48. Liebling

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Luce

Tempo presente.

Quando ho visto Sebastian sono crollata e sono scoppiata a piangere. Non ce la facevo più, dovevo parlare con lui.

«Non piangere Luce, capisco che tu possa essere dispiaciuta, ma insieme troveremo una soluzione, vedrai.» Mi dice, stringendomi.

Poi mi prende in braccio e mi porta sul letto, distendendosi vicino a me «Andrà tutto bene, in poco tempo troverai qualcosa di meglio.» Io però scuoto la testa e provo a parlare, anche se ci riesco a malapena.

«Sebastian io... ho già trovato un altro lavoro. Ricordi Giacomo? Mi ha offerto di andare a lavorare in McLaren, non ci sarebbe nemmeno bisogno di un colloquio, perché sarebbe lui il mio nuovo capo.» Aspetto che dica qualcosa, ma continua a fissarmi con i suoi occhi azzurri e io non riesco a capire che cosa stia pensando. Ho fatto bene ad andarmene?

«Se questo ti potrà rendere felice, non vedo perché dovrei essere contrario.» Mi dice lui, tutt'ad un tratto. Il problema è che avrei preferito mille volte rimanere in Ferrari, perché è lì dove il mio cuore è sempre stato. Inoltre, ora ci sono difficoltà da superare che non sono per niente trascurabili.

«Sebastian, dovrei trasferirmi a Woking, in Inghilterra. Volevo parlartene, ma non ti volevo far preoccupare.» Per il momento ho smesso di piangere, ma forse perché sono più occupata a parlare.

«E per cosa? Mi sembra che tu una decisione l'abbia già presa.» Dice lui, in tono distaccato. Tuttavia continua a stringermi e ad accarezzarmi i capelli. E' arrabbiato, oppure no?

«Credimi, ero arrivata ad un punto che non potevo più sopportare quello che succedeva ogni giorno. So che sei deluso, perché andrò in un'altra azienda, ma non c'erano altre alternative.»

«Non sono arrabbiato perché hai deciso di cambiare lavoro, in fin dei conti la vita è tua, il lavoro è tuo e devi conviverci tu. Certo, un po' mi dispiace, perché non potrò più vederti in giro, ma troverò un altro modo, per venirti a trovare.» Mi dice lui, con voce calma.

Ancora una volta, vorrei non dover dire queste parole, ma purtroppo è per questa ragione che ho chiamato Sebastian. Aveva ragione lui, una decisione l'ho già presa.

 «Non penso che potrai venirmi a trovare. Insomma, sarebbe troppo incasinato se tu dovessi ogni volta prendere un aereo per venire in Inghilterra.» Sento di nuovo le lacrime sulle guance, ma non posso farci niente, non con quello che sto per dire.

«Ma per me non ci sarebbero problemi, riusciremo comunque.»

«Riusciremo come, Sebastian? Non è come venire a Modena, tu bene o male sei sempre in Italia, ma stiamo parlando di un altro Stato. E tu hai bisogno di stare tranquillo, non di viaggiare anche durante il tuo tempo libero.» Ora mi sta stringendo forte la maglietta, come se avesse capito quello che intendo dire.

«No Luce, scordatelo, ci dev'essere per forza un altro modo. Io non ti lascio.» La sua presa sulla mia maglia è talmente forte che vedo le sue nocche diventare bianche, poi guardo nei suoi occhi, cercando di non perdere la concentrazione.

Però, invece di parlare, il pianto ha la meglio su di me e non riesco più a dire una parola. Tento di respirare regolarmente, di calmarmi, ma non ci riesco, Sebastian lo nota e mi asciuga le lacrime «Tu non vai da nessuna parte senza di me, capito?»

L'unica cosa che riesco a fare è scuotere la testa.

Sebastian, sappiamo benissimo che così non può funzionare.

«Non puoi vivere su un aereo, Seb. Devi lasciarmi andare. E' per il tuo Mondiale, per la tua carriera. Non potrei costringerti a venire ogni weekend in Inghilterra, ti stancheresti troppo.»

Luce || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora