinate di studio da Veronica's hanno subìto un brusco calo produttivo. Insieme agli appunti di cinema, sul computer ho aperto ogni tipo di social. Bazzico su Pinterest, salvando a caso citazioni di film e serie tv, ma una notifica su facebook attira la mia attenzione.
Edward Wheeler mi ha inviato un poke.
Ma cosa diavolo è un poke? E chi accidenti è Edward Wheeler? E perché diamine ha una foto di un gatto come immagine del profilo?
Sono tentata di ignorarlo, ma poi noto che abbiamo un'amicizia in comune: Piper Harrison. Scorrendo tra i post, trovo la foto di una torta, scattata in una caffetteria di Abridge e unisco i puntini. Deve essere quel Teddy, il ragazzo delle torte, che sta rendendo la mia Piper una donna onesta. Escono da un po', alla luce del sole – o sotto la pioggia dell'Inghilterra del sud. Ma cosa vuole da me?
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Victoria's state of mind
RomanceVictoria sta per cominciare il suo terzo anno alla facoltà di Lettere di Oxford. Ha la sua amica Piper, litri di caffè e tanta voglia di fare. Il primo corso del nuovo anno è quello di filologia classica. Quello che ancora non sa è che il professore...