Cap 30

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Quel giorno, Io e Robin stavamo chiacchierando come sempre, ma ad un certo punto mi fece una domanda che non mi aspettavo.

-Dereck, perché non parli più di musica come un tempo? Prima sapevi di tutto, e ti brillavano gli occhi quando lo facevi..-

-sei l'unica che se ne è realmente accorta-

-allora?..-

-vedi, ho paura di parlare di musica agli altri per come reagiscono. Come con joseph ...-

Dicendo il suo nome, Robin fece una smorfia.

-è colpa sua tranquillo, tu ti sei difeso-

-ho sbagliato, caso chiuso-

-tranquillo, e ora non pensarci

Era difficile non farlo però...i pensieri mi aleggiavano nella mente come condor che volteggiano su una preda.

Le promisi che lo avrei fatto, ma non ero li mentre lo facevo. Ero da tutt'altra parte.

Non andai più al negozio, rimasi a casa, a guardare la pioggia fuori dalla finestra.

Il perché? Non lo sapevo neanche io. Ero triste. Neanche di questo sapevo il perché. Spesso mi capitava di sentirmi così.

Presi la lametta, e andai in bagno. Il sangue colava dal polso, per poi cadere nel rubinetto. Era scuro, come i miei occhi. Scuri, come la notte. Come il buio della mia stanza. Era inesauribile la mia voglia di farlo.

Mi tamponai il polso, guardandomi dritto negli occhi nello specchio. Pensavo a cosa avrebbe pensato Connie della mia testardaggine.

Lo sapevo che mi avrebbe controllato di nuovo, ma non me ne curavo. Quando ero solo con me stesso, non potevo fermarmi.

Aprendo la porta del bagno, sentii di nuovo mia madre litigare con mio fratello.

Non potendone più, urlai:

-avete rotto, basta!

Non ne posso più!-

Corsi in camera, chiudendo la porta in modo brusco.

Scoppiai a piangere, affogando le lacrime nel cuscino.

Ma perché stavo piangendo?? Perché?

-Perché sei un idiota!-

Rispose la mia coscienza.

Mi misi le cuffie, cercando solo di smettere di piangere, perché non dovevano scoprirmi, non potevo rischiare.

Mi ero distrutto ancora una volta. Dovevo parlarne con Connie, con quel briciolo di preoccupazione che mi rimaneva dove ormai si trovava solo sicurezza, si. Sicurezza nell'odio che provavo per me.

E mi promisi di tornare al negozio, che dovevo parlare con Ernest. Promettevo promettevo, ma non riuscivo a mantenere tutte le promesse che facevo, specie quelle a me stesso.

Mi addormentai, nonostante la tormenta dei miei pensieri. Sarà che mi abbia esaurito fisicamente quella serata. Avevo bisogno di quella dormita.

Il "musicista"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora