Ventotto.

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Rientrò in casa a grandi falcate soffermandosi accanto al tavolo ad osservare il suo uomo che alle quattro del mattino cercava di sistemare la cucina dal casino che i bimbi avevano lasciato.

Strinse i suoi fianchi con le braccia, appoggiando la testa sulla sua spalla per inspirare a pieni polmoni il profumo dolce della sua pelle.

«Non mettere in ordine, domani saranno di nuovo qui per pranzo e sarà solo lavoro sprecato.» sussurrò nel suo orecchio «Piuttosto andiamo in camera.» biascicò spingendo il bacino contro il suo sedere, strusciandosi oscenamente contro di esso nel tentativo di avere un minimo di sollievo per l'erezione dolorosa che si portava da tutta la serata.

I denti sprofondarono nel suo collo, mordendolo avidamente prima di passarci sopra la lingua umida come se volesse risanare il dolore causato da quel gesto. Le mani vagarono sul suo petto mentre cercavano di togliere dalla asola i bottoni.

«Cazzo.» imprecò infastidito spostandosi velocemente dalla sua schiena per pararsi di fronte a lui. Afferrò il suo collo tra le mani, una salì fino alla guancia passando dolcemente i polpastrelli sulla barba ispida.

Baciò le sue labbra lentamente, succhiando con forza il labbro inferiore prima di aggiungere la lingua e farla danzare con quella dell'altro in un ballo lento e soffice. Il silenzio era spezzato dal rumore osceno della saliva scambiata, accompagnata da qualche gemito bisognoso.

Le mani vagarono sulla sua schiena per tenerla stretta mentre lo spingeva a camminare all'indietro verso la sua camera, sbattendo di tanto in tanto contro il muro del corridoio. La lingua giocava abilmente con la sua, scatenando qualche mugolio di approvazione quando la velocità dei movimenti aumentava di colpo.

Lo fece sdraiare sotto di lui, sopra il letto, mentre la bocca scendeva a lambire la pelle sensibile del collo. La leccò ripetutamente prima di succhiarla avidamente, tenendola stretta tra i denti.

Il respiro caldo si batteva contro la pelle ricoperta dai brividi, inebriandogli i sensi con l'odore di spumante e tabacco.
Mentre si concentrava a baciarlo in ogni punto in cui gli era possibile arrivare, l'aria era riempita solo dal rumore della sua bocca che emetteva risucchi continui e in risposta dai gemiti che strozzati uscivano dalla gola del moro. Scese con le mani sul petto togliendo da ogni asola il proprio bottone fino a levare completamente l'indumento e buttarsi con le labbra sul petto tonico.

Le labbra lambirono un capezzolo inumidendolo per poi morderlo leggermente scaturendo un urlo roco da parte del più grande.
«Baciami Ermal.» biascicò, con il fiato a metà, prima che la sua bocca venisse travolta in un nuovo e famelico intrecciarsi di lingue.

Con le mani, anche il moro sbottonò la sua camicia lanciandola subito dopo in una parte indefinita della camera e percorse ogni perimetro della sua schiena, tastando ogni cicatrice con i polpastrelli.
Strinse i suoi glutei con entrambi i palmi, facendo pressione fino a far scontrare la sua erezione contro quella del più piccolo.

A quella frizione, il riccio mugolò contro la sua bocca oscillando con il bacino verso quello dell'altro.
Con uno schiocco si staccò dalle sue labbra, baciando la sua mascella, poi il collo fino a concentrarsi sul basso ventre facendo ricoprire la pelle di brividi.

Con entrambe le mani strattonò i suoi pantaloni verso il basso, portando con sé anche i boxer.
«Era da quando ti ho visto entrare in salotto che te li volevo togliere.» sussurrò lanciandoli sul pavimento prima di inglobare con le labbra il glande.
Aiutandosi con le mani, stimolò i suoi testicoli prendendo in bocca l'intera erezione facendolo gemere sommessamente.

Dopo qualche movimento abile con la lingua, lo fece uscire dalle labbra leccandolo per tutta la lunghezza scendendo a stimolare i testicoli con le labbra.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora