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Dopo aver passato una mattinata ricca di emozioni, sentimenti mai provati prima e tanta, ma tanta pioggia, il pomeriggio sembrava prolungarsi all'infinito per Salvatore che, in quel momento, era chiuso nel vano doccia, schiena nuda contro le fredde mattonelle e l'acqua calda che gli cadeva sul petto, creando un piacevole contrasto.

Ormai aveva perso il conto di quanto tempo era passato da quando aveva acceso l'acqua della doccia, per poi infilarcisi dentro.

Quando tornò a casa dopo la mattinata, molto piacevole, con Stefano, Salvatore si rimboccò le maniche e pulì da cima a fondo la cucina, maledicendo più volte il padre che l'aveva ridotta in uno stato a dir poco pietoso.

Dopo dieci minuti che, finalmente, la cucina era stata tirata a lucido, arrivò la sorella che, gioiosa come una Pasqua, iniziò a raccontargli tutte le vicende che aveva passato a casa della sua amica in quel giorno e mezzo, e di come avesse preso un buon voto in scienze.

Salvatore non poteva che essere entusiasta per lei, ma in quel momento nella sua mente c'era ben altro che pensare a come la sorella avesse vinto più volte ad Uno contro la sua "amichetta del cuore".

La liquidò con un "Scusami, ma devo andare a fare una doccia" e si diresse verso il bagno.

Ed eccolo lì, da un numero interminabile di tempo, che con la sua mente riviveva tutto quello che aveva passato in quelle prime ore del giorno.

Stefano che lo spiava mentre scriveva, la corsa nel parco, e infine, quell'abbraccio.

Salvatore non poteva fare a meno di sorridere, e la cosa bella è che non sapeva perché.

Infondo, Stefano lo stava solo aiutando a rialzarsi, eppure c'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa nelle sue grandi mani poste all'altezza del suo bacino, qualcosa nel ricordo del profumo che emanava, un misto di acqua e zucchero, che gli faceva battere il cuore al solo pensiero, proprio come se il ragazzo fosse davanti a lui in quel preciso istante.

Il sorriso sul volto del ragazzo si allargò di più; l'idea di sentire ancora una volta la presenza del maggiore al suo fianco lo mandava in estasi, come a un drogato la propria dose.

E forse Stefano stava diventando questo per Salvatore.

Stava diventando la sua droga personale.











Stefano, invece, aveva un modo un pò diverso per distrarsi.

In quel momento,era appoggiato con gli avambracci al balcone, una sigaretta fra le dita e lo sguardo perso nel vuoto.

Sospirò, avvicinandosi la sigaretta alle labbra e immettendo quella sostanza ormai nota nel suo corpo, per cacciarla fuori, creando una piccola nuvoletta di nicotina che si dissolse quasi subito nell'aria.

La mente del ragazzo ripercorse quella giornata, fermandosi sempre allo stesso punto: quando prese Salvatore fra le braccia per non farlo cadere.

C'era qualcosa, in quel piccolo ragazzo così timido e dagli occhiali tondi, che lo spingeva a conoscerlo di più, e a proteggerlo, come se fosse solo suo.

E questa cosa lo terrorizzava a morte.

Sbuffò, ispirando un'ultima volta e gettare il mozzicone giù dal balcone, passandosi le mani sul viso.

Dei passi leggeri che si avvicinavano attirarono la sua attenzione, ma non si girò, avrebbe saputo riconoscere quel tocco leggiadro ovunque.

-Ancora qui a fumare Ste?- disse quella donna, appoggiando una mano delicata sulla spalla del ragazzo.

-Mamma ti prego, non ti ci mettere anche tu a farmi la predica, ho già troppe cose a cui pensare- Sbuffò Stefano, per poi andare a spostare la mano della madre dalla sua spalla,e andarsi a sedere su una delle sedie bianche in ferro poste ai lati del balcone; gli occhi, ora scuri, pensierosi.

Poem|| SalvefanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora