Brian Pacey.
Il detective Stanford sembra aver trovato di che divertirsi con Brian Pacey.
Una volta era stato multato per aver dipinto il volto di una ragazza con una bomboletta spray lungo la parete di una scuola pubblica. Un'altra volta, quello stesso anno, era stato coinvolto in una rissa. Passò la notte in cella per quella bravata. Nessuno capì mai cosa fu a scatenare tanta ira. Gira voce che non sia stata l'unica volta in cui Pacey abbia fatto qualcosa di losco, ma nulla di confermato.
Brian è famoso per il suo carattere impulsivo, arrogante. È una testa calda. Ama divertirsi, tutto ciò che gli occorre sono belle ragazze e qualche birra da scolarsi. Il suo marchio di fabbrica è una sigaretta messa dietro l'orecchio, pronta all'uso.
-Dimmi perché ti trovavi nel bosco-, lo invita il poliziotto, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo.
Pacey alza gli occhi al cielo.
-Mi ero appartato con la mia ragazza, Amy. Volevamo un posto, sa, dove divertirci un po'. Abbiamo camminato per qualche minuto, poi abbiamo trovato il corpo-.-Quanto tempo siete rimasti lì?-
-Forse una mezz'ora, prima che arrivaste voi sbirri-.
-Perché non avete chiamato nessuno?-.
-Amy era scioccata, non era in grado-.
-Solo Amy era scioccata?-
Brian si irrigidisce, fa un colpo di tosse e si sistema sulla sedia. Non risponde, forse temendo che ammettere un momento di legittima vulnerabilità possa compromettere la sua reputazione.
-Tranquillo, macho, nessuno lo saprà se mi dirai di aver pianto come un pargoletto-, lo stuzzica il detective.
-Non dica cazzate-, sghignazza il ragazzo.
-E poi cosa è successo? Dopo che avete visto il corpo?-
-Ci siamo accorti di non essere soli. Non so se siamo arrivati prima noi o loro...era così buio che la loro presenza potrebbe esserci sfuggita. Ce ne siamo resi conto dopo qualche minuto che eravamo lì-.
-Dov'eri tra le 21:00 e le 23:00 di ieri sera?-
-Ero con Amy-, sbuffa. -Al dormitorio-.
-Qualcuno era con voi?-
Brian ride.
-Beh, spero di no. Sarebbe da pervertiti! -, dice fingendo un tono disgustato, portandosi una mano sul petto.Stanford sorride, ma i suoi occhi non seguono le labbra. Rimangono serrati, fissi su Brian. Anche il ragazzo inizia a sentirne il peso, ma si sforza di non cedere.
-Non l'ho ammazzata io-, afferma Brian dopo qualche secondo di silenzio. -Nel caso lo stesse pensando-, aggiunge, sollevando le spalle.
-Oh si. Si, lo sto pensando-.
-Beh...non è così. Perché avrei dovuto farlo?-
-Sai, Pacey...forse non eri in grado di gestire il rancore nei confronti di un'ex fedifraga?-
Brian solleva le sopracciglia in segno di indifferenza, ma i suoi occhi tradiscono un bagliore di stupore. Sicuramente si domanda come abbia fatto quell'uomo a scoprire questo dettaglio solo in una notte.
-Anche io l'ho tradita. Non mi importava più di tanto...non così tanto da desiderare una vendetta del genere-.
Stanford si alza ed inizia a camminare avanti e indietro lungo la sala spoglia. Brian lo segue con gli occhi, palesemente irritato.
-Senta, non voglio rimanere qui tutto il giorno dopo aver passato la notte su una sediolina di merda. Non sono stato io, punto-.
Stanford, con un movimento felino, si avvicina a Brian. I loro volti sono così vicini che i due nasi si sfiorano. Il detective ha un aspetto furibondo e le sue parole fuoriescono come sussurri.
-Questo lo dovrò stabilire io-.Brian deglutisce e non proferisce parola. Il fiato del poliziotto sa di tabacco ed ora inizia a sudare freddo. È così teso...vorrebbe tanto poter accendere la sua sigaretta.
Chiede il silenzioso consenso a Stanford, che gli concede di fumare. Sollevato, Brian prende la sigaretta dall'orecchio e l'accende. Poi ne prende un'altra dal pacchetto e la mette al posto di quella che ha iniziato a fumare.
-Strano vizio-, commenta Stanford.
-Mi piace avere sempre tutto a portata di mano-, sorride Brian, prendendo un lungo tiro dalla sigaretta accesa.
-So che hai un passato tormentato, Brian-, continua il poliziotto. -Sembreresti capace di fare una cosa del genere-, aggiunge poi indicando con un cenno del capo le fotografie di Amber.
-Non sono uno psicopatico-.
-Hai una mente un po' instabile, però. Questo non puoi negarlo-.
-Sto...lavorando sui miei problemi-.
-La sua psicologa non concorderebbe-, dice Stanford afferrando dei fogli.
-Sono ancora in visita-, mormora Brian, distogliendo lo sguardo.
-Qui leggo che non ci va ormai da tre mesi-.
-Perché non ne ho bisogno!-, grida il ragazzo, battendo i pugni sul tavolo. Subito si calma, rilassa le mani e torna a poggiare la schiena sul dorso della sedia. Sembra voler far finta di niente.
-Pacey, a volte tutti i nostri problemi si accumulano, ancora e ancora...finché non arriviamo ad un momento in cui il barile è troppo pieno. E boom!, scoppiamo. Con quello che è successo a tuo fratello, magari eri troppo...-
Brian è infastidito, ma non commenta. Quell'uomo crede di sapere tutto sulla sua vita. Si sbaglia. Non sa nulla.
Il detective decide di non terminare la frase precedente.
-Sei stato tu, Brian?-, domanda invece, schiettamente. Sembra avere un tono più pacato, probabilmente tenta di ottenere delle risposte con una tecnica diversa.-Mi ascolti bene-, risponde Brian, contraendo la mandibola. -Odio i giochetti, quindi andrò al nocciolo della questione. Non me ne fregava nulla di Amber quando uscivamo insieme, né mi sono mai interessato a lei nei mesi a seguire. Non mi interessa nemmeno che sia morta. Ma la cosa mi è così indifferente, che le posso giurare su ciò che ho di più caro che non ho commesso io questo omicidio. Sono innocente-.
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CINQUE
Mystery / ThrillerBeccata sul posto sbagliato al momento sbagliato, Mia si ritrova nei panni di principale sospettata in un crimine con il quale, però, non ha avuto nulla a che fare. Ad essere colta con le mani nel sacco non è da sola: altri quattro ragazzi si trovan...