18. Uno di noi

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Mi sembra di essere attaccata alla porta di Brian Pacey da ore. Ogni tanto riprovo a bussare, ma non ottengo risposta. Eppure sento dei rumori provenire dall'interno...qualcuno ci deve pur essere.

Questo incontro è importante è non posso permettere che qualcuno non si presenti. Insisto ancora una volta, quando finalmente sento il rumore della chiave che ruota nella serratura.

La porta si spalanca e sorrido, esausta.

-Pacey, sono qui da una vita!-, lo rimprovero.

Brian indossa solo i boxer. Tento di non concentrarmi sull'addome spoglio che sembra così fiero di sfoggiare e lo guardo negli occhi. Cosa che, ammetto, non è altrettanto semplice. Specialmente con i capelli spettinati e lo sguardo rivolto dritto verso di me.

-Ero impegnato-.

-Beh, certo. Dormire richiede costante allenamento-, lo prendo in giro.

Pacey ride sotto i baffi.
-Non era esattamente ciò che stavo facendo. Ma si, è comunque qualcosa che richiede costante allenamento. Ahimè, la vita è dura a volte-.

Capisco ciò a cui si riferisce quando alle sue spalle comprare un'avvenente brunetta coperta solo dal lenzuolo del letto, preso in prestito come vestito.

-Ci sono problemi?-, domanda.

-No piccola, tranquilla. Torna dentro, arrivo in un attimo-.

Quando Pacey posa di nuovo il suo sguardo su di me, sembra sorpreso dall'occhiata disgustata che gli sto rivolgendo.

-Gelosa, Rossa?-, domanda con tono divertito. -Se vuoi c'è spazio anche per te-.

Che idiota. Gli do un colpo sulla spalla, strabuzzando gli occhi.

-Gelosa io? Scusa, ma tu non sei fidanzato?-

Sembra che Brian proprio non capisca dove io voglia arrivare.

Con un gesto, indico la ragazza che, da ciò che posso osservare da qui fuori, è tornata a sdraiarsi.

-Ohh-, esclama. -Si, giusto. Ehi Rossa, non dirlo ad Amy. Grazie, buona serata-, dice dandomi una pacca sul braccio e accennando un occhiolino.

Sta per chiudermi la porta in faccia e, per quanto io non possa credere di voler insistere ancora con un elemento del genere, metto un piede davanti ad essa appena in tempo per impedirglielo.

-Che vuoi ancora?-, mormora a denti stretti, facendomi capire di non avere tempo per me in questo momento.

-Devi venire in biblioteca tra un'ora-.

La risata, bassa e roca, si diffonde nel corridoio.

-Ah, non scherzi-, aggiunge poi, vedendomi impassibile. Assume un'espressione seria, anche se è evidente che non riesce a trattenere un sorrisetto divertito nel vedermi così infastidita. -E perché?-

-Dobbiamo parlare...tutti quanti-.

-Senti, Rossa...non ho tempo per questo-, dice chiaramente a disagio.

-Vedi di trovarlo, Pacey. È importante. E so che non prendi questa storia alla leggera come vuoi farmi credere, lo leggo nei tuoi occhi. Perciò, se un minimo ti urta l'esperienza che noi tutti abbiamo vissuto...vieni. Ti chiedo solo questo. E chiama Amy, deve venire anche lei-.

Detto questo giro i tacchi, consapevole che il ragazzo mi stia osservando mentre vado via.

Non so cosa voglio ottenere da questo incontro...so solo che noi cinque siamo sconosciuti, e questo non gioca a nostro favore. Dobbiamo fare fronte unico contro il nemico, e se per far questo dovremo vedercela per conto nostro...così sarà. Sono convinta che nessuno di noi sia il vero colpevole di questo scempio.

Spero di non sbagliarmi.

Verso le 23:15 circa, io e Diana raggiungiamo la biblioteca. Come previsto non c'è più nessuno, perciò ci accomodiamo al mio posto preferito: il tavolo in fondo a destra, coperto da alti scaffali che impediscono agli altri di vederti e, quindi, di disturbarti. Il posto migliore per leggere.

Non passa molto tempo prima che, uno ad uno, anche gli altri tre ci raggiungano.

Ed eccoci, attorno ad un vecchio tavolo di legno rettangolare. Tutti afflitti, stanchi, infastiditi e seccati.

Osservo i loro volti con attenzione, domandandomi come e perché mai uno di questi ragazzi avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Mi vengono i brividi: il mio cervello mi dice che è impossibile, ma il morso allo stomaco che sento sembra volermi dire di tenere un occhio aperto.

Brian, Diana, Amy, Woody...e Mia.

Cinque estranei, accomunati da un triste episodio. Ma c'è di più. Lo sento.

Io so per certo di non mostrare loro una parte di me...non posso farlo. E questo mi fa pensare che forse anche loro nascondono qualcosa.  In fondo...perché non dovrebbero? Tutti hanno dei segreti.

Mi chiedo solo se questo segreto sia l'omicidio di Amber Jonson.

Chi è innocente lo sa.

Guardando i giovani volti di questi ragazzi mi sembra di aver perso la mia abilità nel riconoscere subito il tipo di persona che mi si trova di fronte.

Tabula rasa. Non mi trasmettono nulla, se non dubbi e pensieri contrastanti. Potrei dire di credere a ciò che affermano...ma, dopotutto, li conosco poi così bene?

Anche loro non sanno nulla di me. Magari pensano che sia stata io.

Sento il peso degli occhi di Pacey piombarmi addosso. Ha uno sguardo così intenso da cui non riesco a sottrarmi. Sembra nero dalla rabbia, oppure vuole solo intimorirmi affinché io non riveli ad Amy del suo tradimento.

Amy interrompe lo scambio di occhiatacce con un colpo secco di tosse.

Lentamente, distolgo lo sguardo da Brian e, con le sopracciglia ancora aggrottate dalla tensione, annuncio ai presenti che la notizia della morte di Amber è ormai online. Avevo controllato poco prima di arrivare in biblioteca, ma non avevo avuto il coraggio di leggere.

Diana afferra il cellulare e in fretta cerca il primo articolo riguardante l'accaduto.

-Qui dice che ancora non si sa molto. La polizia sembra avere dei sospettati, le prove sono ancora in fase di analisi e...-, si interrompe, avvicinando di più lo schermo al suo volto.

-Cosa?-, la incita Woody.

-Pare che Amber abbia inciso nella terra il numero "5". Non sanno ancora a cosa faccia riferimento, però-.

-Ma...noi eravamo cinque...-, nota Woody con la sua acuta perspicacia.

-Ciò non vuol dire che Amber volesse accusare noi, Sherlock. Non ci ha nemmeno visti arrivare. Insomma, era...-, dice Amy, trattenendosi dal dire quella parola che la fa rabbrividire.

-Era morta-, termina Brian. Stringe a sè la sua ragazza, consolandola. Amy è palesemente agitata, mi sembra anche di intravedere una lacrima scendere lungo la sua guancia coperta di fard.

Non me la racconta giusta. Odiava Amber...a cosa si deve una reazione tanto addolorata?

Guardo i quattro ragazzi seduti attorno al tavolo e non posso non chiedermi chi di loro nasconda qualcosa.

-Credo sia inutile continuare a stare qui adesso. Spero che abbiate la coscienza pulita...io ce l'ho. Lasciamo che la polizia se ne occupi-, dichiara Diana alzandosi in piedi. Senza salutarci, esce dalla grande aula.

CINQUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora