"Capitolo Alternativo" part 1

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Jimin stava sistemando il suo appartamento, da quando tutti e sette i ragazzi avevano iniziato a convivere in quel piccolo spazio l'aria si era viziata ogni giorno di più. Lavò il pavimento, riordinò la cucina e la sala, e pulì il bagno, approfittando di quella pausa dall'ospedale, e di quell'attimo di solitudine.

Era da due settimane che non vedeva Jungkook, avevano litigato e ancora non erano riusciti a chiarirsi. Il più piccolo era sempre impegnato con l'università, si chiudeva fino a tarda sera in biblioteca per studiare, si era troppo concentrato nella sua nuova attività, dimenticando il mondo che lo circondava.

Jimin si sedette sul divano, per prendersi una breve pausa, e riportò alla mente la discussione che aveva avuto con il suo fidanzato.


"potresti riposarti un po' Jungkook? Non voglio che continui a studiare anche di notte" disse esasperato Jimin

"non posso hyung, devo aggiornarmi, devo prepararmi"

"ma gli esami saranno tra più di un mese"

"non è per quello!"

Jungkook si alzò dal letto, chiuse di scatto il manuale di medicina e chirurgia, e fissò il suo fidanzato, che era sdraiato, e aveva lo sguardo rivolto verso il soffitto.

"sei intelligente Jungkook, sai meglio di me che sei il più bravo di tutti lì dentro"

"forse non lo sono abbastanza!" sbottò all'improvviso il minore

"smettila di essere così! Devi sempre estremizzare ogni cosa! Sono stanco, continui a comportarti come un bambino"

Jimin lanciò la frecciatina, e colpì il centro del bersaglio, Jungkook detestava essere definito in quel modo. Non pensava realmente quello che aveva detto, ma voleva vedere la reazione del suo fidanzato, voleva ascoltare le sue giustificazioni, ma tutto quello che ricevette in cambio fu solo una cosa.

Silenzio.

Jungkook uscì dalla stanza, e sbatté la porta della camera da letto alle sue spalle.


Jimin sbuffò verso l'alto, voleva fare pace con il più piccolo, ma la sua testardaggine gli aveva bloccato le dita, e non era ancora riuscito a scrivere un misero messaggio di scuse.

La realtà, però, era una sola. A Jimin mancava maledettamente il suo ragazzo, gli mancava vederlo nelle corsie dell'ospedale, gli mancava sentire la sua voce al mattino e alla sera, gli mancavano i suoi baci, gli mancava addormentarsi tra le sue braccia, e gli mancava il suo sorriso adorabile. L'università di medicina era estremamente impegnativa, lui lo sapeva, aveva vissuto il primo anno rinchiuso in casa a studiare, ma ne era valsa la pena.

Si passò una mano tra i capelli frustrato, e si alzò dal divano, per ricominciare a sistemare. Rassettò tutte le camere, mise in ordine gli indumenti puliti, e si affrettò a preparare una lavatrice, visto che la giornata si stava oscurando, e per il pomeriggio era prevista pioggia.

Gettò dentro la macchina tutti gli abiti scuri, mutande, calzini, magliette, e pantaloni, ai quali rigirava le tasche, per controllare se avessero all'interno dei fazzoletti o della carta.

Prese tra le mani un paio di jeans di Taehyung, e notò un foglio che usciva dalla tasca posteriore. Lo aprì, ed iniziò a leggere, era datato con il giorno precedente.

In un istante il tempo sembrò bloccarsi, la paura e la disperazione lasciarono il suo corpo, per poi tornarci con una carica distruggente. Le gambe iniziarono a tremargli, e nel giro di pochi secondi le ginocchia cedettero, lasciandolo cadere sotto il peso di quelle informazioni. La stanza all'improvviso iniziò a ruotare, la paura lo scosse dall'altro verso il basso con un'irruenza tale da lasciarlo senza energie. Il cuore aveva iniziato a bussare contro il torace, la gola a stringersi, e le labbra a seccarsi.

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