Ventuno.

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«Fabrì sono tornato!» la voce era alta ma non abbastanza per farsi sentire fino alla cucina.

Lasciò il guinzaglio nel mobiletto accanto alla porta e tolse il giacchetto, lasciandolo all'entrata.

«Fabri?» chiamò ancora, guardando Baffo correre verso la sua stanzetta, probabilmente per bere dopo la lunga passeggiata.

A passo svelto si diresse verso la cucina «Amore?» disse sorridendo, Fabrizio amava sentirsi chiamare così nonostante gli avesse detto che era troppo presto per farlo. Doveva tenere, ogni tanto, la parte di lui ancora arrabbiata e nascondere la felicità che provava quando si sentiva chiamare così.

Ascoltare impazienti
il fluire del tempo

Iniziava a preoccuparsi, non sentiva nessun rumore e nella sua testa si insidiava il pensiero che gli fosse successo qualcosa, in quel breve tempo di assenza.
Magari era caduto nel tentativo di alzarsi da solo e aveva sbattuto da qualche parte, complicando la sua situazione già abbastanza critica.

Mise piede in cucina prima di tranquillizzarsi alla sua vista «Amore ma come hai fatto ad alzar..» la voce gli morì in gola quando il suo sguardo andò a posarsi sulla persona seduta al tavolo con il moro.

«Rinald?!» urlò stupito mentre il padrone di casa lo guardava con uno sguardo truce per l'appellativo che aveva innocuamente pronunciato nei suoi confronti.

Il riccio si irrigidì di colpo quando il connubio tra la persona di fronte a lui e il nomignolo appena utilizzato presero un'unica forma nella sua testa.
Quello non era il modo con cui si era immaginato di dover dire a suo fratello la verità.
Rimase fermo per qualche secondo, gli occhi sbarrati e una mano che andò a posarsi sulla spalla di Fabrizio con il solo intento di tranquillizzare lui per primo.

«Che ci fai qui?» chiese al fratello prima di sedersi affianco al padrone di casa. Da sotto al tavolo portò una mano sulla sua gamba, stringendo leggermente la carne della coscia e lasciandogli uno sguardo come a dire ci penso io.

«Sono venuto per parlarti del tuo matrimonio, ma ora ho capito parecchie cose che probabilmente mi erano sfuggite.» lo sguardo di Rinald passò da uno all'altro per fermarsi poi ad osservare suo fratello, nell'attesa che lui si degnasse a dargli un briciolo di spiegazione.

Assicurarsi con un piccolo dolore
di essere veri

«Non ci sarà nessun matrimonio.» iniziò «Pensavo fosse chiaro dal momento che non mi sono minimamente interessato di darvi una spiegazione.» sputò inacidito prima che sentisse Fabrizio sospirare.

«Ermal portami in camera, vorrei lasciarvi parlare da soli.» sussurrò imbarazzato, portandosi una mano sui capelli.

Il riccio scosse la testa «No, è giusto che tu stia qui. Tutto ciò che riguarda me, riguarda anche te.» spiegò per poi rivolgersi nuovamente all'uomo di fronte a lui.

«Non credi che la tua famiglia avesse bisogno di spiegazioni? Sei sparito, lasciando qualche messaggio composto da monosillabi! Come pensi che ci sia rimasta nostra madre?» alzò la voce, ignorando il piccolo scambio di parole a cui aveva assistito pochi secondi prima.

«Lui stava morendo!» urlò anche lui, puntando il dito ad indicare il moro seduto sulla sua sedia a rotelle che in silenzio osservava la scena «Sai di chi sarebbe stata la colpa se lui fosse morto? Mia!» si alzò in piedi per il troppo nervosismo che circolava nel suo corpo, lasciando la presa sulla gamba di Fabrizio che si voltò a guardarlo in modo spaesato «E tu credi che io abbia pensato di scrivere messaggi o chiamare qualcuno? Non me ne fregava un cazzo di Silvia e del matrimonio quando Fabrizio era su un letto di ospedale in fin di vita.» continuò camminando da una parte all'altra della cucina «E se sei venuto qui per farmi la ramanzina perché non mi sono preoccupato del matrimonio puoi benissimo proseguire verso quella porta.» urlò ancora indicando la porta d'ingresso.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora