Sedici.

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Le sue guance si riempirono d'aria, facendola uscire tutta d'un colpo al seguito delle lacrime che gli bagnarono le labbra.
Perse il conto, ormai, di quante volte si era promesso di non piangere per poi ritrovarsi con il viso umido e il fiato corto.

Si era evidentemente perso il passaggio radicale che il suo carattere aveva subito, a sua insaputa. Non ricordava infatti il giorno preciso in cui si era ritrovato a singhiozzare come un bambino ogni qual volta si parlasse di Ermal.

Non era più sicuro di essere sè stesso, il suo corpo era irriconoscibile, così come la sua mente. Niente era più come prima, non si fidava più del pilastro portante della sua vita e dubitava che sarebbe riuscito a rialzarsi senza il suo aiuto.

Cadono come castelli di sabbia
le nostre certezze,
pilastri di rabbia e paura

Doveva iniziare a pensare che la sua prima priorità era sè stesso, non più Ermal, la sua ex compagna, i suoi figli.
Doveva essere lui al primo posto, altrimenti non sarebbe mai più tornato la forza umana che era prima.

Per questo, giocarsi l'arma del ferito senza più sentimenti gli sembrava l'idea più sensata che potesse pensare in quella camera d'ospedale.

«Io..» biascicò «Nun so se te amo più.» strizzò leggermente gli occhi facendo cadere le lacrime più velocemente. «Sai, è facile starmi accanto adesso, ora che sei pieno di sensi di colpa al vedermi su questo letto.» disse piano e poi si lasciò andare uno sbuffo, parlare in quelle condizioni era difficile e lui non sopportava più di stare sdraiato immobile tutto il giorno senza riuscire a parlare per più di 30 secondi senza che gli mancasse il fiato.
«Io avevo bisogno di te quando stavo per crollare, quando avevo ancora qualche forza per reagire, per risponderti, per tenerti con me.» strinse leggermente di più le sue mani «Ora non posso dirti quello che vorresti perché mi hai fatto troppo male.» si passò la lingua sulle labbra inumidendole appena.

Siamo lontani dai giorni
che ci hanno concesso
di apprendere il senso
di chiederci scusa

«Mi basta sentirti dire che fin quando non ti riprendi mi permetti di prendermi cura di te. Non voglio farti correre troppo e ti capisco, sono un coglione e te lo ripeterò ogni giorno se dovesse servire, ma ti prego, lascia che rimanga al tuo fianco. Quando camminerai con le tue gambe sarai libero di mandarmi a fanculo se sarà quello che vorrai.» abbassò lo sguardo impercettibilmente facendo finta che le parole del romano non l'abbiano pienamente colpito.

Con un compromesso
e trovare la cura

Non credeva alle sue parole, glielo si leggeva negli occhi che lo amava e lui ne era consapevole.
Non sarebbe rimasto lì, se non fosse stato certo del suo sentimento.

«E poi smettila di guardarmi con quegli occhi.» gli aveva sussurrato prima che rispondesse nuovamente.

«Perché?» domandò ingenuamente, dimenticandosi il discorso precedente e le risposte che si stava appuntando nella mente.

«Ti si vede l'anima.» disse piano «E l'anima non mente mai Fabrì, così come i tuoi occhi» staccò una mano per portarla sul suo viso e accarezzarlo delicatamente «E direi che è un connubio perfetto per farmi capire che adesso è la paura a parlare per te.»gli disse un po' più vicino al suo orecchio.

«Ermal.» biascicò e lui sorrise leggermente, dopo giorni.

«Dimmi.»

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora