La settimana dopo il nostro arrivo nella villa ginormica di Tony è noiosa.
Passiamo tutti le mattinate a dormire e leccarci le ferite, i pomeriggi a rintanarci nel cortile esterno, in piscina o nelle sale disponibili a leggere e grattarci la pancia dalla noia.
Sam è taciturno. Quando mi vede mi abbraccia ogni volta come se fosse l'ultima volta e ogni tanto sento che gli scappa un singhiozzo soffocato.
Cosa gli sta succedendo?
Cammino per la casa con la faccia coperta di cerotti a mangiare schifezze e accarezzare i tre gatti che girano nella villa e di solito dormono con me.
È una bella casa, con due piani e una vetrata che li collega, scale di legno larghe e con un tappeto grigio leggero steso sopra; non c'è un granello di polvere e la dispensa è così fornita che mi sembra di stare in un supermercato.
Ma non mi godo tutto questo. Sam mi preoccupa troppo.
Una sera lo vedo seduto sul dondolo esterno, con una birra in una mano e il computer sulle gambe.
Guaeda il panorama con aria triste e sorseggia la birra a piccoli sorsi, senza voglia.
Decido di prendere una coperta e uscire.
Di giorno il clima è caldo, ma la sera la temperatura scende perché qui c'è il deserto.
Mi siedo accanto a lui seguendo il suo sguardo con il mio e lo trovo perso in un mare di paure.
Il nostro contatto mentale si sta rafforzando ogni giorno di più.
Lo conosco troppo bene per dire che è solo stanco. Qualcosa lo preoccupa.
Lo guardo.
-che ti succede?
Lui abbassa la testa e mi prende la mano.
-ti devo dire una cosa.
Vedendolo così avvilito mi avvicino ancora di più a lui.
Gli occhi brillano come due zaffiri con la luce dello schermo del computer.
Il casco nero di Nova è a terra accanto a lui e sembra guardarlo.
-io abitavo qui- mi dice indicando con il mento il profilo della città ai piedi della rocca dove la casa di Tony è costruita - con mio padre. Prima che diventasse un alcolizzato e smettesse di riconoscermi.
Mi stringe forte la mano e con sguardo gelido guarda il profilo della città.
-poi è arrivata Gamora. - continua triste ripensando al suo passato - lei è Roket mi hanno dato l'elmo di Nova, della Nova corps. Ci credi che mi sono sentito meno inutile in quel momento, quando mi hanno detto quale era la mia strada e che potevo andarmene da quel posto in cui stavo male e mi sentivo inutile? Ho fatto tanta strada da quel giorno. Ma a volte il mio passato brucia ancora.
Sono stupita. E io che credevo di avere dei problemi con mio padre!
Mi avvicino a lui e sposto il computer in terra. Lui si stende a pancia in su e io mi sdraio su di lui, guardandolo mentre mi accarezza i capelli e finalmente sorride.
-abbiamo tutti e due grandi casini, ma li supereremo insieme, te lo prometto. Ti prometto che ci sarò sempre quando ne avrai bisogno; nel bene nel male e in mezzo a tutti i nostri problemi - gli dico mentre il dondolo si muove lentamente cullandoci.
Lui si puntella sui gomiti e sfrega il naso contro il mio.
-cosa farei senza di te?
Guarda ancora sconsolato la città davanti a noi. Poi stringe gli occhi.
-vorrei parlagli. - dice alludendo a suo padre. - anche solo per pochi minuti. Ti verresti con me?
Annuisco accarezzndigli i capelli.L'indomani siamo in macchina e ci dirigiamo nella periferia fi Carerfree con i nervi tesi fino ad un palazzo squallido.
Sam mi prende la mano e insieme saliamo le scale fino al numero cinque. Il mio ragazzo prende fiato e bussa alla porta.
Sentiamo parecchi rumori di oggetti spostati e vetri calpestati prima che un uomo arrabbiato ci apra la porta.
Somiglia spaventosamente a Sam.
Hanno gli stessi capelli neri arruffati e gli stessi tratti del viso. In più sono alti praticamente uguali e la somiglianza si accentua ancora di più. Gli occhi però sono diversi. Il padre di Sam ha gli occhi grigi sbiaditi, annebbiati da anni di alcol e bordati da spesse occhiaie violacee.
Sotto al maglione verde si possono intravedere braccia un tempo allenate e ora lasciate andare.
Entrambi contraggono la mascella e mi rendo conto che se non fossero padre e figlio potrebbero essere tranquillamente fratelli con qualche anno di differenza di troppo.
- Samuel... - mormora l'uomo con voce roca strabuzzando gli occhi.
Sam stringe gli occhi e mi stringe la mano con forza tale da farmi sussultare.
-ciao - mormora con voce priva di emozioni.
Suo padre fa correre gli occhi su di me per qualche secondo e poi sorride in modo terribile mostrando qualche dente ingiallito.
- e la tua cara Carrie dove è finita? Non eravate fatti l'uno per l'altra?
Il mio ragazzo mi tira dietro di lui e l a il mento.
-alcuni i propri errori li riconoscono. Altri, come vedo, no.
La detto con voce tranquilla, ma ha beccato nel segno e suo padre abbassa la testa per qualche secondo.
-beh. Non mi presenti il tuo nuovo fiorellino? Mi odi a tal punto?
Credo sia un po' brillo, ma comunque è cosciente di quello che fa. Mi allunga la mano destra - Jesse Alexander. È un piacere conoscere una vera signorina.
Stringo spaventata la sua mano e accenno un minimo sorriso di educazione.
-Come mai ti fai vedere dopo quasi tre anni di rifiuto totale? Vuoi cercare ancora di uccidermi Sammy?
-no. Volevo vedere se eri diventato una persona migliore di quella che ho lasciato qualche anno fa. Ma a quanto pare non è cambiato molto.
-lo prenderò come un complimento to per non orripilare la signorina qui. I nostri litigi non finiscono troppo bene vero? Entrate, su. E non pestare i vetri.
Fa un passo indietro e noi lo seguiamo lentamente.
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DIAMANTE: Come un avengers
Fanfiction"io sono chi?" strillai rovesciando i libri che tenevo tra le braccia. Il signore vestito di nero con una benda sull'occhio annuisce grave, mia madre non riesce a guardarmi e l'altro uomo accanto a lui sembra non reggersi in piedi. "sì Jennifer. tu...