Ventinove.

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Si alzò dal letto, spinto da chissà quale voglia sovrumana alle sette e un quarto del mattino.
Era felice, per davvero. Una di quelle felicità innate, delle quali non sai il motivo per il quale ti senta così bene con te stesso e con il mondo, semplicemente lo sei e basta.

Infilò un paio di boxer, non sicuro se fossero i suoi o quelli del compagno e, a piedi nudi, camminò fino alla finestra. Il suo sguardo si perse tra quelle strade, diventate ormai, le sue strade. Erano diverse da come le aveva conosciute negli ultimi mesi, stranamente poteva ammirare della soffice neve bianca adagiata sui marciapiedi, sulle vie, sui tetti, sugli alberi e sulle macchine.

Il cielo si stava aprendo, mostrando un azzurro non troppo acceso, mischiato ad un tenue grigio che contornava qualche nuvola sparsa qua e là.

Si voltò verso il letto, abbandonando momentaneamente la visione di quello spettacolo naturale, per potersi perdere a guardare il suo compagno ancora beatamente addormentato sul loro letto matrimoniale. Un braccio era disteso lungo il materasso nella parte di letto di Ermal, precedentemente era infatti abbandonato sul suo petto. Una gamba usciva dal lenzuolo mettendo in risalto uno dei suoi glutei e parte della schiena.

Si perse a guardarlo, rimanendo davanti al letto per qualche secondo. Poco dopo si chinò al suo fianco, sedendosi accanto alla sua schiena. Abbassò leggermente il lenzuolo scoprendo il braccio e la schiena, coprendo però la gamba ormai diventata fredda.

Il viso era teneramente appoggiato al cuscino bianco che faceva contrasto con i ciuffi di capelli sparati verso l'alto. L'espressione era rilassata, marchiata dalle solite occhiaie e da quelle lentiggini che da sempre lo facevano impazzire.
Le labbra erano leggermente schiuse dalle quali usciva un respiro regolare e controllato.

Passò una mano ad accarezzare la sua schiena nuda, adagiando dolcemente i polpastrelli sulla sua pelle accaldata dalle coperte. Risalirono fino alle spalle, riscenendendo poi per il braccio tatuato.

Quando le sue dita accarezzarono i suoi capelli con movimenti circolari delle dita, uscii dalla bocca del moro un mugolio di approvazione.
Si sistemò meglio sul letto, voltando l'intero corpo verso quello del riccio senza però aprire gli occhi.
Una mano andò a sfiorare la sua mentre il riccio ebbe la prontezza di intrecciare le dita con le sue.

Osservò il viso rilassato del moro, poi la finestra che gli donava quel paesaggio innevato ed infine le loro mani intrecciate.

Sorrise istintivamente, era Natale.

Era il suo primo vero Natale dopo anni, nessuno era mai riuscito a farglielo festeggiare, nessuno tranne lui.
Lui.
L'aveva cambiato in un tempo talmente breve che il solo pensiero che potesse essere successo, lo stordiva completamente.

Gli aveva regalato una nuova vita, fatta solo di tanto amore. Non sarebbe mai riuscito a ringraziarlo abbastanza per averlo salvato da una vita monotona e grigia.

Fabrizio era riuscito, con la sola forza dell'amore, a portare nella sua vita un arcobaleno di colori. Era riuscito a fargli vedere il positivo in tutte le cose, l'aveva salvato e poi l'aveva portato in alto, dove meritava di stare.

Non riusciva ancora a credere che lui fosse lì seduto in quel letto nella mattina di Natale. Non riusciva a credere che non fosse in una camera da solo con le solite crisi di panico e il cuore pieno di dolore e nostalgia.

Piuttosto aveva una gioia incontrollata e un senso di libertà a contornargli l'anima.

Come una reazione di riflesso, appena gli occhi del moro si aprirono, i suoi si riempirono di lacrime.
Fu inevitabile far scendere una serie di lacrime che bagnarono il letto e le loro mani intrecciate.
Pianse in silenzio, rigandosi il viso con le lacrime prima di tirare su con il naso, asciugandosi velocemente con il dorso.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora