Capitolo 25 - La pioggia nel pineto

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A sessione quasi conclusa, decido di godermi la pace di casa mia per un pomeriggio intero. Mi preparo un the e cerco, tra i dvd che sono riuscita a portar via a mia madre, il titolo migliore per tenermi compagnia nell'ozio di fine febbraio. Alla fine il mio occhio cade su Notting Hill e capisco di non avere altra scelta.

Col mio the tra le mani e la copertina sulle gambe, approfitto della solitudine per ripetere tutte le battute, senza essere interrotta (come farebbe mio padre), o anticipata (come farebbe mia madre). Anna Scott è appena tornata da William e lui le sta dicendo di essere un tizio con un decente equilibrio e con poca disinvoltura in amore, quando il mio telefono squilla. Sullo schermo compare Piper in una delle sue pose ridicole.

"Hey, Pip!" e sto per chiederle come sta, ma subito mi interrompe.

"Dove sei?"

"A casa..."

"Arrivo." E riaggancia.

Rimango per un intero minuto a fissare il cellulare, in preda ad un misto di angoscia e sconcerto. La mia ansia non cala quando bussa alla mia porta. Sul suo viso c'è un'espressione tirata che non fa altro che moltiplicare le mie paure.

"E' successo un gran casino!" Mi dice solo e io la scorto in camera mia il più in fretta possibile. I suoi occhi rossi mi fanno presupporre che abbia pianto da poco e la sua voce mi fa temere che succederà di nuovo a breve.

La faccio entrare e chiudo la porta dietro di me. Parla appena incontra il mio sguardo:

"Lui...Chris...se ne va..."

"E dove?"

"In America...va ad insegnare ad Harvard."

La osservo, frastornata come se avessi messo la testa nella centrifuga.

"Ma come? – Chiedo, infine. - E tu?"

"Una merda."

Le lacrime che avevo previsto poco fa iniziano a rigare le guance di Piper e io mi precipito da lei, stringendola forte. La faccio sedere sul letto, mentre le chiedo di spiegarmi come stanno le cose. Apparentemente, a Martin è stata offerta una cattedra tutta sua ad Harvard. Harvard. E la mia prima reazione sarebbe di chiederle cosa diavolo avrebbe Harvard che Oxford non ha, ma non posso chiederlo a Piper. Vorrei tanto chiederlo a lui. Dopo averlo schiaffeggiato, chiaramente. Sempre apparentemente, lui sapeva dell'offerta da un po', ma ha voluto aspettare che Piper superasse l'esame di filologia per dirglielo. Ancor più apparentemente, lui gliel'ha presentata come una grande notizia. Dice che la distanza non li danneggerà, anzi, potrebbe essere una grande opportunità per il loro futuro. E delle opportunità per Piper che ci sono qui, non gli importa. Io vorrei solo fargli molto male fisico. Vorrei restituirgli tutto il male che vedo sul viso di Piper in questo momento.

La abbraccio sempre più forte, mentre lei singhiozza. Si dice che per curare le crisi di panico sia necessario esercitare pressione sul paziente. Forse vale solo per chi ha disturbi diagnosticati di ansia, e forse non è nemmeno vero, ma un abbraccio è tutto quello che posso darle in questo momento.

Mi allontano da lei solo per procurarle dei fazzolettini di carta. Mentre si asciuga gli occhi e si soffia il naso, sento dei rumori provenire dal piano di sotto e, poco dopo, la voce di mio padre. Lascio Piper a ricomporsi e scendo in ingresso, dove trovo mio padre con Liz al seguito. L'ha portata da noi per assaggiare il roastbeef che Marybeth ha cucinato stamattina. Lo avviso della presenza di Piper e lui mi propone di farla fermare a cena. Ho paura che non sia dell'umore giusto, ma mio padre mi sorride, affabile, e mi dice:

Victoria's state of mindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora