Quattordici.

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«Portatelo subito in sala operatoria!» la voce troppo alta del medico lo fece sobbalzare riportandolo con la mente a quel dannato ospedale.

Era ancora lì, nonostante la mente stesse cercando un riparo da quello che in realtà stava accadendo.
I suoi occhi si sbarrarono e le gambe tornarono a tremare.

Fece in tempo a riconoscere l'infermiera di quella stessa sera e a passo svelto si avvicinò a lei prima che potesse scomparire con il resto del personale.
Il respiro era accelerato e sentiva il cuore battergli forte nel petto come se volesse uscire dalla gabbia toracica.

«Cosa è successo?» domandò scettico senza riuscire in quel momento a mettere in ordine altre parole di senso compiuto.
L'educazione e i modi pacati non erano di certo il primo dei suoi pensieri in quel momento.

«L'incidente aveva causato una frattura composta alle vertebre, bastava un piccolo sforzo azzardato per trasformare la rottura da composta a scomposta, ha bisogno di un urgente operazione.» disse il più velocemente possibile prima di scappare via nella stanza dove poco prima avevano portato il moro disteso su una barella.

Lo sguardo del riccio si puntò verso terra e gli occhi si riempirono nuovamente di lacrime, come ormai da ore.
«Andrà tutto bene, stia tranquillo e vada a riposarsi.» gli urlò prima di sparire definitivamente dentro quella porta.

Riposarsi?
Non sarebbe riuscito a chiudere occhio nemmeno per cinque minuti con quell'ansia terribile che aveva addosso.
Prese a camminare avanti e indietro per la sala prima di entrare nella stanza vuota di Fabrizio.

Si accomodò nella sedia in cui aveva passato l'intera nottata e si inchinò per posare la testa sul lettino.
Inspirò l'odore della sua pelle dal lenzuolo stringendolo forte tra le mani e continuò a versare tutte le lacrime che aveva in corpo.

'È colpa tua' continuava a ripetersi senza sosta, come un mantra.
Si odiava.

Si odiava talmente tanto da pensare che al posto di Fabrizio doveva esserci lui in quel letto d'ospedale.

//

«Hey.» Giada lo salutò con un mezzo sorriso, probabilmente nessuno l'aveva avvisata sui peggioramenti del suo ex compagno.
In fondo era passata solo un'ora, nonostante a lui sembrasse un'eternità.

Ermal non rispose, era tornato a sedersi in quelle seggioline nella sala d'attesa, con la speranza che in quel lasso di tempo qualche medico gli desse notizie positive su Fabrizio.

La donna fece per entrare nella camera del moro ma fu bloccata dalla voce roca e bassa del riccio «Non c'è, è in sala operatoria.» disse sospirando mentre una mano andava a tirarsi leggermente i capelli.

«Perché?» chiese e la voce uscii più come uno stridulo.

«Stanotte..» sussurrò stringendo un pugno «L'infermiera mi ha fatto entrare da lui e ha avuto un incubo, ha iniziato a muoversi e io..» la voce gli si spezzò ed un'ennesima lacrima percorse il suo viso «Io mi sono spaventato, lui ha aperto gli occhi e mi ha visto, la sua fasciatura era piena di sangue e ho chiamato i medici.» spiegò alternando le parole ai singhiozzi.

Si alzò di scatto quando intravide l'infermiera andare verso la loro direzione.

«Come sta?» chiese piazzandosi davanti a lei.

«Sta bene, l'operazione è andata a buon fine.» sorrise leggermente spostando il suo sguardo da quello di Ermal a quello di Giada «I medici lo stanno ricucendo, vi consiglio di andare a riposarvi.» si rivolse più al riccio che aveva due occhiaie ben evidenti «Il paziente potrà ricevere visite verso tarda serata, ora ha bisogno di tanto riposo.» sorrise prima di andar via.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora