Anch'io.

385 22 0
                                    

Continuo a camminare per lo stretto vicolo quando sento un cane abbaiare. Cerco di capire da dove proviene il suono e vedo Julian correre verso di me. Lo prendo jn braccio sorridendo poi vedo arrivare Mason di corsa con la sua solita espressione. <<Biondina, buonasera.>>mi saluta. Faccio un segno militare e lui abbozza un sorriso.

<<Ho preso il gelato. Sono un fanatico del gelato, lo amo.>>ridacchia di se stesso e poi mo porge un cucchiaio. Ci sediamo a terra in silenzio mentre mangiamo la coppetta al cioccolato. <<Vorresti mai tornare a casa tua? Dove abitavi prima?>>chiede fissando il vuoto. <<Non ho più una casa dove sentirmi al sicuro. Questo vicolo è la cosa più vicina a una casa che io abbia da quattro anni.>>rispondo a bassa voce. Sono già quattro anni che non vedo i miei genitori. Che non parlo con loro. Che non li abbraccio. Sono quattro anni che mi mancano come se mi lacerassero dentro lame.

<<Perchè parli con me?>>chiedo. <<Non dovrei?>>chiede al posto di rispondere. <<Penso che tu debba cercare migliore compagnia della mia. Non sono ottima a socializzare.>>

<<A me piace il silenzio. E il tuo particolarmente. Sembri una bambolina. Tutta di un pezzo. Sempre nella stessa posizione e con la stessa espressione vuota.>>

Inarco un sopracciglio. Wow, sorprendente.

<<Mmh.>>

<<Perchè sei vuota?>>chiede. <<Fai troppe domande.>>replico scocciata.

<<No. Io cerco di parlare con te. Conoscerti e cercare di farti sorridere. La missione è più difficile di quanto pensassi però. Sei più chiusa di...non saprei nemmeno a cosa paragonarti.>>

<<Okay.>>

Passiamo altri venti minuti nel silenzio più totale mentre Julian gioca con un sasso trovato sul marciapiede. <<Avevi animali prima?>>chiede. Annuisco. <<Un gatto. Si chiamava Paco.>>

Adesso sembra che lui sia in un altro pianeta. Fissa il vuoto con tale intensità da fare paura. Inarco un sopracciglio quando vedo che cerca la scatola del gelato ma sfiora la mia gamba coperta solo da pantaloncini neri. Un brivido caldo mi attraversa la testa e sento improvvisamente voglia di un contatto con lui. Mi basta tenergli la mano, ma devo sentire la sua pelle sulla mia. Come una specie di calamita.

<<Perchè non sei venuta alla palestra ieri?>>chiede. Abbasso la testa. <<Scusa, non volevo deluderti.>>

Io...non ci sono voluta andare. Chiamatela pigrizia, chiamatela come volete ma quella sensazione che nello stomaco mi diceva di lasciar stare mi ha fatta riflettere. Ho tagli su tutto il corpo. Dappertutto. Non posso mettermi una maglietta a maniche corte. I pantaloni, okay ma una maglia no. E poi il taglio più grande sarebbe ancor di più esposto.

<<Non mi hai deluso. Voglio solo sapere perché tu non sia venuta. Ci sono rimasto un po', ecco tutto.>>dice. Annuisco e muovo i piedi agitata. <<Che ne dici se tu ci riprovassi?>> chiede. Annuisco. <<Devi esserne convinta, però. Do due possibilità alle persone di solito.>>dice.

Julian mi viene vicino e mi lecca la mano. <<Perchè ti tagliavi?>>chiede di punto in bianco. <<Non ti piaceva il silenzio?>>chiedo scocciata. Alza le spalle e prende dell'altro gelato.

<<Non me lo dirai, eh?>> scuoto la testa ma lo ringrazio per non aver insistito. Fa troppe domande per essere un tipo all'apparenza taciturno e per il fatto che ci siamo a malapena conosciuti un giorno fa.

<<Biondina, non sono un coglione. Faccio domande perchè ho voglia di parlare con te.>>dice di punto in bianco. Ci rifletto su, qualche secondo poi parlo. <<Faceva male. Facevano male. Tutti quegli insulti.>>dico omettendo una parte di verità. Non dice nulla, mi porge dell'altro gelato. <<Una volta soltanto. L'ho fatto anch'io. Stavo male. Ho fatto una cosa troppo brutta per essere raccontata.>>confessa a testa bassa. <<Ho sbagliato troppe volte nella vita, ma quella penso sia stata la peggior cazzata mai fatta. Non farmi del male, ma il motivo per cui l'ho fatto.>>confessa mentre alcune lacrime gli rigano quel suo bel viso. Appena lo noto  mi alzo velocemente e mi metto davanti a lui. Gli faccio alzare la testa e con le mani gli asciugo le guance bagnate. <<Non piangere. Non si piange nel vicolo.>>gli sussurro cercando di farlo smettere di lacrimare. <<Non credevo piangessi.>>dico cercando di farlo ridere un po'. <<Ho un cuore anch'io.>>replica infastidito. Mi tappo la bocca e gli accarezzo una guancia. Poi ritraggo la mano e mi alzo. Prendo il piccolo Julian e glielo metto in grembo. <<Non hai bisogno di me.>>dico a voce bassissima. Mi alzo e me ne vado via correndo prima che lui possa dire qualunque cosa.

AlzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora