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Jimin fu destato dalla sveglia del suo telefonino, che rimbombava nella stanza con una suoneria squillante. Allungò il braccio, cercando a tentoni il cellulare sul comodino, e non appena lo trovò, lo spense.

Sbuffò, erano a malapena le cinque del mattino, e si sentiva distrutto, la sera precedente non era riuscito a dormire più di tanto.

Alzò la testa, sentendo un peso a livello del petto, e notò che Jungkook si era rannicchiato sul suo torace, per riposare. Jimin si pizzicò le guance un paio di volte, per capire se stesse ancora sognando, ma era tutto reale.

Accarezzò i capelli del più piccolo, che gentilmente espirava mugolii di piacere sul suo torso. Si beò per qualche istante di quegli attimi, rabbrividendo nel sentire il suo fiato caldo solleticargli la pelle. Chiuse gli occhi, e lampi della notte passata gli invasero la mente.

Erano stati insieme, avevano oltrepassato il limite, e si erano amati.

Un inaspettato imbarazzo gli fece palpitare il cuore, sentì le guance arrossire, e ringraziò il cielo che Jungkook non potesse vederle.

Il secondo allarme del telefono suonò, per ricordare al dottore che era arrivato il momento di andare a lavoro, e così, dopo qualche imprecazione, si alzò dal letto. Un improvviso gelo gli attanagliò le caviglie, ed iniziò a salire per il suo corpo.

Era completamente nudo.

Si portò involontariamente le mani sotto la vita, per coprire la sua intimità, anche se non ce ne sarebbe stato più bisogno. Si sbrigò a trovare degli abiti comodi e caldi nell'armadio, e li indossò velocemente, traendo calore dal contatto del tessuto sulla pelle, anche se non era paragonabile a quello che gli conferiva Jungkook.

Jimin sistemò una divisa pulita nello zaino, e si prese qualche minuto per osservare il suo fidanzato steso sul letto. Aveva abbracciato un cuscino al suo posto, i capelli gli cadevano scompigliati sulla fronte, le labbra erano leggermente dischiuse, e lasciavano girare nella stanza sospiri pesanti. Il bacino era circondato dal piumone, mentre la schiena nuda era ben visibile agli occhi del dottore, che continuava ad osservarlo senza ritegno.

Sospirò, perché doveva abbandonare quella visione, ed afferrò un pezzo di carta da un quaderno. Lo strappò, e scrisse alcune frasi che avrebbero spiegato la sua inevitabile assenza.

Sistemò lo zaino in spalla, ed uscì di casa, aveva perso troppo tempo, e decise di tralasciare la colazione. Aprì la porta d'ingresso, e fu immediatamente investito da una folata di vento ghiacciato. Si mise il cappello, si avvolse la sciarpa al collo, ed iniziò la sua passeggiata verso la clinica, che distava poco più di un isolato.

Camminò sotto le luci fievoli di un nuovo giorno, il sole non era ancora sorto del tutto, ma aveva iniziato a risplendere sugli immensi palazzi di vetro, che caratterizzavano il centro della città. Ogni passo aveva ripercussioni sul suo fondoschiena, che doleva ancora per la prima notte di passione passata insieme a Jungkook, e che lo costringeva a delle smorfie di sofferenza.

Era stranamente felice, aveva dimenticato per un istante tutto quello che era successo, tutti i problemi che c'erano stati, ed aveva completamente dimenticato l'incidente che era avvenuto sulla spiaggia.

Arrivò nella piccola clinica in cui lavorava, e dopo essersi cambiato nello spogliatoio, raggiunse i suoi colleghi nella sala delle riunioni, per sapere che cosa avrebbe fatto in quella fredda giornata di dicembre.

I reparti della clinica erano minuscoli, la maggior parte delle persone non aveva lesioni così gravi, ed era difficile che qualcuno fosse in pericolo di vita, ed inoltre, i pazienti molto spesso entravano solo per dei controlli.

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