33. Vipera

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Sono passate due settimane da quando ho trovato quella chiave nei pantaloni di Diana. Dopo quella notte insonne sento come se mi si fosse staccata la spina, ho trascurato tutto: il caso di Amber, l'intervista di Paula, Diana, Woody, Pacey...inoltre, non ho notizie di Amber da quel giorno in cui andammo sul campo da gioco per parlare con Paula.

All'inizio avevo deciso di prendermi semplicemente qualche giorno di pausa per schiarirmi le idee, ma la reazione disinteressata dei miei "compagni" mi ha spinta a prolungare il mio sciopero.

Questa situazione mi ha aperto gli occhi facendomi capire che l'unica davvero interessata a risolvere la questione sia sempre stata solo e soltanto io. Nessuno ha affrontato l'argomento in queste ultime settimane e questo mi basta per capire che forse è il caso di procedere da sola.

L'unica persona che ha cercato di parlare con me è stato Woody, ma anche lui dopo un po' a iniziato ad allontanarsi. Non lo biasimo, forse crede di non interessarmi.

Penso a questo mentre la lezione del professor Sanders prosegue in sottofondo. Sono troppo distratta per capire anche solo una parola da lui pronunciata, ma i suoi movimenti teatrali sono quasi ipnotici.

Dopo un'ora la classe viene congedata e ne approfitto per parlare con il professore, ancora fermo accanto alla cattedra.

-Oh, Mia!-, esclama vedendomi camminare verso di lui. -Qual buon vento ti porta qui?-

-So che non parliamo da un po' professore, e so di essere in ritardo con le pubblicazioni del giornalino. La settimana scorsa non ho potuto scrivere nulla e temo che lo stesso varrà per questa settimana...spero non sia un problema, ho solo un periodo poco fertile per la scrittura-.

Il professore si siede sulla cattedra, pulisce i suoi occhiali e dopo averli poggiati sul naso incrocia le braccia e sospira.

-Volevo parlarti di questo da un po' ma aspettavo che tu facessi il primo passo. Non è un problema se c'è un ritardo con il giornale, dato che purtroppo ancora pochi studenti lo leggono...nessuno si è lamentato per la stampa saltata di settimana scorsa. Tuttavia, Mia, non nego di essere preoccupato per te-.

Cerco di sforzarmi e di accennare un sorriso. -Non deve, professore. Le assicuro che mi rimetterò in carreggiata-.

-Ci conto, perché ora inizierà un periodo abbastanza stressante. Gli esami di fine anno si avvicinano, mancano solo tre mesi, e sappi che non saranno semplici. So che il tragico incidente che ormai infesta le mura di questo edificio non è di aiuto e so che tu, in primis, sei particolarmente sconvolta dall'avvenuto. Ci sono tanti ragazzi che come te stanno attraversando diverse fasi... devi essere sincera con te stessa. Hai avuto un periodo di quasi negazione ed ora ti ritrovi travolta dalla tristezza, o peggio dall'apatia. Devi farti forza e devi concentrarti sui tuoi interessi per uscirne... so che puoi farcela e so che non mi deluderai-.

-Non la deluderò-, confermo. -Grazie per le sue parole-.

-Lieto di aver aiutato...ah, e spero di leggere di nuovo alcuni dei tuoi saggi. Non abbandonare la tua vena creativa, a volte sono proprio i momenti più bui che ci permettono di creare l'arte migliore-.

Sorrido, saluto il professore e mi congedo.

Quando esco dall'aula noto che Brian era ancora lì, fuori dalla porta. Alzo un sopracciglio, ma lo ignoro e mi allontano. Con la coda dell'occhio mi accorgo che sta camminando al mio fianco poco dietro di me.

-Hai bisogno di qualcosa, Brian?-, domando senza voltarmi.

-Tamburellavi con le dita-.

-Cosa?-

-In aula, prima. Tamburellavi con le dita-.

-E allora?-

-So cosa significa, Mia. Che sta succedendo?-

-Nulla-.

-Appunto. Questa è una cosa strana per te-.

-Credi di conoscermi così bene, Brian?-, dico fermandomi per poterlo guardare. -Non sai niente di me...fino a prova contraria potrei aver ucciso io Amber e avervi raggirati tutti!-

Brian si affretta a coprirmi la bocca con la mano e si guarda intorno, incrociando alcuni sguardi curiosi degli studenti nel corridoio.

Sbuffa e dopo avermi liberata mi prende la mano trascinandomi con sé dietro un angolo.

-Ti sembra il caso di gridare una cosa del genere in mezzo alla gente?-

-Magari sto dicendo la verità-.

-Smettila, stai parlando a vanvera-.

-Non ci rivolgiamo la parola da quasi due settimane Pacey, mi dici cosa vuoi? Ho chiuso con tutta questa storia, ho chiuso con voi...ho chiuso, lo capisci? Perché non mi lasci in pace ora?-

-Non capisco cosa ti stia succedendo. Eri così gentile, forte, onesta...-

-Ero?-

-Si, eri. Adesso mi sembra di parlare con una vipera...un'arrogante e menefreghista vipera-.

Rimaniamo in silenzio per qualche secondo. Mentre elaboro le sue parole, nei suoi occhi scorgo il pentimento di chi si rende conto di aver esagerato.

La cosa peggiore, però, è che non credo che abbia sbagliato. Sono davvero diventata acida e cattiva, e lo sono diventata per mio volere. Ho giocato a fare la vittima bisognosa di attenzioni e mi sono offesa quando ho visto che gli altri hanno preferito occuparsi dei loro problemi piuttosto che interessarsi a me. D'altronde cosa potevo aspettarmi? Ho allontanato tutti costruendo un muro invalicabile e ho anche preteso che queste persone, che di fatto non so se considerare amiche per quanto poco ci conosciamo, cercassero di trovare vie alternative per raggiungermi dall'altra parte.

Con gli occhi lucidi abbasso lo sguardo.

-Mia, mi dispiace...non penso davvero queste cose-.

-Brian non scusarti. Hai ragione, su tutto. Sono io che dovrei chiedere scusa... non mi riconosco più. So che pensi davvero ciò che hai detto, è ciò che penso anche io di me stessa. Avevo bisogno che qualcuno me lo dicesse-.

Brian mi circonda il viso con le mani e mi spinge a guardarlo negli occhi. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata quando sento la punta del naso di Brian contro la mia. Il suo respiro è lento, mentre con il pollice mi accarezza la guancia.

Prima che possa succedere qualcosa, però, lui si allontana. Mette le mani nelle tasche dei suoi jeans neri e si guarda rapidamente intorno facendo finta di niente. Io, ancora appoggiata al muro, mi sento molto confusa.

Il ragazzo si avvicina nuovamente a me sussurrando nel mio orecchio e ripetendo la frase:-Non penso davvero quelle cose, Mia. Ho un piano...tu raduna gli altri-.

Detto questo, si allontana lasciandomi lì.

CINQUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora