Capitolo 17

1.1K 135 32
                                    

Vai così.

Minho entrò nella prima porta che trovò e controllò se erano presenti i suoi compagni di sventura.
Ma era vuota. Andò così nella seconda. Ma anche questa era vuota.

Continuò così per circa venti minuti, poi stufo e stanco fece per dirigersi in camera sua e cambiarsi ma sentì una dolce risata di fianco a lui.

Senza tante cerimonie, aprì la porta di scatto trovandovi all'interno Jisung e Jimin che si abbracciavano e ridevano. Quella vista gli fece un po' male al cuore.

Rimase lì impalato a guardare il suo ragazzo-scoiattolo ridere. Con qualcuno che non era lui.

La porta venne aperta di nuovo con uno scatto  e un bellissimo esemplare di Hyunjin in felpa e tuta da ginnastica fece il suo ingresso, mezzo esaltato.

Inutile dire che la porta, ormai aperta, andò a sbattere contro Minho, che ruzzolò sul pavimento. Inutile dire anche che sbattè la testa e, per farla breve, svenne.

Un po' come Dante Alighieri che quando non sa cosa fare, sviene, ma testare la sua tecnica per evitare conversazioni imbarazzanti, non sta a noi.

Hyunjin, accortosi del danno fatto, guardò il corpo svenuto del cugino e anche la coppia di fratelli, che stavano ancora conversando amabilmente, ignari del piccolo incidente accaduto, se lo caricò sulle spalle e lo portò nella camera attigua.

Altra tecnica geniale per evitare conversazioni imbarazzanti. Scappare.

Il moro appoggiò Minho sul letto, guardandolo pentito. Con tutto quello spostare gente, sarebbe potuto diventare un taxista ambulante tanto avrebbe fatto anche esercizio fisico.

Forse entrare con quella foga solo per aver visto la neve non era stata una genialata. Forse. Ma stava nevicando alla fine di maggio. Che notizia poteva esserci migliore di quella? La voce roca e acida lo richiamò all'attenti.

《Hynjunie. Me. La...ahia. pagherai.》 Masticò fra i denti impastati dalla botta, il principe di Zhilink.

《Ma...》 iniziò il più giovane.

《Stai zitto. E aiutami. -Pausa- a cambiarmi, -un'altra pausa- questa -rumore non identificato- scomoda.》

《Ma hyuuuuung, nevica!!!》 Saltellò Hyunjin tornato bambino non ascoltandolo.

《Lo so. E quei due restano fino a domani mattina. Se mi aiutassi... magari... potrei andare a dirglielo, non credi?》

《Vado io se vuo-》

《Maronna, da quando parli così tanto? Stai zitto e passami la felpa. Faccio io.》

《Uff..》 sbuffò il più alto voltandosi verso la porta chiusa e allungando il braccio dietro la schiena per passare la felpa verde al cugino.

Minho la infilò in fretta, ormai ripreso del tutto. Aveva un po' male alla testa ma tutto molto sopportabile, doveva andare e riprendersi Han. Si vestì talmente alla confusa che rimase anche incastrato con le braccia nelle maniche, e rischiando di cadere mentre s'infilava i pantaloni saltellando. Corse nella camera a fianco, scalzo, ignorando bellamente il cugino che gli stava pure mettendo via le scarpe laccate.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
《Jiminie. Cosa hai nella testa? Segatura per caso? Quante volte ti ho detto di morderti quella lingua troppo lunga, soprattutto con la mamma? Eh? No, ma spiegami, adesso io come faccio a sopportare Jinyoung e mamma e papà da solo?》 Rantolò il più grande, -si fa per dire-, tirandole una schicchiera sulla fronte.

《Ma non è colpa mia, Hann-》

《No beh certo...è colpa mia.》

《Credi che mi piaccia dover andare in un collegio pieno di gallinelle? Te lo dico subito. NO!》 sbuffò la ragazza iniziando a scalciare nel lungo e scomodissimo vestito bordeaux.

《Si, ma... ma... uff.》 Jisung si lasciò cadere sul letto, fissando con lo sguardo annebbiato i lacunari del soffitto che si intravedevano grazie alla luce fioca delle finestre.

Un sottofondo poco chiaro era l'unica cosa che sentiva mentre seguiva con gli occhi la fantasia dei cassettoni decorati.

Una mano piccola con le unghie leggermente mangiucchiate afferrò la sua giubba e diede uno strattone, Jisung abbassò lo sguardo sulla sorella per poi ritornare ad ammirare il soffitto. Uno strattone, e Han non si voltò. Un secondo strattone, e per la seconda volta il ragazzo non si voltò.
Al terzo strattone, il ragazzo venne trascinato giù dal letto e costretto a guardare fuori dalla finestra.

《Neve》 sussurrò Jimin tenendo ancora stretto nella mano il tessuto scivoloso della giacchetta. Jisung nel sentire quella parola la guardò critico alzando a malapena la testa, la scosse piano e si voltò verso la porta dove si stagliava la figura di Minho che li guardava con aria di sufficienza.

《Come potete vedere, nevica. Pertanto rimarrete in questo castello fino a quando non si deciderà di farvi ritornare a casa in completa sicurezza. Siete pregati di seguirmi affinchè possa mostrarvi le camere a voi dedicate e il guardaroba.》 Sorrise falsamente. Odiava con tutto se stesso come Jimin potesse stare così vicina a Jisung e lui no.
Non aveva accesso al cuore del principe di Jjianz, per ora. Già per ora.
Ma non sarebbe passato molto tempo che ci sarebbe riuscito.

I due gemelli si guardarono. Jimin alzò le spalle mentre Jisung si ostinava a non guardare il ragazzo davanti a loro. Era ancora abbastanza offeso, e quando si arrabbiava le opzioni erano tre. O lo si coccolava, avvolgendolo in una coperta in plaid e nutrendolo con la cioccolata, o eri Jimin a cui perdonava tutto, o sarebbe rimasto offeso per un periodo che spaziava da poche ore alla fine dei tuoi giorni, o dei suoi, dipendeva da chi sarebbe morto per primo fra i due.

Jisung superò velocemente il più grande guardandolo male. Ecco che lo rifaceva. Mascherava l'imbarazzo con la rabbia, tentando di mostrarsi forte e intangibile, ma, a dirla tutta, facendo così aveva incrinato un sacco di rapporti. Non era mai stato bravo ad esternare ciò che provava. Aveva paura di far stare male le persone che lo avvicinavano, voleva solo il loro benessere, e non si era reso ancora conto che allontanarle non giovava a nessuna delle due parti.

Minho lasciò passare anche Jimin con lo sguardo basso e chiuse la porta. Lasciò entrare la ragazza nella cabina armadio di sua madre, poi prese la mano di Jisung attirandolo a sè, fissando le sue labbra chiare.

Dovevano chiarire. Doveva farsi perdonare per averlo provocato. Doveva fargli capire che voleva conoscerlo meglio. Voleva passare più tempo con lui. Doveva scusarsi.
Già.. Doveva.

Ma non riusciva a staccare gli occhi da quelle labbra.

《Hai finito?》 Sussurrarono ipnoticamente, mentre il cuore del più piccolo si agitava nella cassa toracica, come se fosse un elettrone impazzito.

Minho alzò una mano per accarezzarle, passò il pollice lentamente sulle labbra morbide ma screpolate del più basso, lo fece indietreggiare fino a quando non toccò il muro dietro di sè. In quel momento si sentiva un leone mentre giocava con la sua gazzella.

Minho inclinò la testa facendo aderire piano il corpo del minore al suo ma questi stava iniziando a spaventarsi. Un guizzo di terrore balenò nelle sue iridi quando sentì il muro dietro di sé. Cosa stava facendo? Lui non avrebbe dovuto essere arrabbiato?

|Without The Crown| MinSungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora