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Jimin chiuse distrattamente il nodo della cravatta intorno al collo, era troppo soffocante, ed in una manciata di minuti fu costretto ad allentarlo per permettere al sangue di ricominciare a circolare. Non era abituato ad indossare vestiti eleganti, si sentiva a disagio nel percepire tutti gli occhi dei passanti puntati su di lui, occhi che non si vergognavano minimamente nel fargli una radiografia dalla testa ai piedi.

Erano a malapena le 11 del mattino quando Jimin mise piede nel piazzale del Seoul National University Hospital, e tutto era perfettamente come se lo ricordava. Un edificio immenso, alto quindici piani, che lo sovrastava in tutto il suo splendore. Ricordi di quei mesi gli illuminarono la mente, ed inconsciamente portò lo sguardo al terzo piano, sulla finestra della camera 3245

"vorresti che fosse lì per salutarti?"

"hyung, mi hai spaventato!"

Kim Seokjin, in un completo grigio koala, si presentò alle spalle di Jimin, che era stato riportato bruscamente alla realtà, ed aveva smesso di fantasticare

"ti manca non vederlo lì dentro, non è vero?"

"ora sta bene, è in salute, e vive una vita tranquilla"

"cerca di capire quello che sto dicendo, lo so che non vuoi che Jungkook stia male"

Jimin annuì, era strano pensare di rientrare in quelle corsie e non vederlo più in giro, era strano immaginare un futuro in quell'ospedale senza di lui, perché alla fine, nel bene o nel male, erano sempre stati a contatto, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto

"magari lo rivedrò da specializzando" ammise amaramente

"ce la farà Jimin, non ti preoccupare"

"ho solo paura che rimanga scottato hyung, non ha mai aperto un libro di medicina, non si è esercitato, non può nemmeno immaginare in che cosa consista il test"

"mi dispiace informarti, ma Jungkook sa più di quel che credi"

"che vorresti dire?"

"voglio dire che ha vissuto in ospedale per nove mesi, e volendo o no, ha imparato quanto più di centinaia aspiranti medici possano aver studiato"

Jimin annuì una seconda volta, cercando di scacciare dalla mente l'immagine di Jungkook dispiaciuto per non aver superato l'esame, non sarebbe accaduto. Dopotutto Jin non aveva torto, il suo fidanzato aveva vissuto in ospedale più di lui, aveva convissuto con la malattia per troppo tempo, e forse, aveva effettivamente imparato qualche nozione medica

"credo tu abbia ragione hyung"

"io ho sempre ragione"

Jin scoppiò a ridere per la sua stessa arroganza, trascinando Jimin nella sua risata stridula ed acuta. Si scoccarono un cinque per ridurre l'ansia che li avvolgeva, stavano per rimettere piede nella loro vecchia vita, stavano per affrontare una lunga trattativa, ricca di scuse e richieste, il tutto per poter ricominciare a sognare

"entriamo"

"sono pronto hyung"

Il più grande aprì la strada, e si avviò verso l'immensa porta vetrata che aveva oltrepassato migliaia di volte, e che mai come in quella mattina gli sembrava tanto estranea. Jimin seguì in silenzio i passi del maggiore, teneva il capo chino, che alzò nel momento in cui annusò l'aria dell'ospedale. Un odore di sapone per le mani, mescolato a quello dei guanti in lattice, e a quello dei detersivi per i pavimenti gli penetrò nelle narici, un mix agrodolce, che era insopportabile per tutti i pazienti, ma che per lui era l'apice della soddisfazione.

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