Diciotto.

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Fece nuovamente il giro della macchina per mettere la sedia a rotelle nel cofano e poi tornò al sedile del passeggero per allacciare la cintura del moro, immobile sul sedile. Dopo aver chiuso lo sportello si avvicinò alla macchina di Giada, parcheggiata accanto alla sua e le fece cenno di abbassare il finestrino.

«Seguo te con la macchina così prendiamo Baffo e Fabrizio saluta i bambini.» sorrise leggermente lasciando uno sguardo dietro di lui per vedere se l'uomo era rimasto fermo al suo posto.

«Sei sicuro di riuscire a fare tutto da solo Ermal?» domandò la donna preoccupata.

«Me la caverò, tranquilla.» disse facendo un cenno prima di tornare alla macchina e sedersi nel sedile del conducente.

«Ma la macchina mia dove sta?» chiese allungando il braccio per accendere l'aria condizionata.

«Ma sei pazzo Fabrì, ti viene un accidenti se accendi l'aria adesso.» urlacchiò spegnendola prima di lanciargli un'occhiataccia «La tua macchina è stata portata via con il carro attrezzi, era messa male.» spiegò mettendo in moto.

«Non potevo anda' in macchina co Giada? Stiamo andando a casa sua, no?» continuò mentre cercava di appoggiare il braccio al finestrino con scarsi risultati. Arreso al fatto che avrebbe tirato la fasciatura rimise le mani sulle gambe, guardando il riccio mentre guidava attento.

«No, non potevi perché andiamo a prendere Baffo a casa sua, tu saluti i bimbi e poi andiamo a casa tua perché hai bisogno di riposo.» disse «E di lavarti.» aggiunse con un leggero sorriso.

«Ancora co sta storia Ermal? Perché me devi fa da babysitter?» sbuffò girando lo sguardo verso il finestrino.

Il riccio alzò gli occhi al cielo, stargli accanto sarebbe stato molto più difficile di quanto aveva immaginato. Sicuramente Fabrizio non aveva alcuna intenzione di risparmiarsi con commenti e accuse provocatorie. Era convinto di meritarsele infondo ma non sapeva per quanto sarebbe riuscito a tenere il controllo e a non rispondergli a tono una volta per tutte.

«Ti ho già spiegato che Giada non ce la fa, se quello che vuoi è un rapporto tra infermiere e paziente allora avrai solo quello.» disse prima di rivolgere lo sguardo alla strada «Non so cosa pretendi dato che non puoi nemmeno fare pipì da solo.» sospirò «Affidati a me e non rompere le palle.» concluse, pentendosi subito dopo per le parole appena utilizzate.

«Me cojoni.» si lamentò «Menomale te dovevi prende cura, già nun te sopporto più.»

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«Dobbiamo trovare una soluzione, in modo che il gesso che hai al piede non si bagni in doccia.» disse grattandosi la testa mentre lo lasciava sulla sedia a rotelle in salotto.

«Metti del cellofan.» rispose senza nemmeno guardarlo.

Il più piccolo annuì cercandolo nei mobili per poi avvolgerne un paio di strati nella sua gamba.

Lo trasportò fino al bagno seguito da Baffo che gli correva affianco per poter morsicare i piedi di Fabrizio.

«Alza un braccio.» gli disse dolcemente prima che l'altro sbuffasse e facesse quello che gli era stato detto. Fece scivolare un braccio fuori dalla maglietta per poi procedere con l'altro e infine con la testa.

Tolse l'unica scarpa che aveva, levando anche la calza per buttarla nel portabiancheria.

«Ora ti faccio alzare, tu ti aggrappi a me e poi ti sostieni al lavandino.» disse prima di alzarlo dalle ascelle con un minimo di aiuto da parte sua.

«Tieniti.» disse prima di far scendere i pantaloncini e i boxer in un solo colpo in modo da non farlo stancare più del dovuto. Deglutì rumorosamente quando la visione del membro di Fabrizio gli si presentò a pochi centimetri dal viso.

Non c'è niente di più fragile di una promessa. «MetaMoro»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora