Castigo.

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"Milion Reasons. Lady Gaga"
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《Sei in punizione per due settimane, Haley Jonson!》urla Amy, appena entro in casa. La guardo confusa poi abbasso la testa. 《Adesso tu ti siedi e inizi a spiegarmi un bel po' di cose! Sei andata due volte dalla preside per cattiva condotta! Cosa ti sta succedendo?》urla ancora.
Una lacrima riga il mio viso. La faccio sparire velocemente.
《Siediti, Haley.》Mi ordina. Mi tolgo la giacca e mi siedo sul divano. Lei è in piedi e mi fulmina con lo sguardo. 《Non posso crederci. Ti ascolto.》dice furibonda. 《N-non nulla da dire.》sussurro. 《Haley, ascoltami bene. Tu ora alzi quella testa e mi spieghi per filo e per segno cosa succede. Adesso.》
《Non posso.》dico. Mi alza la testa e mi tira uno schiaffo.
Ecco.
Adesso, basta.
Prendo la sporta con dentro le lenzuola, lo zaino e vado in camera mia. Ignoro completamente Amy, che continua a urlarmi contro.
Mi chiudo in camera e mi attacco alla maniglia per cercare di stare in piedi. Mi accascio alla porta. Butto lo zaino e la sporta da qualche parte e poi appoggio la testa a quel pezzo di legno attaccato al muro.
Non sento nulla. Ancora quella brutta sensazione.
Gli schiaffi, ormai, non li sento più.
Wow.
Vuoto. Ancora vuoto.
Non è bello.
Non riesco a controllare nulla.
Non ho niente tra le mani.
Non sono più nulla.
Solo vuoto.
Sensazione del cazzo.
Solo buio.
Vuoto e buio.
Buio e vuoto.
Sono in contrapposizione.
Inclino la testa e fisso fuori dalla finestra. Nuvole grige oscurano l'azzurro del cielo.
Come ľesclissi. La luna oscura la luce del sole.
Come le tende oscurano la luce.
Gli occhiali.
Gli scuri.
Le mani.
I vestiti.
Le parole.
I gesti.
Le situazioni.
La morte.
Se ci pensiamo tutto ha qualcosa da oscurare. Nel mio caso, la mia vita ha oscurato la mia luce, omesso che l'abbia mai avuta.
Se, invece, io fossi solo buio? Se la luce, che credevo di avere, non provenisse da qualcuno? Per esempio, i miei genitori. Loro emanavano luce da tutti i pori. Io? Io li seguivo. Ma non ho mai sentito calore. Ero tutto freddo. Certo, amavo i miei genitori. Quando mi abbracciavano ero la bambina più felice della terra. Ero felice, mi sentivo al caldo. Protetta.
Ma non sentivo calore.
Se io non avessi mai avuto luce?
Se io fossi come un pianeta. Lui non emette luce. I miei genitori erano stelle comete, sempre in movimento, sgretolate troppo presto.
Io. Io, non lo so. Non so più cosa sono.
O forse sì.
Come ha detto Carlos, sono un ottimo sacco da box. La loro utilità è quella di assorbire colpi e muoversi in base ad essi. Questo sacco può essere messo dove si vuole, utilizzato e gettato via, usato male o non usato proprio.
Sono così. Un oggetto. Un soprammobile, sposato in ogni dove. Senza un...Senza niente. Non so nemmeno se riuscirò a stare in piedi.
Certo, le parole fanno male ma i gesti...
I gesti che credevi che da quella determinata persona, non fossero mai venuti in mente.
I gesti che ti fanno più male, non per la potenza ma per il gesto in sé.
Per il significato di esso.
Per lo scopo.
Per qualsiasi motivo.
Credo che se Amy non mi avesse dato uno schiaffo ora starei facendo i compiti. Sarei com'ero prima. Stanca ma non vuota.
Mi alzo e con foga mi spoglio. Guardo i miei tagli poi distolto lo sguardo.
Vado velocemente sotto la doccia. La faccio fredda. Gelida.
Adesso basta!
Sul serio, basta!
Mi sono rotta le palle!
Sul serio!
Ho bisogno di staccare. Esco dalla doccia e mi asciugo. Mi vesto. Prendo un paio di leggins grigi e una felpa blu molto calda. Preparo un borsone. Metto un paio di reggiseno e mutande e un cambio. Alcuni prodotti. Spazzola. Il libro. Alcuni risparmi che ho messo da parte. Portafoglio. Telefono. Guardo la distanza dalla mia finestra e poi provo a scavalcare. Sotto ci sono i bidoni. Lo so molto bene. Metto il cappuccio e prendo ľautobus più lontano.
Vado dai miei genitori.
《Haley! Haley!》urla una voce che conosco bene. Mi copro ancora di più e faccio finta di nulla.
Sento che mi tira per un braccio e io abbasso la testa velocemente.
《Haley, guardami.》dice dolcemente. Alzo la testa tremante. Lui mi abbraccia. Mi stringe forte e io inizio di nuovo a piangere. Con lui è facile lasciarsi andare. Mi piace stare con lui e adoro quando mi bacia. Il mio cuore batte forte e sento che forse un posto nel mondo ce l'ho anch'io. Mi fa ricredere delle mie idee e mi fa pensare. Sembra ok, come persona.
Non ho ancora ben capito se stiamo insieme o ci comportiamo come tali. Non l'ho ancora capito. Ma è bello e fantastico lo stesso. Non dobbiamo dare sempre un motivo a ciò che ci succede, basta viverlo. O almeno così dovrebbe essere. Ecco io non riesco a vivere così. Devo spiegare ciò che mi sta intorno.
《Va tutto bene?》chiede e mi fa sedere. Scuoto la testa. Mi posa una mano sulla spalla e mi attira a sé. Poco dopo vedo Alehisha scendere dell'autobus.
《Che cazzo! Ma è sempre qui?!》urla lei e tutti si girano. Abbasso ancora la testa. 《Stai zitta.》gli intima Kyle.
Alza le mani in segno di resa.
Ci alziamo e lei inizia a camminare velocemente. Faccio fatica a starle dietro.
Kyle invece mi tiene un braccio intorno alle spalle, per tenermi al sicuro e per non permettermi di scappare.
Lo guardo alcuni istanti di profilo e noto che ha una cicatrice sul sopracciglio. Vedo che i suoi capelli in un punto sono più chiari rispetto a tutto il resto.
È bello. Molto bello. Mi lascia spesso senza fiato e senza accorgermene lo fisso e lo scruto spudoratamente. È una bella vista e mi domando perché nessun altro lo noti. È forse per colpa mia? Per stare con me deve rinunciare ad avere altri amici? Sono un peso anche per lui. Mi fermo di scatto. Si gira e mi guarda perplesso. Con un gesto molto veloce, mi metto in punta di piedi e gli do un bacio sulla guancia. Si deve abbassare per baciarmi sulle labbra, io non ci arrivo.
Si abbassa e mi dà un bacio sulle labbra. È dolce e passionale.
Lo attiro ancora più vicino e lui mi prende in braccio mi fa male e mi scanso velocemente. Scendo da lui e continuo a camminare. Mi posa una mano sulla guancia. 《Scusami.》sussurra vicino al mio orecchio. Faccio un piccolo sorriso.
Ma non voglio sorridere. Voglio andare dai miei genitori. 《Ehm, Kyle. Devo andare. Ci sentiamo, okay?》gli dico. Mi scruta pensieroso e poi annuisce. Mi saluta baciandomi sul naso e aspetta che io me ne vada. Dato che sto ferma lui fa il primo passo. Io ne faccio uno. Poi si gira e inizia a camminare. Aspetto che sia abbastanza lontano da non vedermi poi si gira. Lo saluto con un cenno della mano e lui mi guarda ancora pensieroso. Ha capito che qualcosa non va. Ha preso un'altra strada e io adesso salgo sull'autobus. Succede tutto in modo così fulmineo che non mi accorgo nemmeno che sono sull'autobus. Il mio telefono suona. È Kyle. Constato se rispondere o no. Indugio su quel tasto verde o su quello rosso. Rosso o verde. Rosso o verde. La chiamata termina ma lui richiama. Insiste.
Decido di spegnere il telefono. Lo butto infondo al borsone e poi mi siedo. Pago il biglietto. La mia gamba si muove nervosamente. Il respiro si fa accelerato e ho paura che qualcuno mi possa rintracciare. Sto facendo una cavolata, lo so molto bene, ma devo farlo.
Mentre aspetto di arrivare a destinazione controllo il registro elettronico. Scopro che ho due verifiche a breve. Matematica e inglese. Controllo gli argomenti e vedo che sono parecchio impegnativi.
Dovranno...dovremmo studiare molto.
Non dovrei...
Allontano tutti pensieri negativi e mi concentro sul fatto che vedrò i miei genitori.
Vedo il piccolo laghetto del contadino della cittadina. Se non vado errato, da bambina ci giocavo, insieme alle anatre. Gli amici non erano la mia compagnia. Ho sempre riposto la mia fiducia, nei miei genitori e negli animali. Per questo ho Paco.
Aspetta, Paco! Non l'ho visto in camera. Dove sarà ora?! Starà bene? Lo spero. Ultimamente l'ho trascurato, mi sento in colpa. Lui non trascura mai me. Ho lasciato la finestra aperta. Se dovesse uscire e saltare fuori? Sarebbe solo colpa mia. Idiota! Idiota! Sono un idiota!
Appena inizio a vedere la mia piccola cittadina suona la campanella. Ľautobus alla prima fermata frena.
Scendo velocemente e provo a ricordare dove si trovi il cimitero. Non che ci sia andata spesso, ma qualche volta andavamo a trovare i nonni.
Mi siedo per riprendere fiato dopo aver girato a vuoto per quaranta minuti.
Prendo fuori il telefono. Indugio sull'accenderlo. Se lo accendessi inizierebbe a suonare. Se lo lasciassi spento non troverei mai il cimitero.
Butto il telefono in fondo al borsone e vado velocemente al primo bar che trovo.
Non posso credere a quello che sto facendo. Sono elettrizzata, spaventata, ansiosa, felice? Malinconica?
È da quando sono morti che non vado a trovarli.
Chiedo informazione al barista che mi guarda un po' perplesso ma che mi risponde poco dopo.
Esco dal bar e proseguo per la mia strada. Costeggio dei negozi. Animali. Ferramenta. Un piccolo bar.
Finalmente, in una zona isolata, trovo il cimitero. Passo il cancello. Sono già le 17.30, è già buio da un po'. Siamo pur sempre in novembre...
Mi ricordo che nel giorno dei morti andavamo a salutare i nonni ma nulla di più.
Cerco tremolante la loro tomba. Vedo la foto di mia madre, e vicino quella di mio padre. Inizio a piangere.
È più forte di me. Almeno non è vuoto.
Mi mancano. È più una specie di nostalgia. Una mancanza del loto affetto. Una malinconia che mi assale ogni volta che penso a loro. Una voglia incontrollabile di raggiungerli. Una voglia infrenabile di abbracciarli e stare ancora e per sempre con loro. Una voglia di ritornare alla vita da bambina che avevo prima.
Tocco la tomba di mia madre e poi quella di mio padre. Seguo il contorno della foto che c'è sulla lapide. Continuo a piangere. 《Perché ve ne siete andati? Che cosa ho fatto per non avervi più qui con me? Perché non ho il coraggio di raggiungervi? Perché non ci riesco?》chiedo a voce bassa tra le lacrime.
《Pensavo che voi mi voleste bene ma forse mi sbagliavo.》Inizio a tirare pugni a quel pezzo di granito, facendomi male e continuando a piangere. 《Non mi volevate bene come dicevate! Non mi avreste mai abbandonato se aveste tenuto a me. Ovunque voi siate, mandatemi qualcosa per farmi continuare ad andare avanti. Vi prego perché io non ce la faccio più. Sono stanca di tutto e tutti. Sono stanca. Non ho più le forze, me le hanno consumate tutte. Vi prego! Vi prego! Vi prego!》urlo esasperata. Mi accascio sul fango. Non mi interessa dei vestiti, li laveró. Voglio solo loro. Li voglio qui con me che mi abbracciano, che mi dicono che vada tutto bene.
Guardo le mie lacrime sulla lastra di granito impermeabile. Le mie lacrime non andranno mai dentro a quella lastra. Resteranno lì o verranno spazzate via o asciugate. Ma non arriveranno mai ai destinatari.
Perché non posso essere là con loro? Mi merito un castigo per qualcosa?
Ho fatto qualcosa di così brutto da non vedere più i miei genitori e vedermi morire ogni giorno sempre di più?
Non è rimasto più niente per andate avanti...Kyle.
Aspetta, Kyle!
Lui è un motivo per andare avanti?
Mi siedo a gambe incrociate e guardo le lapidi. Sono deprimente.
Kyle. Kyle. Kyle.
I suoi occhioni blu mare. Non affondo nei suoi occhi, galleggio. I suoi occhi mi danno la forza di andare avanti...allora perché stavolta deve essere diverso. Se quei due occhi mi permettono sempre in qualche modo di farmi galleggiare...perché questa volta no?
Mi alzo e poi prendo il borsone. Cerco il telefono. Lo accendo. Aspetta!
Cosa faccio dopo averlo chiamato. Lo spengo di nuovo velocemente.
Mi prendo la testa fra le mani.
Cosa credo di fare?
Non può mettere in pausa la sua vita per me...
Io non sono nessuno.
La testa mi sta esplodendo. Sono divisa in due parti. Una parte vuole andare da Kyle e abbracciarlo più forte possibile. L'altra vuole andarsene perché è troppo stanca di tutto. Ho bisogno di un segnale, una ragione, un indizio, qualsiasi cosa che mi permetta di scegliere o uno  o l'altro.
"Quando sei davanti a due decisioni lancia in aria una monetina. Non perché farà la scelta giusta al posto tuo, ma perché, nell'esatto momento in cui essa è in aria, sparai improvissamente in cosa stai sperando di più."
Vecchia citazione che mi è venuta in mente. Bob Marley aveva capito tutto.
Aveva capito cosa voleva dalla vita e l'ha inseguito. Aveva capito che se volevi raggiungere una cosa dovevi lottare.
Vorrei essere tutti tranne che me. Vorrei andare via da questo corpo e da questa mente. Vorrei rivivere una vita, completamente daccapo. Con un inizio. A metà neanche. Voglio inizio e una fine.
Poi però rifletto bene...

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