•Capitolo 10•

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Il viaggio verso la sede del corpo di ricerca fu un susseguirsi di emozioni.

Dalla rabbia alla tristezza ma comunque nessun sentimento che provavo era positivo.

In qualche modo io, la vera me, era rimasta con loro.
Non riuscivo a credere di essere rimasta di nuovo sola, mi ripetevo che tutto quello era solo uno stupido sogno, da cui presto mi sarei svegliata.

Si era solo un sogno, presto mi sarei svegliata con Desi e Nate accanto a me.

Invece no.

Non era solo un sogno, era la realtà.

Presto avrei dovuto dire anche addio a questa vita dopotutto entrare nel corpo di ricerca vuol dire morte certa.

I miei pensieri furono interrotti dall'arrestarsi della carrozza.
Scesi e davanti a me si estendeva un enorme prato, girai lo sguardo e vidi un castello enorme sede del corpo di ricerca.

L'esterno sembrava un po' malconcio e il cortile non era tenuto nei migliori dei modi.

«avanti recluta mi segua»
Il comandante mi accompagnò fino al portone in legno dell'entrata al castello.

«prego può entrare la sua camera sarà la numero 91 io ora la devo lasciare»
Presi la chiave che mi porgeva e entrai nell'enorme edificio.

Dentro la situazione era leggermente migliore rispetto all'aspetto esteriore. La polvere era ovunque e ragnatele albergavano sui muri, per il resto era messo piuttosto bene.

Per quanto riguarda la grandezza, sembrava di stare in un labirinto.

Maledizione trovare la mia camera sarà difficile

Speravo in cuor mio di trovare qualcuno magari una recluta per potergli chiedere informazioni ma niente, l'interno della sede sembrava essere desolato.

Dopo svariate ricerche trovai la mia camera.
Il numero 91 era inciso nel legno della porta.

La stanza era molto polverosa ma avendo vissuto nel sottosuolo non mi parve un problema di grande importanza.

Aprì l'enorme armadio in camera producendo un lieve scricchiolio, al suo interno trovai perfettamente piegata l'uniforme e il mantello che riportava le ali della libertà.

Come se stare qui significasse libertà...

Indossai il tutto e ripiegai con cura i vestiti che ero solita indossare nel sottosuolo, una camicetta ragalatami da Desi.

Mi piaceva molto quella camicia, era di un colore azzurro chiaro e, anche se le maniche erano ormai strappate in vari punti, era rimasta molto graziosa.

Mi sedetti sul letto guardando le maniche della camicia, si vedevano ancora i punti che mi aveva messo Nate la prima volta che la strappai.

Dire che ero dispiaciuta era ben poco anche perché, con la mia solita goffaggine, ero riuscita a strapparla il primo giorno in cui mi dovevamo insegnare ad usare il movimento tridimensionale.

Sorrisi malinconicamente ripiegando la camicia e mettendola nell'armadio.

Dopo essermi vestita il vero problema si rivelò non riuscire a trovare la porta che conduceva all'esterno.

Stufa di girare entrai in una stanza sperando di trovare qualcuno ma anche quest'ultima si rivelò vuota.

Era diversa dalle altre stanze era molto grande e stranamente pulita in più sulla scrivania erano presenti molti libri e fogli perfettamente impilati su due file.

La parte più bella della stanza era l enorme libreria, ricopriva tutto il muro della stanza e non era presente nemmeno un granello di polvere sui libri.

Un libro in particolare suscitò la mia attenzione.
Si trovata chiuso sul comodino adiacente al letto.

Dalle pagine un po ingiallite spuntava un foglietto, mi avvicinai incuriosita.
Non feci in tempo a prendere il libro che la porta si spalancò rivelando una figura maschile sulla soglia.

«E tu chi saresti e come ti sei permessa di entrare nella mia stanza»
La sua voce era piatta ma si sentiva comunque una nota di disprezzo.

«Sono Raven, una nuova recluta»
Dissi cercando di non guardarlo negl'occhi.

«e chi ti ha dato il permesso di entrare qui e di toccare la mia roba» disse guardando le mie mani che tenevano il libro.

«Nessuno... Non so ancora orientarmi in questa nuova struttura e questo libro mi aveva incuriosito niente di piu»

Lui si avvicinò strappandomi bruscamente il libro dalle mani
«I tuoi non ti hanno insegnato l educazione» disse guardandomi con occhi gelidi.

Mi stavo seriamente incazzando, non era un bene.

«be nemmeno a te a quanto sembra» dissi cercando di essere più fredda possibile.

«se la metti cosi puoi anche tornare da dove sei venuta, non abbiamo bisogno di persone come te»

Non ci vidi più come un riflesso inconscio gli diedi uno schiaffo fortissimo.

Con le lacrime agl'occhi lasciai la stanza mentre lanciavo a terra il mantello.

Questo posto fa schifo

Somebody to you || Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora