Diciannove.

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Quella tacita e silenziosa richiesta, arrivò al cuore di Ermal come un fulmine a ciel sereno.

Miracolo,
racchiuso in un brivido

I suoi occhi saettarono da Fabrizio a Giada, ancora seduta al suo fianco, forse ancora più incredula di lui stesso.

Quest'ultima lasciò un'ultima carezza sui capelli del moro prima di alzarsi in piedi e lasciare la stanza con uno sguardo di sollievo al riccio ancora immobile attaccato al muro.
Sentii pochi secondi dopo la porta d'ingresso chiudersi, segno che fosse andata via.

Il suo cuore prese a battere più velocemente mentre se ne stava immobile in un angolo della stanza. La schiena era ancora appoggiata al muro e il respiro era diventato più irregolare, quasi scomposto. Era la seconda volta nel giro di pochi giorni che il maggiore richiedeva un abbraccio ed Ermal si pentì, in parte, di non aver capito il suo bisogno eccessivo di affetto.

Era contraddittorio il comportamento di Fabrizio, ma chi non lo sarebbe stato in quella situazione? Il corpo richiedeva sempre di più un contatto con il riccio, desiderava averlo sempre tra le sue braccia per poter sentire il respiro sul suo collo e i loro cuori battere all'unisono come se fossero uno solo. Poi c'era la testa, che gli ricordava perchè si ritrovasse su un letto, con il corpo ricoperto di ferite, un piede ingessato e una fasciatura a stringergli il busto. Così frenava i suoi istinti e tornava a usare quel tono glaciale accompagnato da uno sguardo assente e, il più delle volte, accusatorio.

Nel gesto più splendido,
e in un volto incredulo

«Allora? Non mi abbracci?» domandò nuovamente.

La testa non era granchè funzionante in quel momento o forse si era semplicemente arresa al volere dell'uomo. Non pensava troppo alle richieste che stava facendo, forse perchè il sonno misto ai medicinali l'avevano leggermente stordito. O forse semplicemente perchè sentire il dolore di Ermal non era stato facile. Lui non voleva che soffrisse come aveva sofferto lui, nonostante l'avesse deluso, l'avrebbe protetto da qualsiasi male che poteva abbatterlo. Ed il solo pensiero che sarebbe potuto andar via per lasciargli i suoi spazi, lo distruggeva nonostante fosse la cosa che da giorni gli chiedeva.

Il suo sguardo era tenero e dolce, tutto al contrario di quello che aveva poche ore prima.

Dopo un primo momento di trance il riccio camminò a grandi falcate verso il letto senza mai spezzare il contatto visivo con il moro che inerme aspettava che il più piccolo lo stringesse una volta per tutte tra le sue braccia.

Si chinò leggermente verso il letto, allungò le braccia per circondare il suo corpo ma non lo abbracciò.

Cambi di me,
pensieri e forme

Lo tirò su, mettendoci tutta la forza che aveva nelle braccia, fino a farlo sedere al bordo del letto. Con un gesto delle braccia lo aiutò ad alzarsi in piedi, circondandolo subito dopo con il corpo e con le braccia. Fece in modo che il moro si aggrappasse completamente alla sua figura, per evitare che cadesse, e lo strinse forte a sè.

Le braccia di Fabrizio strinsero la sua vita ed il viso fu affondato nell'incavo del suo collo. Lui gli strinse le spalle, circondandogli il collo mentre con piccoli movimenti delle dita lo accarezzava dolcemente. Le labbra si posarono delicatamente sui capelli e sulla piccola parte di pelle esposta. Sentii il cuore del moro battere forte contro il suo percependo con gran sorpresa di non aver mai sentito un suono così bello e rilassante. Si sentii felice, dopo giorni, mentre teneva tra le braccia l'uomo che amava.

Rimasero in silenzio per un tempo indeterminato, l'uno a sentire il respiro dell'altro. Il riccio inspirò il profumo della pelle del romano che si era completamente abbandonato nelle sue braccia.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora