Capitolo 11

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Attorno a me c'era solo buio. Le tante mani che prima mi avevano afferrata per portarmi in questo posto oscuro, ora erano sparite. Provai ad osservarli attorno a me, stringendomi nelle spalle, ma, come poco prima in quella fitta nebbia, non riuscivo ad intravedere niente. Dei miei due accompagnatori nessuna traccia.

Sentivo i loro passi attorno a me e provai ad intravedere qualcosa, qualcuno nell'oscurità. La loro presenza era certa, me la sentivo sulla pelle. Come quando sai di essere osservata, ma non riesci a capire chi o da dove.
-"chi-chi siete?"
Nessuna risposta. Nel buio comparvero solo i loro occhi gialli. Screziati. Mi fissavano immobili. Cosa volevano questi esseri da me, perché mi avevano portata qui?

Il buio parve farsi meno fitto, o forse ero io che mi stavo abituando all'oscuritá, e cominciai ad intravedere, finalmente.
Erano uomini, od almeno parevano tali, ma avevo imparato nel breve tempo che ero stata catapultata in questo mondo a non fidarmi delle apparenze.
La loro pelle era nera come l'ebano costellata di piccole macchioline bianche. Indossavano grandi pellicce a coprire i loro corpi e strane tinte sul viso, irregolari. Si muovevano attorno a me, osservandomi. Alcuni avevano lance, altri coltelli in mano.
Il gruppo di spiriti davanti a me si mosse, lento, lasciando passare una donna anziana. I suoi capelli lunghi e grigi in netto contrasto con la pelle ed i loro occhi. Si avvicinò a me, studiandomi da vicino.

Mi spostai indietro, impaurita. Nessuno di loro parlava con me, nessuno lasciava trapelare le loro intenzioni. Per la prima volta nella mia vita sentii gli occhi tremare, bruciare di fronte alla mia impossibilità di reagire. Tremavo come una foglia. Me ne resi conto quando la donna mi prese una mano. La mia pelle chiara a contrasto con la sua, tremava visibilmente.

L'anziana osservò la mia mano, e poi me. Un ragazzo si avvicinò a lei con un contenitore contenente del liquido nero, denso.
L'anziana vi intinse le dita, e si avvicinò al mio volto.
Scattai indietro, per sfuggire alla presa, ma altri mi bloccarono sul posto.
Di nuovo i tamburi ripresero a suonare. Il rumore era così assordante che nemmeno udivo le mie parole.
Sentivo la mia bocca muoversi, le mie corde vocali vibrare; ero sicura che in quel momento stessi parlando. Ma cosa stavo dicendo? E così anche la donna. Ma non udivo niente delle nostre voci.
Il suono dei tamburi si fece più rapido, più forte. Le dita della donna sfiorarono il mio volto tingendomi con quel liquido nero, seguendo uno schema tutto suo. Sul momento il liquido parve umido, viscido... E poi urlai.

Bruciava. Bruciava. Sentivo il volto in fiamme. Urlavo con tutta me stessa, cercando di dimenarmi, ma venivo tenuta sul posto, mentre lei continuava a passare quel fuoco rovente sul mio viso.
Mi stavo ustionando, ne ero sicura.
Le lacrime caddero copiose.
Anche la mia gola bruciava, troppo, tanto.
Sentivo quelle maledette fiamme entrarmi nella pelle, scavare sempre più in profondità. Era come se qualcuno fosse arrivato alle mie ossa, e le stesse scavando con le dita e rodendo con i denti ; come acqua bollente sulla carne fresca.

Così come tutto era cominciato, finí. Quando la donna rimosse le sue dita dal mio volto, leggermente il bruciore cominciò a svanire. Venni lasciata andare. Mi portai immediatamente le mani al viso, cercando di levare quella roba dalla faccia.
Quando sollevai lo sguardo... Ero di nuovo sola.
Mi guardai terrorizzata attorno,piangendo.

All'improvviso attorno a me si accesero due lanterne, comparse dal nulla. La loro fiamma di un colore stranamente verdastro. Altre torce si accesero in linea, una dietro l'altra, creando una sorta di sentiero. Sotto di me riuscivo debolmente a vedere una via.

Sussultai e deglutii, col cuore in gola, prima di incamminarsi. Forse era la via di casa.
Mentre avanzavo quasi correndo, , provavo a captare suoni, rumori qualsiasi cosa. Ma escluso il rumore dei miei singoli passi sulla strada ed il lieve crepitio di queste fiamme dal colore bizzarro, non vi era nulla. Avevo freddo. Mi strinsi di più, avvolgendo un po' il corpo con le mie braccia. Provai a guardarmi indietro. La via era ancora leggermente illuminata,ma a questo punto conveniva tornare indietro? Nel punto in cui ero stata portata non vi era nulla.

Proseguii ancora. Non era l'oscurità in sé per sé a farmi paura. Ma ciò che non riuscivo a vedere, e l essere sola ad affrontarlo.
Continuando, arrivai finalmente ad una immensa scalinata in pietra. Riuscire a vedere dove portava sembrava impossibile.  Cominciai a salire. Ogni gradino era enorme, e richiedeva una immensa fatica riuscire a montarle. Spesso mi ritrovai ad alzare una gamba, ma spingermi con le mani pur di riuscire a spingere il mio corpo. Ogni tot di scale c'era uno spiazzo  dopo il quale la salita riprendeva. Dopo aver seguito questo percorso, che si ripeté per tre volte, arrivai finalmente alla fine. Mi poggiai con le mani sulle ginocchia, provando a riprendere fiato. Quando alzai lo sguardo, un immenso monolite in pietra si stagliava in mezzo al nulla. Sulla sua superficie era scritto qualcosa, in una lingua a me sconosciuta, composta da strani disegni e simboli complessi. Presa dalla curiosità lo sfiorai con una mano.

La luce verde che prima aveva illuminato la via, illuminò ora quelle strane scritture. Feci un salto indietro, spaventata.
-"non devi temere, Adéle"
Mi guardai attorno, spaventata. Da dove era venuta quella voce, che rimbombava in quello spazio che pareva privo di confini?
-"non temere"
-"ch-chi sei?"
La mia voce uscì più incerta, più insicura di quello che avrei in realtà voluto.
-"io sono il Nulla, ma sono anche il Tutto"
Cosa voleva dire? Non aveva senso.
-"cosa...non ha senso "
-"un giorno lo avrà"
-"dove mi trovo? Perché sono qui? Dove sono i miei amici?"
-"loro sono già giunti a destinazione"
Provai a capire da dove veniva quella voce, ma sembravo essere sola in quel luogo.
-"fatti vedere!"
-"sono presente, ma sono etereo allo stesso tempo. Puoi udirmi , sentirmi fisicamente, ma non necessariamente toccarmi"
La testa mi vorticava, e una goccia di sudore mi scivolò lungo il collo.
-"che cosa è questo posto... Perché sono qui?"
Per alcuni secondi vi fu solo silenzio.
-"sei qui, perché tu lo vuoi"
-"io non voglio stare qui! Voglio andare a casa!!!" - urlai .

Ruotai attorno al monolite, cercando qualcuno, qualcosa. Qualunque cosa su cui sfogarmi, ed urlare. Stavo forse diventando pazza finalmente?
-"ma sei già a casa"
Mi portai le mani alle orecchie, per non sentire quella voce.
-"ascolta... Presta attenzione... Noi ci rivedremo un giorno. Ma non ancora"
E poi il nulla. Nessuna voce. Nessuna luce.
Ero di nuovo sola. O forse lo ero sempre stata.
Ripensai a casa mia. Alla nonna ed alla vita che avevo prima. Alla mamma. Al mio adorato mare. E poi a Kelpie. Il ragazzo che mi aveva salvata. Sentii una nota di forte nostalgia. Mi mancava avere qualcuno con cui parlare, a cui chiedere aiuto in tutto quel casino. Volevo rivederlo e volevo rivedere il mio gatto. Volevo rivedere tutti.
Una lacrima cadde dai miei occhi,bagnando il suolo. Un'altra ancora.
E mi ritrovai a singhiozzare. Caddi a terra sulle ginocchia.
-"voglio uscire da qui"
Sotto di me, altre lacrime bagnarono il suolo... Spalancati gli occhi sorpresa.

Le mie orecchie potevano chiaramente sentire il rumore dell'acqua. E poi una voce flebile. Che mi chiamava. Il mio nome, ripetute tante volte.
Alla fine, sopra di me, si aprì un varco di luce, che mi avvolse, inglobando  quel posto.

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Sbattei le palpebre, sentendole stranamente pesanti. Sentii una mano calda sul volto. Voltai lo sguardo... E davanti a me stava Kelpie. Scattai in piedi, ottenendo però solo un forte giramento di testa.
-"piano piano. Devi recuperare le forze"
La voce apparteneva a qualcuno dietro di lui. Lo osservai. Pareva un uomo, molto esile, elegante...se non fosse stato per le lunghe orecchie a punta e la sua statura, più alta del normale.
-"questo Adéle, è il ministro  Mirhist. Ci ha portato fuori dalle nebbie di Thémara."
-"piacere, Adéle"
-"dove siamo, Kelpie?" - chiesi, troppo in soggezione per parlare direttamente con l'uomo.
-"siamo ad Alv Adastaer"
Mi alzai, lenta, sostenuta da Kelpie.  Mi diressi verso una delle immense finestre presenti in quella stanza. Notai il mio riflesso su uno dei vetri: quella roba nera appiccicata al volto.
La realtà mi colpì come un forte pugno allo stomaco: non era stato un sogno.
Guardai fuori, e ciò che vidi mi bloccò il fiato in gola.
Sentii qualcuno accanto a me. Mi voltai e vidi l'uomo, se così potevo definirlo, Mirhist.
-"benvenuta Adéle ad Alv Adastaer, città degli Elfi"






I ragazzi sono giunti a destinazione. Alv Adastaer, città degli elfi. Perché la madre l'ha mandata qui, e cosa hanno fatto ad Adéle quelle creature? Sempre più confusa e terrorizzata, riuscirà a capire finalmente cosa sta succedendo?

A presto con un altro aggiornamento.
Baci, Belle.

The Circle - Born witch - Nata Strega Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora