29. out of my mind

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LOSER OR LOVER ?
( RICHIE TOZIER )

CHAPTER TWENTY-NINE | out of my mind

CHAPTER TWENTY-NINE | out of my mind

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SARAH'S POV

Aprii lentamente gli occhi e notai una strana luce nella stanza, diversa dal solito.
Tentai di muovermi ma mi sentivo così debole, come se mi costasse una fatica enorme fare qualsiasi movimento.

«Si è svegliata!»
Non riuscivo ancora a mettere a fuoco ciò che vedevo e non capivo che cosa stesse succedendo.
Chi aveva parlato?

«Oddio, infermiera? È sveglia!»
Infermiera?
Oh cazzo, ero in ospedale...
Piano piano, iniziai a ricordarmi tutto: l'incontro con Bowers, io che perdevo i sensi... Tutto stava iniziando ad essere più chiaro.

Finalmente i miei occhi si aprirono del tutto e trovai attorno al mio letto mia madre, Bowers e, stranamente, il padre di Bowers (ovvero il mio, mi ritrovai a pensare).

«Sarah, ben svegliata! Come ti senti?» l'alito di mia madre sapeva ancora vagamente di vodka e mi fece storcere il naso.
«Mi sento di merda...» la mia voce risultò gracchiata, stanca, e rispecchiava le mie condizioni fisiche.

Un'infermiera si posizionò davanti al mio letto e mi porse una pastiglia, sorridendo.
«Ecco, tieni, devi prendere questa pillola!»
Allungai un braccio e me la misi in bocca, senza nemmeno chiedere che cosa fosse e a che cosa servisse.

«Dove... Dove mi trovo? In ospedale?» guardai Henry, perché stranamente era l'unico di cui mi fidavo in quella stanza.
Il ragazzo però abbassò lo sguardo e questo mi fece capire che qualcosa non andava.

«Sarah» quello che doveva essere mio padre mi parlò, osservandomi con molta attenzione «Non sei in ospedale»

«E allora dove sono?» questa volta guardai mia madre, sperando almeno che la donna che mi aveva messa al mondo non mi mentisse.
«Sei nella clinica di Derry... Quella che ospita i ragazzi e gli adulti che hanno... si insomma, che hanno problemi...»

Sgranai gli occhi.
«Cosa?!»
«Sei nella clinica in cui sono stato ricoverato anche io...» intervenne Henry, mordicchiandosi nervosamente il labbro.
Ero in una clinica di pazzi?

«Perché mi trovo qui? Non sono matta!»
«Sarah, tu hai un problema e non lo vuoi ammettere, hai bisogno di trascorrere un po' di tempo qui con noi, così ti rimetterai in sesto!» a parlare fu l'infermiera di prima, che con un sorriso mi sistemò le coperte del letto.

«Che problema? Non ho nessun cazzo di problema!»
«In realtà sì e si chiama anoressia» mi rispose con disinvoltura l'infermiera, che da quel momento iniziò a starmi proprio sul culo.

Guardai i miei tre famigliari e osservai i loro visi pallidi.
«Davvero mi lascerete qui? Per una stronzata del genere?»

«Sarah, è per il tuo bene... Henry ci ha raccontato che cosa è successo ieri pomeriggio e non vogliamo che tu stia male!» mi rispose mia madre, cercando l'appoggio di uno dei due Bowers.

«Devi capire che il tuo è un problema serio, non è una cosa da prendere alla leggera... Lo so che ora, molto probabilmente, ti sentirai tradita da me per averlo detto ai nostri genitori, ma l'ho fatto solamente perché ero preoccupato per te...» aggiunse Henry, abbassando in fretta la sguardo.

Non riuscivo ancora a crederci a come quella situazione del cazzo avesse riunito la mia fottuta famiglia.
Fosse bastato questo, avrei potuto farlo anche prima.

Dopo altre mille raccomandazioni e saluti, i miei genitori e mio fratello se ne andarono, lasciandomi da sola in quella stanza deprimente.

Trascorsi l'intero pomeriggio a leggere libri e ad annoiarmi a morte.
Ero così arrabbiata con tutti per avermi rinchiusa in quella stupida clinica.
Non ritenevo che la mia fosse una malattia e non pensavo che fosse così grave.

Verso sera entrò una nuova infermiera e mi appoggiò la cena sul tavolino di fianco al letto.
«Buon appetito!»
Il pasto non sembrava completamente disgustoso ma non avevo assolutamente intenzione di assaggiarlo.

Speravo che l'infermiera se ne andasse ma quest'ultima non accennò a levarsi dai coglioni.
«Posso... Restare da sola?»
L'infermiera mi guardò sorridente e scosse la testa.
«Nemmeno per sogno, devi mangiare e io starò qui finché non lo farai!»

Alzai gli occhi al cielo e guardai il piatto pieno.
Pensai a quante calorie ci fossero in un solo boccone e mi sentii male.
«È che non ho proprio fame...» mormorai sottovoce, pensando ad un modo per evitare quella tortura.

«Da domani inizieranno gli incontri con lo psicologo della nostra struttura, lui sarà sicuramente più in grado di aiutarti rispetto a me, ma adesso mangia almeno qualcosa, okay?»

I toni gentili con cui me lo chiese mi fecero effetto e, con molta titubanza, addentai un piccolo pezzettino.
La maggior parte di quello che mettevo in bocca, lo trattenevo sotto la lingua e, non appena l'infermiera se ne andò, lo sputai nel gabinetto.

Mi buttai di slancio sul letto e trattenni le lacrime.
Tutto stava andando di merda e io non riuscivo a venirne fuori.
Richie mi mancava da impazzire e mi sentivo una completa deficiente a riguardo.

Avevo solo bisogno di qualcuno con cui parlare in quel momento, ma la mia stanza era vuota e deprimente.
Avrei voluto avere al mio fianco Will, che avrebbe saputo tirarmi su il morale e avremmo parlato fino a notte fonda.

Avrei voluto essere assieme a Richie, affondare le mani nei suoi bellissimi capelli e sorridere non appena lui mi guardava.
Avrei voluto restare tra le sue braccia e sentirmi parte di lui, ascoltando il suo battito cardiaco e inspirando il suo odore.

Invece ero lì, in quella scatola grigia e bianca.
Stavo andando fuori di testa e probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto.
Mi addormentai con molta difficoltà, trattenendo le lacrime e sentendo uno strano groviglio di solitudine nello stomaco.

* * *
ciao ho sonno ma devo studiare

✓ | LOSER OR LOVER? ( richie tozier )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora