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Jimin sbatté la porta con forza, rinchiudendo il chiasso tra le pareti della stanza, un piccolo studio che veniva utilizzato per le medicazioni. Yoongi e Taehyung sedevano su un lettino per le visite, mentre lui aveva iniziato a camminare incredulo.

Quello era un incubo.

Ci erano riusciti, lo avevano sconfitto, Taehyung aveva sopportato troppi dolori per dover ricominciare da zero. Jimin si maledisse mentalmente, l'amico si era fidato di lui, lo aveva forzato ad un intervento chirurgico di una decina di ore, lo aveva rassicurato che ce l'avrebbe fatta, e adesso? Cosa gli avrebbe detto?

"da quando...?" riuscì solo a domandare

"non da molto, vero hyung?"

Yoongi non aveva sentito la domanda, era imbambolato, con gli occhi puntati sulle mattonelle del pavimento. Si sentiva devastato, il tumore era il peggior nemico della medicina, per quanto fosse progredito lo studio ed il trattamento su di esso, rimaneva comunque imprevedibile. Un male che dilaniava la carne e la mente, che poteva presentarsi in qualsiasi età, poteva andarsene, tornare, espandersi.

Era incontrollabile.

"Yoongi hyung?" lo chiamò delicatamente Taehyung

"sì, un paio di giorni"

"cosa ti senti?" domandò Jimin

"ha avuto dei problemi alla vista, ultimamente aveva forti dolori alla testa, e l'ho costretto a fare una tac" intervenne Yoongi

"che cosa mi aspetta Jimin? Qual è la prognosi?"

Jimin si sentiva minuscolo in quel contesto, incapace di trovare una via d'uscita. Lui era un dottore, lui avrebbe dovuto aiutare le persone, ma più di una volta si era già trovato di fronte a casi il cui finale era uno solo.

Riportò alla mente gli insegnamenti dell'università, dove avevano dedicato un'intera lezione sull'empatia con le persone, e come enunciare esiti negativi. Se la situazione era irreversibile, se tutti gli strumenti, test, interventi, sarebbero stati inutili, si doveva comunicare lo stesso, si doveva essere brutalmente crudi con i pazienti, e i famigliari.

Non bisognava dare false speranze.

Jimin non sapeva che cosa rispondere, non aveva idea di quale fosse la reale prognosi, il tumore era difficile, quasi impossibile da trattare, ma avrebbero trovato una soluzione, lui l'avrebbe trovata, e lo avrebbe aiutato per una seconda volta

"morirò oppure no?" lo incalzò

"e basta con questa morte! Morire, morire, e soltanto morire! Ma tu e quel deficiente di Jungkook vi siete messi d'accordo?!" sbottò Jimin

"siamo in un ospedale Jimin, se non parliamo di vita, parliamo di morte" continuò dolcemente Taehyung

"non è vero, noi parliamo anche di sofferenza, di gioia, di amore, di sogni" disse Yoongi

"sì, hai ragione, ma i due estremi di questa linea che si chiama vita sono solo due, vita o morte"

Jimin sbarrò gli occhi nell'udire quelle parole uscire da uno dei suoi migliori amici. Gli studiò l'espressione, il viso disteso, il classico sorriso quadrato che era tornato prepotentemente vittorioso sulle sue labbra, e gli occhi innocui.

Taehyung sembrava tranquillo.

Il dottore lo scrutò, cercando di trovare anche il più piccolo cavillo di paura nel suo corpo, ma non lo captò. Aveva imparato a conoscere Taehyung, sapeva che temeva la morte, ma in quella mattina, l'amico sembrava essere un'altra persona. Era sereno, consapevole del suo destino, e ciò gli strinse il cuore in una morsa di pietà.

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