Tre.

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Fece un nuovo tiro della sua sigaretta per usufruire di quei pochi secondi in più necessari a formulare una risposta, ma evidentemente non furono abbastanza.

«Sto fumando.» buttò fuori il fumo spegnendo poco dopo la sigaretta sotto la sua scarpa. Nonostante fosse all'aria aperta sentii il respiro corto al solo pensiero di averlo nuovamente così vicino.

«Pensavo di trovarti lì subito dopo aver cantato.» disse e Fabrizio percepii un tono speranzoso nella sua voce.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa, la voce di Claudio lo fece voltare immediatamente nella sua direzione «Oh Fabrì, sei qui.» gli sorrise portando una mano sulla sua spalla.

«Ermal!» esordí subito dopo averlo visto stringendolo in un veloce abbraccio «Come stai?» gli domandò tornando al fianco di Fabrizio.

«Bene, sono solo un po' stanco.» abbozzò un finto sorriso lasciando un'occhiata al moro prima di tornare a guardare Claudio.

Fabrizio chinò la testa verso il basso pensando al fatto che a lui non aveva risposto allo stesso modo mezz'ora prima a quella stessa domanda.
Poteva significare qualcosa?
«Tocca a noi?» chiese al suo pianista volendo a tutti i costi scappare da quella situazione.

«Si, dobbiamo iniziare a prepararci.»

«Vi lascio andare allora.» Ermal mise su nuovamente un falso sorriso prima che Claudio lo salutasse e si avviasse al backstage.

«Fabri.» sussurrò prima che il moro potesse seguire il suo pianista «Possiamo vederci per una birra dopo? Devo parlarti di una cosa importante.» disse liberandosi di quel peso enorme che l'aveva spinto ad incontrarlo quel giorno.

Il moro annuì debolmente prima di sparire verso l'entrata, lasciandolo solo a cercare le parole giuste per parlargli più tardi.

//

«Fabri!» alzò un braccio per farsi notare mentre il moro usciva dal suo camerino con il telefono attaccato all'orecchio.
A passo lento camminò verso la sua direzione, fece un cenno del capo al suo collega continuando a parlare con sua figlia al telefono.

«Certo che ce vengo a trovarvi domani, passame la mamma n'attimo.» disse mantenendo il passo del riccio che si dirigeva probabilmente in uno dei pochi bar che conosceva di Roma «Quindi se vedemo domani a pranzo Giadì? Va bene, per mezzogiorno sono da voi, si certo va tutto bene.» sospirò lanciando uno sguardo fugace al ragazzo affianco a lui che con nonchalance ascoltava la sua conversione «T'ho detto che sto bene.» soffocò una risata «A domani, buonanotte Giadì.» chiuse la chiamata, sotto lo sguardo vigile del riccio, pronto a fargli almeno una ventina di domande.

«Vi siete lasciati?» fu la prima domanda che l'istinto gli fece buttar fuori.

«Si.» rispose senza dargli nessun altro tipo di spiegazione.

«Ti sei trasferito?» domandò ancora.

«Si.» rispose, senza nemmeno guardarlo.

«Da solo?»

«Si.»

«Puoi anche dire qualcosa di più.»

«Voglio prendere un cagnolino.» sorrise leggermente al pensiero, portando una mano in tasca mentre camminava.

«Che cane?» chiese sperando che da lì potesse nascere una conversazione non composta solo da monosillabi.

«Un cane da appartamento, piccolo e peloso, pensavo ad un volpino.» disse velocemente pensando già al nome che avrebbe dato a quella massa di pelo che correva nella sua mente.
Immaginò la felicità dei suoi bambini quando gli avrebbe mostrato il suo nuovo compagno da appartamento e decise in quel preciso istante che l'indomani sarebbe andato alla ricerca del cucciolo perfetto per lui.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora