Leggere la nota autore a fine capitolo please è importante, enjoy!
L'aria che si respirava nella macchina della sorella di Stefano era così tesa che si poteva tranquillamente toccare.
Dopo l'ennesima chiamata non andata a buon fine, il ragazzo aveva deciso, insieme alla sorella più come "supporto morale" che altro, di mettersi in macchina e guidare come se non ci fosse un domani verso la casa del minore, ringraziando mentalmente tutte quelle volte che l'aveva accompagnato a casa dopo la fine di una giornata scolastica.
"Vedrai che non è successo nulla" cercò di consolarlo la sorella, portandogli una mano sulla gamba ma mantenendo gli occhi fissi sulla strada.
Il ragazzo annuì semplicemente, senza dare retta alla ragazza alla guida, mentre la sua mente iniziava a collegare, come un puzzle, lentamente tutti i pezzi.
Tornò col pensiero a quel giorno quando, anche se con un tiepido calore, il minore aveva la giacca abbottonata fin sopra il collo, o ancora tutte quelle volte che gli proponeva di passare il pomeriggio a casa sua, ma Salvatore rifiutava categoricamente, insistendo a dire che i suoi genitori non volevano o perché doveva occuparsi della sorella.
Come una lampadina che si accende in una stanza buia, illuminando a giorno la stanza attorno a noi, il cervello di Stefano scattò.
Come aveva potuto essere così cieco? Come aveva potuto mettere in secondo piano quei piccoli segnali?
Insieme alla consapevolezza di aver finalmente compreso tutto ciò che il ragazzo era costretto ad andare incontro, si aggiunse la paura; se uno dei due genitori gli avesse fatto qualcosa di grave, non se lo sarebbe mai perdonato, mai.
Con un gesto repentino afferrò la gamba della sorella che strinse, facendola emettere un verso di sorpresa misto a confusione.
"Stefano ma che stai fa-"
"Accelera Giulia"
"Stefano io-"
"Accelera cazzo!" Gridò il ragazzo in preda ad una paura ed un'ansia che gli bloccavano lo stomaco, non riuscendo a staccare gli occhi dalla strada e la mano dalla gamba della sorella.
Giulia, notando l'evidente ansia del ragazzo e i suoi occhi che iniziavano ad inumidirsi, premette il piede sull'acceleratore e partì in quarta, tagliando la strada alle macchine che si trovavano davanti a loro e saltando anche qualche semaforo rosso, rischiando di scontrarsi con le vetture che passavano.
Più la distanza si accorciava e più l'ansia in Stefano saliva; la bocca dello stomaco gli si era chiusa e il respiro si faceva sempre più pesante, come se da un momento all'altro i polmoni avessero immagazzinato talmente tanta aria da rendere difficile quel movimento.
Le idee più disparate iniziarono a farsi largo nella sua mente; e se avesse portato il figlio da qualche parte? E se, invece, avesse avuto un malore e i genitori non avessero chiamato l'ambulanza? E se ancora lo avessero...
I suoi pensieri furono stroncati dalla vista di quel condominio tendente al grigio alla fine della strada.
Non aspettò neanche che la sorella si fermasse del tutto, infatti appena rallentò, lui subito si fiondò fuori dalla macchina e iniziò a correre verso la struttura, senza pensare alle grida della sorella che inutilmente cercavano di fermarlo.
Sentiva il proprio battito rimbombare nelle orecchie che quasi lo fece svenire, ma non poteva permettersi di essere debole adesso, doveva cacciare tutto il coraggio di cui era capace.
"Allora..." ansimò la sorella dopo aver fatto una corsa per raggiungere il minore "Hai visto se c'è qualcuno in casa?"
"No..." mormorò in risposta, troppo impaurito e ansioso per poter alzare la voce quel tanto che bastava per sembrare serio e convinto di sè.
Giulia alzò la testa per guardare il fratello dritto negli occhi; si era tolta la giacca e i capelli biondi le ricadevano disordinatamente sulle spalle, rendendola estremamente più giovane della sua età.
"Stefano" iniziò lei "qualsiasi cosa sia successa, voglio che tu sia forte, e che non pensi che questa sia colpa tua, perché non lo è, non potevi immaginarlo..."
Il ragazzo però non stava sentendo una parola di quello che diceva la sorella, intento a cercare di aprire la porta, ovviamente senza successo.
"Ma che cazzo!" Sbottò adirato il ragazzo iniziando a prenderla a calci, fermandosi qualche secondo prima di dare un calcio in pieno volto ad una bambina che, tremante e in lacrime, aveva aperto la porta.
Stefano abbassò la testa per guardare la piccola creatura: i lunghi capelli castani che si adagiavano sulle sue spalle in due trecce disordinate, il volto paffuto tipico dei bambini rigato di lacrime e le sue piccole mani grondanti di... sangue.
Il cuore del ragazzo si bloccò per un istante, e i suoni alle sue orecchie arrivarono distanti; la bambina non sembrava ferita, e in casa la presenza dei genitori era pressoché assente.
Deglutì pesantemente, alzando con timore e ansia la testa per guardare dietro alla piccola, e lì giurò che una parte di lui fosse morta.
Il ragazzo, il suo ragazzo, quel piccolo astro di cielo così timido e ingenuo, con un anima ricca di qualsiasi sentimento positivo e di voglia di amare, steso sul pavimento, bianco come la neve e il suo petto rosso come il fuoco, che aveva iniziato a grondare sul pavimento.
Non si rese neanche conto che aveva iniziato a muoversi proprio verso di lui, talmente la sua mente era annebbiata da tutta quella situazione.
"Sal..." sussurrò il ragazzo, lasciandosi cadere sulle sue ginocchia, infischiandosene che il pantalone si sarebbe tinto di rosso.
Prese la testa del giovane e se l'adagiò sulle gambe per guardarlo meglio; le sue labbra erano schiuse e gli occhi semi aperti che guardavano il ragazzo dritto in volto.
"T-ti prego..." balbettò ormai disperato "re-resta con me..."
Stefano, inevitabilmente, iniziò a piangere; piangere perché non l'aveva protetto, perché non aveva capito, perché era stato così stupido da non sapere cosa fare.
Sapeva che se il minore avesse chiuso gli occhi, non li avrebbe più riaperti, così iniziò a parlare.
"T-ti ricordi quando... a-al gazebo tu stavo sci-scivolando, e io ti ho pre-preso al volo? A-avrei tanto voluto ba-baciarti in quella o-occasione... ma non sapevo co-come avresti rea-reagito... o ancora i-i tuoi occhi come bri-brillavano quando qualcuno faceva i-i complimenti alle tue po-poesie... E qua-quando ci siamo baciati i-in quel vicolo, o do-dopo aver preso il gelato? Ti-ti prego... voglio avere altri ri-ricordi come questi... non la- lasciarmi..."
È lì i pianti sovrastarono le parole. Non riusciva più a dire nulla, il suo corpo glielo impediva talmente dei singhiozzi.
Prese il corpo del ragazzo e lo strinse a se con talmente tanta forza che poteva sentire i pezzi di vetro sulla sua maglia premere come spilli, ma non importava, nulla avrebbe più avuto importanza se il ragazzo lo avrebbe lasciato.
"S-Stefano..."
Quel sussurro, quel piccolo sussurro accese una scintilla nel ragazzo maggiore, che rimane in silenzio, intento ad ascoltare ciò che aveva da dire.
"No-non..." ansimò Salvatore, come se anche dire quelle parole gli costava uno sforzo enorme "darti... la co-colpa... no-non volevo... che lo sapessi..."
"No-non sforzarti Salvatore..." singhiozzò fuori Stefano, iniziando a dondolarsi con il ragazzo fra le braccia ancora in ginocchio sul pavimento.
"Ti amo... stefano..."
Quelle parole lo colpirono come una frusta dietro la schiena, mozzandogli il fiato.
Le parole erano finite, e con quella poca lucidità che gli era rimasta, poteva sentire le sirene dell'ambulanza arrivare.
E lì, in quel preciso istante, su quel preciso punto del pavimento, giurò che mai più avrebbe rivissuto quel momento.
NA
Ma salve personcine, scusate per l'upload centenario (ormai è routine), ma diciamo che il mio umore non è delle migliori.
Anyway, avevo intenzione di fare una sorta di Q & A di vostre domande inerenti alla storia, personaggi o anche personali, chiedete quello che volete, ora vado a drogarmi di BTS adieu
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Poem|| Salvefano
FanfictionParole dolci e melliflue, che toccano le corde dell'anima. Frasi scelte con cura, per ottenere una particolare tipologia di emozioni. Concetti semplici e diretti, per attirare, o concetti più lunghi e articolati, per ammaliare le persone. Chi l'avre...