31. we're both messed up

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LOSER OR LOVER ?
( RICHIE TOZIER )

CHAPTER THIRTY-ONE | we're both messed up

CHAPTER THIRTY-ONE | we're both messed up

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SARAH'S POV

Era passata meno di una settimana da quando Richie era piombato nella mia camera alla clinica.
Da quella volta, era passato a trovarmi ogni giorno e ogni giorno si fermava così tanto tempo che quando tornava a casa il sole era ormai tramontato.

Sapevo di essermi cacciata in un fottutissimo guaio, ma non potevo farne a meno: non riuscivo a stare senza di lui e, come se non bastasse, la sua presenza mi rendeva più felice.

Anche le infermiere e lo psicologo mi avevano invogliata a passare più tempo con lui, dicendo che tutto ciò stava giovando alle mie condizioni.

Sapevo di essere ancora innamorata persa di lui, nonostante fossi stufa marcia del comportamento del cazzo che aveva avuto alla festa di Cole.
Ma non riuscivo ad immaginare le mie giornate senza di lui.

Anche se in quei giorni avevamo trascorso parecchio tempo assieme, non avevamo ancora parlato della nostra situazione: non eravamo amici, nemmeno fidanzati.
Quindi cos'eravamo?

Mi ero ripromessa di parlagliene il prima possibile, ma ogni momento mi sembrava inadatto a quell'argomento.
Andava tutto bene tra di noi e non volevo rovinare ciò che stavamo ricreando, anche se rimandare quel momento non faceva altro che incasinare tutto di più.

Quel giorno però Richie non sarebbe potuto venire: doveva andare a scusarsi con la sua vecchia band e tentare di rientrare nelle loro grazie.
Ero pertanto da sola e speravo di non annoiarmi troppo.

Dal primo giorno che ero arrivata lì, non era cambiato proprio niente.
Certo, le sedute con lo psicologo e l'appoggio delle infermiere mi stavano aiutando, ma era troppo presto per vedere i risultati concreti.

Era pomeriggio presto ed ero coricata sul letto a fissare il soffitto.
In quel momento avrei voluto Richie coricato di fianco a me, anche lui con lo sguardo fisso sul soffitto bianco, con la sua mano intrecciata alla mia.

Mi alzai di scatto dal letto e uscii dalla mia stanza.
Immediatamente la solita infermiera accorse nella mia camera e mi guardò insospettita.

«Cosa stai facendo Sarah?»
«Posso andare un po' nel giardino sul retro? Ho bisogno di stare un po' di tempo fuori...» la guardai facendole gli occhioni dolci e lei si addolcì.

«E va bene, basta che poi ci fai sapere quando rientri okay? Dovrebbe esserci un sorvegliante intanto, l'importante è che tu lo dica a lui!»
La ringraziai con un sorriso a trentadue denti e mi diressi velocemente nel giardino.

Ovviamente il sorvegliante era un vecchio rimbambito mezzo addormentato e per una volta fui contenta di ciò.
Sgattaiolai nella una parte esterna, in quella un po' più discreta, e trovai il pacchetto di sigarette che Richie aveva nascosto sotto mia richiesta.

Quando lo presi in mano sorrisi e me lo misi nella tasca dei pantaloni.
«Sgamata» a quella voce sussultai, per poi rendermi conto che la conoscevo fin troppo bene.

Mi voltai di scatto e trovai il volto di Stan, un po' più smunto del solito, ma sempre lui era.
Era venuto a trovarmi? Come faceva a sapere che ero in questa clinica?

Le uniche persone che sapevano della mia situazione erano Richie, Will e Henry (ad esclusione dei miei genitori).
Avevo preferito tenerlo segreto così che tutta la scuola non sapesse i cazzi miei.
Ai Losers l'avrei detto una volta tornata in forma e uscita da quella struttura.

«Ma come... Sei venuto a trovarmi?»
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e mi guardò confuso.
«No, tu sei venuta a trovarmi!»
Entrambi restammo fermi, a guardarci senza capire.

«Stan... Perché ti trovi qui?» gli domandai titubante, sedendomi su una panca di legno.
«Perché io sono un paziente di questa clinica... Tu anche?»
Annuii in fretta e lo guardai più attentamente, cercando di capire che cosa gli fosse successo.

«Che... Che problema hai?»
«Ehm... Anoressia, problemi con il cibo... E tu?»
Stan restò in silenzio e abbassò lo sguardo.

«Sono scappato di casa... Forse lo sapevi già, vero?»
Annuii in fretta, ripensando a ciò che mi aveva raccontato Richie l'altro giorno.
Mi ricordai delle parole di Tozier, che Bill era passato a casa sua e gli aveva chiesto se avesse visto Stan, dato che il ragazzo risultava scomparso.

«Ecco, diciamo che ero un po'... Si insomma, non stavo attraversando un bel periodo e ho fatto una cosa della quale sono molto pentito...»
«Cosa? Stan, che è successo?»

Il ragazzo si strinse nei suoi vestiti e mi guardò dritto negli occhi.
«Ho provato a... Si, ho tentato il suicidio... Sei la prima a cui lo dico, a parte le infermiere e lo psicologo... Ero davvero depresso, non che ora stia andando benissimo ma sto migliorando... Io...» la sua voce si spezzò e immediatamente mi avvicinai per abbracciarlo.

In quel momento sapevo che non c'era bisogno di dire nulla e così rimasi in silenzio.
«Bill che non voleva aver niente a che fare con me, Richie che mi incolpava per averti detto la verità, i miei genitori erano impazziti da quando ho fatto coming out e mi insultavano sempre... Non ce la facevo più e l'unica soluzione che avevo trovato era quella... Anche la lontananza con te ha influito... E ora guardaci qua, in una clinica di merda... Siamo entrambi incasinati cazzo!»

«Cazzo Stan, mi dispiace da morire e mi sento una persona di merda a non essermi resa conto del dolore che stavi provando...»
«Sarah, non ne potevi niente... Comunque anche a me dispiace davvero per cosa ti è successo...»

Continuammo a parlare tutto il pomeriggio, anche di altri argomenti, fino a quando le infermiere non ci ordinarono di rientrare nelle nostre rispettive stanze.

«Ci vediamo domani?» mi domandò prima di andarsene, osservandomi speranzoso.
«Certo, a domani Stan!»

Quando ritornai nella mia camera, mi appoggiai contro il muro e sospirai.
Sembrava che lentamente tutto stesse ritornando com'era prima.

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