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Rosso.

Il rosso, un colore caldo, sinonimo di amore, passione, sensualità, fierezza e sicurezza, ma che in ospedale significava solo una cosa, sangue.

Jeon Jungkook continuava a vedere rosso.

Un ronzio nelle orecchie gli fece perdere l'equilibrio, costringendolo ad ondeggiare nella baraonda che si era creata. Le guardie avevano placcato il patrigno, ed i medici erano intervenuti per sedarlo. Tutti si stavano muovendo per aiutarlo, ma lui non voleva essere aiutato, lui voleva che salvassero il suo fidanzato.

Jimin era accasciato al suolo, in preda a degli strazianti versi di dolore, con un bisturi conficcato nella mano destra. Si era gettato senza esitazione tra i due, prima che il bisturi potesse affondare nella gola del più piccolo aveva spintonato l'uomo, e per proteggersi da un suo attacco aveva alzato le mani, sentendo lo strumento di metallo penetrargli la carne, da una parte all'altra.

Era a terra, una quantità eccessiva di sangue stava impiastrando le mattonelle bianche, e lui era fermo, incapace di muovere un singolo muscolo, tutto quello che stava facendo era urlare dal dolore. Sentì delle mani sollevarlo, sentì qualcuno imprecare mentre dettava degli ordini, ma i suoni, con il passare dei secondi, sopraggiungevano ovattati alle sue orecchie.

Jimin era stanco.

Era stanco di ricevere cattive notizie, era stufo di dover vivere dei piccoli sprazzi di serenità, con il terrore che prima o poi la sua vita si sarebbe complicata. La sua mente era una valanga di cattivi pensieri, dove all'apice della montagna Jungkook e Taehyung combattevano per fargli venire sempre più ansia. Sentì una crisi di panico sopraggiungere, i polmoni si strinsero improvvisamente, costringendolo a respiri strozzati ed insufficienti. La vista si offuscò gradualmente, tutto intorno a lui girava, i colori si dissolsero nell'aria, i suoni si assottigliarono fino al silenzio, e in un istante, il buio.

Quando Jimin riaprì gli occhi era disteso su un letto, in una stanza singola, e completamente solo, si sentiva scosso. Alzò la mano destra, e notò che il bisturi era stato estratto, e che un chirurgo l'aveva completamente fasciata. Cercò di muoverla, ma una fitta di dolore lo costrinse a fermarsi, e a risparmiare già le misere energie.

Sentì bussare alla porta, e senza riuscire a proferire troppe parole, invitò il suo ospite ad entrare. Taehyung sorrise, facendo illuminare tutta la stanza buia, e portando di nuovo vita in quei pochi metri quadrati.

"come si sente il nostro eroe?" domandò sedendosi sul letto

"sono stato meglio"

"sei stato molto coraggioso, le tue gesta sono sulla bocca di tutti in ospedale"

"non mi interessa"

Jimin puntò lo sguardo fuori dalla finestra, il sole era calato, e la notte si era impossessata del cielo. Il tempo era stravagante, minuti di pioggia scrosciante venivano interrotti da folate di vento gelido e neve, per poi far riuscire il sole, e far ricominciare il ciclo. Una leggera brezza invernale entrò da sotto le imposte, facendo rabbrividire Jimin, che si strinse con più forza sotto la coperta dell'ospedale.

"perché sei qui Taehyung? Non è finito l'orario di visita?"

"sono un paziente oncologico, a noi è concesso tutto"

Un attimo di silenzio per digerire quella battuta fuori luogo, e di cattivo gusto. Jimin digrignò i denti, sentendoli scricchiolare sotto la forza della sua stessa morsa.

"ti prego Taehyung, non scherzarci sopra" lo redarguì 

"scusami, ma volevo farti sorridere, sei nero in volto"

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