8.

153 14 1
                                    

Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.

Quella era l'unica parola che in quel momento vorticava come un tornado in piena nella mente di Salvatore, mentre posava lo zaino sul pavimento in legno e lentamente si girava verso il padre, come quando un criminale viene colto sul fatto da un poliziotto, il che poteva far ridere come cosa, solo che Salvatore in quel momento provava tante emozioni, ma la felicità non era decisamente fra quelle.

- Ero passato in biblioteca a prendere dei libri per un compito- sussurrò il ragazzo, rimanendo con la testa bassa, trovando un improvviso interesse nelle sue scarpe da ginnastica nere.

Il coraggio e l'odio che aveva provato fino a poco fa furono spazzati  via come un castello di carte, sostituiti da paura e soggezione.

-A chi credi di prendere per il culo ragazzino?- sentì la figura del padre incombere su di lui, una puzza di alcool da far venire i conati di vomito a chiunque. -Io non sono ingenuo come tua madre Salvatore-

In quel preciso istante, qualcosa scattò nel ragazzo, qualcosa chiamato rabbia.

Alzò la testa da terra, sfidando lo sguardo in parte stupito del padre, e strinse i pugni lungo i fianchi, fino a far diventare le nocche totalmente incolore.

-Non ti permetto di parlare di mia madre in quel modo!- l'adrenalina girava a mille nel corpo di Salvatore; in quel momento non stava pensando assolutamente in modo lucido, e le parole uscirono molto più taglienti e autoritarie di quanto si potesse mai immaginare.

-Mia madre era un genitore esemplare a differenza tua, meglio di quanto tu lo potrai mai essere. Lei pensava davvero a me e a Roberta, e devi ringraziare che adesso mia sorella è da una sua amica, altrimenti neanche lei ti avrebbe mai più guardato allo stesso modo. Prima ti volevo bene sai? Prima che mia madre avesse quel cazzo d'incidente, tu eri un padre, uno vero. Adesso mi fai solo schifo-

Quando finì parlare, si trovò senza fiato. Aveva tenuto dentro tutto quel rancore per troppo tempo, e ora finalmente aveva trovato il coraggio di farlo uscire.

Guardò il padre dritto negli occhi, per cercare un qualche tipo di rimorso nel suo sguardo brillo, ma l'unica cosa che riuscì a vedere era uno sguardo furbo, come di qualcuno che, dietro a una faccia neutrale, la sua mente stesse architettando un qualche tipo di piano per uscire indenne da quella situazione.

Le labbra di Elpidio si curvarono da un lato verso l'alto, mostrando un sorriso beffardo, tipico di quelli che sanno di avere il coltello dalla parte del manico.

-Bene, davvero bene Salvatore- rise con fare amaro il padre, fissando gli occhi in quella copia giovane di sè stesso.

Salvatore non ebbe il tempo di chiedere il significato di quella frase, che si ritrovò la "stampa" della mano del padre sulla guancia destra.

Il ragazzo, colto alla sprovvista, indietreggiò, finendo con le spalle contro la porta della sua camera, l'orecchio destro che fischiava senza sosta e la sensazione di bruciore sempre al lato destro del suo volto che non accennava ad attenuarsi.

-Non mi piace la strada che stai prendendo ragazzo- Biascicò il padre, dirigendosi con fare barcollante verso la cucina, dove prese una delle bottiglie ancora non finite di birra sul tavolo e lanciarla dietro Salvatore.

Quest'ultima esplose in mille schegge di vetro bruno. Il ragazzo fu veloce abbastanza da piegarsi per evitare il colpo diretto, ma alcuni frammenti di quella che un tempo era la bottiglia, gli procurarono dei leggeri graffi all'altezza del viso e degli avambracci.

Per evitare che la situazione precipitasse sempre di più, in un momento di distrazione del padre, ebbe la velocità e i riflessi di aprire la porta dietro di sé e chiudersi nell stanza.

Poem|| SalvefanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora