14. Diana

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Diana Forbes.

Stanford entra nella stanza dove ormai ha passato tutta la notte e la mattinata. È quasi ora di pranzo, ma manca ancora una ragazza da interrogare. È il sesto caffè che beve e le mani iniziano a tremare. Anche lui d'altronde, come i cinque, ha avuto una nottataccia.

Con il bicchiere di plastica in mano si mette a sedere, gira il contenuto con lo stecchino e poi getta quest'ultimo per terra.

Diana è seduta scomposta sulla sedia, ha le braccia incrociate e sembra guardare il poliziotto con circospezione.

-Ma almeno è nelle condizioni di interrogarmi, detective?-, domanda sollevando un sopracciglio e giocando con il bracciale a catena attorno al suo polso.

Stanford punta i suoi occhi color ghiaccio sulla ragazza, ma non risponde. È solo una piantagrane, si diverte a stuzzicare. Ma qui, il potere, lo ha lui.

-Avanti ragazzina, dove ti trovavi tra le 21 e le 23 di ieri sera?-

-Ero alla festa-.

-Ci sei rimasta tutto il tempo?-

-Sono andata via verso l'una. Poco dopo siete arrivati voi nel bosco-.

-Che ci facevi li?-

Diana distoglie lo sguardo dall'uomo. Dopo aver tentato di evitarlo, torna poi a posare i suoi grandi occhi scuri su di lui. Sa che aspetta una risposta.

-Era una scorciatoia-.

-Davvero?-

Diana annuisce. Ha l'aria seccata.

-Sai, signorina Forbes...prima di interrogarvi abbiamo fatto delle ricerche su ognuno di voi-.

La ragazza scrolla le spalle, ma una goccia di sudore freddo si fa largo sulla sua fronte.

-Pare che tu di recente abbia avuto molti incontri con un certo Chip-.

-Cosa vuole insinuare?-

-Beh-, dice Stanford alzandosi in piedi. Con i documenti in mano, inizia a camminare attorno alla stanza calcando il peso dei piedi. Gli anfibi che indossa fanno un rumore secco quando toccano il pavimento liscio. -Questo Chip, alias Marlon Thorne, ci ha fatto visita più volte. È uno spacciatore-.

-Non ha prove che io abbia mai avuto a che fare con lui-.

-Oh, andiamo! Davvero vuoi pararti il culo per la droga piuttosto che per aver commesso un omicidio? Passerà in secondo piano!-

Diana deglutisce, rimane in silenzio per qualche istante e poi afferma convinta:
-Non mi drogo. E non ho ucciso Amber-.

-Ma la odiavi-.

-Io odio tutti-, ride la ragazza. -Il fatto che siano tutti, o quasi tutti, ancora vivi...beh, dimostra la mia innocenza-.

-Non andrai molto lontano con questo atteggiamento-.

-Mi interessa solo non finire al fresco per qualcosa che non ho fatto. È vero, Amber non mi andava a genio. Ma per me non era nulla se non una delle tante galline che ci sono qui al college. Non avrei avuto interesse nel farle del male-.

Stanford si siede e si gratta il mento ispido. Purtroppo le informazioni che hanno ricavato su questi ragazzi sono superficiali. Non ha nulla di concreto a portata di mano, non ha prove per incastrare nessuno di loro. Sarà costretto a lasciarli andare...ma solo per il momento. Non avrà pace finché non avrà dimostrato che uno di loro, se non tutti, è il colpevole. Qualcuno ha mentito.

Ma chi?

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