54. DisasterChef

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Luce

Neanche Lando e Sacha sono riusciti a consolarmi, o almeno fino ad ora. Giacomo mi ha lasciato una mezza giornata libera, anche perché non sarei riuscita a lavorare in queste condizioni.

«Vai a casa, queste sono le chiavi.» Mi dice Giacomo, porgendomele con un sorriso «Verrò appena posso, tu però cerca di non fare casini, ok?»

Io annuisco e prendo un fazzoletto per pulirmi la faccia dal trucco sbavato, usando lo schermo del cellulare come specchio, mentre Lando e Sacha stanno aspettando, ancora nel nostro ufficio.

«Lando, renditi utile e porta Luce a casa mia.» Gli dice Giachi, rivolgendosi al giovane pilota inglese. E' giusto così, lui non mi potrebbe lasciare la sua macchina, perché altrimenti non riuscirebbe a tornare a casa.

Lando e Sacha si alzano dal divanetto del nostro ufficio; il primo tira fuori le chiavi della sua macchina e viene vicino a me, dicendo «Ti porto a casa io, vieni.»

Saluto Giachi e lo ringrazio ancora per aver capito che non stavo bene.

«A questa sera!» Esclama lui, dandomi un abbraccio di incoraggiamento.

Esco dall'ufficio con Lando e Sacha. Io sono esattamente in mezzo a loro e, ad un certo punto, si avvicinano: Lando alla mia sinistra e il suo socio a destra. Le loro mani scivolano dietro alla mia schiena e mi stringono in un abbraccio. Chissà che cosa direbbero i colleghi, se ci vedessero camminare così, ma onestamente non mi interessa, ho bisogno di affetto. Nonostante tutto, i miei amici si sono rivelati essere più empatici di quello che credessi. Forse mi sono sbagliata sul loro conto, non sono solo due furbetti.

Arriviamo davanti a una Mini e Lando entra dalla parte del guidatore, facendomi segno di andare di fianco a lui. E' sempre un po' strano vedere il posto di guida dalla parte opposta, rispetto all'Europa.

«Sacha, tu sali dietro!» Dice l'inglese, anche se ormai abbiamo già preso posto. E' divertente vedere Lando alla guida della sua Mini; sembra un ragazzo come tutti gli altri, anche se in verità si è appena guadagnato un posto in Formula Uno.

«Sai dove abita Giacomo?» Gli domando, mentre lui si inserisce nel traffico cittadino. Le strade intorno allo stabilimento sono sempre molto affollate; tra camion e lavoratori, c'è sempre un via-vai continuo di gente.

«Sì, sì, so dove abita Ciacómo.» Trattengo una piccola risata, ma lui lo nota e dice «Cosa ho fatto di così divertente da farti ridere? Perché se me lo dici lo faccio ancora.» Il mio cuore si scalda un po', forse non avrei saputo trovare compagnia migliore, in questo momento.

«Lando, in Italia si dice GIACOMO, tutto attaccato, e la 'G' iniziale.»

Sacha dietro si mette a ridere «Dai, belle queste lezioni di italiano!»

Lando ci riprova, ma gli si ingarbuglia la lingua. Non è in grado di pronunciare bene la prima lettera del nome di Giachi e mette sempre l'accento sulla 'O', dividendo il nome in due.

Invece Sacha ci riesce al primo colpo «Giacomo, Giacomo, Giacomooo!»

Iniziamo a ridere e registro un audio per Giachi «Sacha, fai vedere a Giacomo quello che hai imparato.» Lui lo rifà, mentre Lando lo guarda perplesso.

Alla fine Lando ci rinuncia e arriviamo a casa dopo aver ripetuto quel nome fino allo sfinimento. Se chiedessimo alla macchina, anche lei lo saprebbe pronunciare bene.

Arrivati a casa, apro la porta principale e invito i miei amici ad entrare. Loro accettano, dopotutto non penso che abbiano molto da fare in McLaren. L'ultima cosa che voglio fare ora è stare da sola, perché solo Dio sa che cosa potrei combinare, Sebastian mi manca troppo.

Luce || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora