10. Mia

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Mia Laurence.

Questa stanza mi sembra di averla già vista.

La prima cosa a cui penso è: forse in un film, forse in qualche serie tv. Ma no, non è la risposta giusta.

Più guardo le pareti grigie, spente, fredde, più il mio cervello cerca di scavare a fondo e capire come mai ho così tanta familiarità con un posto simile.

Ed ecco la risposta. La ottengo quando guardo il mio riflesso nel grande specchio che si trova sulla parete, che so benissimo essere un semplice vetro visto dall'altro lato. Chissà se qualcuno mi sta guardando da li dietro.

Osservo i miei occhi stanchi e finalmente mi ricordo.

Era un sogno. Mi trovavo in un luogo simile, era ricorrente e mi ricordo che mi svegliavo sempre con gocce di sudore freddo sulla fronte. Nel sogno guardavo sempre il mio viso in quello specchio...ed ero orribile. Gli occhi erano vuoti, la pelle rovinata e secca, i capelli scompigliati. Mi ricordava molto "Il Ritratto di Dorian Gray" : in quell'immagine di me stessa non c'era altro se non la raffigurazione del mio animo, diventato torbido e oscuro.

Adesso però è tutto reale. Sono ancora sporca di terra e i miei capelli sono decorati con piccoli rami e foglie, ma questo a causa della caduta nel bosco. Non ha nulla a che fare con la mia anima: sono innocente.  Ho semplicemente gli occhi stanchi per la nottata insonne.

Allora perché sento di avere un ruolo in tutto questo? Perché ho paura? Non ho fatto nulla di male, cosa dovrei temere? Non so rispondere a queste domande. Forse è quel corridoio freddo e desolato, forse il grugno minaccioso di quel poliziotto, forse quei ragazzi con cui non ho nulla in comune che prima mi guardavano come se fossi un alieno. Forse tutto questo mi fa sentire come se avessi davvero commesso un crimine.

Ma non l'ho fatto. Non sono stata io.

È quello che ripeto mentre il detective fa uscire dalle larghe narici una nube di fumo denso. Ha gli occhi talmente piccoli e cattivi che inizio a deglutire rumorosamente appena posa il suo sguardo sulle mie mani.

-Sei nervosa-, dice. Non è una domanda.

Tento di bloccare le mie dita mettendo le mani l'una sull'altra.

-È che non mi sono mai trovata in una situazione del genere...-, balbetto con un filo di voce. Sento che da lì a poco inizierò a piangere.

Sono sempre stata una persona molto fragile, anche se ho avuto dei momenti in cui ho tirato fuori altri lati di me stessa. Ma quest'uomo mi intimorisce e non riesco ad apparire forte e sicura. Spero non capti il messaggio sbagliato da questo mio atteggiamento.

-Voglio sapere tutto. Smettila di dire che sei innocente: provalo-.

Racconto al poliziotto tutto ciò che mi è successo negli attimi precedenti al ritrovamento del corpo. Gli spiego cosa ci facevo nel bosco, come ci ero arrivata, cosa avevo visto. Affermo di non avere alcuna prova che gli altri ragazzi lì presenti abbiano commesso l'omicidio, nè posso provare il contrario: al mio arrivo Amber era già morta, almeno da qualche ora.

-E poi, beh...siete arrivati voi. Il resto lo sapete-.

-Ascoltami, rossa-, ringhia l'uomo, spegnendo la sigaretta ed incrociando le braccia. -Nulla di ciò che hai detto ti scagiona. Potresti essere un'abile bugiarda, per quanto ne so io-.

-Ma non avrei avuto alcun motivo per farle del male!-, strillo, in preda al panico. Siamo rimasti tutta la notte in quello stupido corridoio malmesso. Ora sarà già sorto il sole, e sono esausta. Faccio passare le mani nei capelli spettinati.

-Qui devo dissentire, ragazzina-.

Sbuffo e incrocio le braccia.
-Perché mai?-, domando seccata.

-Abbiamo fatto le nostre ricerche-, dice lui stringendo i denti. Si sporge lentamente più in avanti. Una grossa vena si gonfia sul collo, sembra quasi che voglia mettere a tacere il mio lato insolente. E funziona. Abbasso la testa come un agnellino di fronte ad un leone.

-Pare che Amber abbia appositamente evitato di riferirti della festa di ieri sera. In più, erano mesi che la tua migliore amica passava più tempo con lei e le cheerleader piuttosto che con te. Per nulla piacevole, non trovi?-

-Crede davvero che ucciderei una persona solo perché porta via del tempo a me e alla mia amica o per un'insulsa festa alla quale non volevo nemmeno partecipare ?-, domando incredula.

-La gente uccide per molto meno-, replica lui.

Non so cosa rispondere. Ha ragione, ci sono moventi molto meno sensati di questo. Ma in questo caso è tutto falso...io non ho ucciso Amber. Mi piaceva, era simpatica e sempre gentile. Non meritava tutto questo.

-E poi, so per certo che non sei così ingenua e delicata come sembri. Ciò che è successo lo scorso anno...uff, a vederti non sembri il tipo sai?-

-Non sono stata io-, mormoro stringendo i denti. Il cuore accelera. Sento il dolore dei ricordi, sento la frustrazione e la rabbia nelle vene. Chiudo le mani a pugno e stringo forte.
-Lei dovrebbe occuparsi solo di questo caso...ed io non ho ucciso nessuno-, aggiungo con voce spezzata.

Il poliziotto decide di cambiare la rotta del discorso.
-Dov'eri tra le 21:00 e le 23:00 di ieri sera?-, mi domanda.

-Ero...-. Mi interrompo. Mi mordo le labbra, le dita tornano a tamburellare. -Ero in biblioteca-, rispondo con tono secco. -Da sola-, aggiungo, consapevole che la cosa non giochi a mio favore.

Ora inizio davvero a preoccuparmi. Non ho un alibi! Ero da sola, nessuno può confermare la mia presenza li! Non ho timbrato per i libri, la bibliotecaria non c'era. Di sera la libreria è tutta a mia disposizione, sono l'unica che ci va in quelle ore. Sono fregata.

Il detective annuisce. Forse lo preferisco quando mi guarda negli occhi. Tutto questo mistero nei suoi gesti lenti e silenziosi mi causa ancora più agitazione. Inizio a sudare. Spero che mi creda.

Non ho ucciso io Amber.

Sono innocente.

CINQUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora