12. Amelia

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Amy Windsor

Amy continua nervosamente a rimuovere i residui di mascara, che ormai dopo la notte insonne si è sgretolato sotto i suoi occhi. Con il mignolo cerca di ripulirsi facendo meno danni possibile al suo make-up, controllandosi attentamente nel falso specchio di quella stanza.

-Amelia, puoi rispondere, per piacere?-, domanda Stanford seccato.

-Non deve chiamarmi così -, lo rimprovera la giovane.

-È il tuo nome, giusto? Amelia Windsor-.

-Si, ma Amelia non mi piace. Mi chiami Amy-.

Il detective alza gli occhi al cielo e decide di assecondarla per evitare ulteriori perdite di tempo.

-Va bene. Dunque, Amy...il trucco è a posto. Ora rispondi : dov'eri ieri sera tra le 21:00 e le 23:00?-

-Con Brian-.

Stanford annuisce. Gli alibi dei due ragazzi combaciano, ma ciò può non voler dire nulla. Nessuno può dare per certo che non si stiano coprendo le spalle a vicenda.

L'uomo cammina in tondo attorno al tavolo, poi si mette a sedere coprendo la visuale dello specchio con le sue grosse spalle larghe.

Amy lo fulmina con lo sguardo, infastidita, e apre la bocca pronta a protestare.

-Sei sempre stata così egocentrica?-

-Come, scusi?-

-Sembra che tu tenga al tuo aspetto più di quanto ti preoccupi l'eventualità di finire in galera-.

-Non è così-, risponde Amy, abbassando la testa. Gioca con le dita delle mani, fino a staccarsi le pellicine accanto alle unghie laccate. Da una di esse fuoriesce un po' di sangue, che Amy cerca di bloccare mettendo il dito tra le labbra. Gli occhi non incrociano quelli di Stanford, nemmeno per un istante.

-Ti hanno costretta a diventare così, vero?-

Amy torna di colpo a rivolgere il suo sguardo sul volto segnato del poliziotto, e sembra quasi aver mutato completamente espressione. Un secondo prima appariva nervosa, colta sul fatto. Adesso, le labbra carnose ridotte ad una fessura e le sopracciglia alzate mostravano il viso di una giovane impertinente, pronta alla sfida.

-Non so di cosa lei stia parlando. Ma lei non può capire...se avesse un aspetto come il mio, di certo riserverebbe ad esso un'estrema cura-.

-Si, ma la tua sembra quasi più un'ossessione che un semplice interesse ad apparire in ordine-.

-Non vedo come queste sue insinuazioni abbiano qualcosa a che fare con il motivo per cui sono qui. E, per la cronaca...non sono stata io-.

Segue un momento di silenzio.
-Beh-, esordisce Stanford, -non mi dici "non avrei avuto motivi per farlo" come hanno fatto tutti i tuoi amichetti?-

-Non sono stupida-, sghignazza Amy. -Immagino che abbiate fatto le vostre ricerche, ciò spiega anche il perché dei suoi commenti inopportuni di poco fa-.

Stanford la ascolta, non nascondendo un certo interesse. Vuole vedere dove andrà a parare.

-È inutile che io le dica che non ci fosse alcun motivo per odiare Amber. Ce n'erano molti, era una stronzetta con la puzza sotto il naso, è stata fidanzata con il mio attuale ragazzo, voleva sempre rubare tutte le attenzioni. È vero, avevo dei motivi per non avere un buon giudizio su di lei...ma mai avrei potuto fare una cosa simile. Le avrei dato troppa importanza-, conclude Amy alzando le spalle.

Il detective storce il naso. Vorrebbe avere di più tra le mani, ma nessuno di questi ragazzi fino ad adesso ha fornito dei seri motivi per affermare con certezza la propria innocenza. Suona tutto così falso.

-Posso andarmene ora?-, domanda la ragazza. -Ho da fare, se non le dispiace-.

CINQUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora