Cap 32

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Io e la chitarra non ci separammo più. Imparai in fretta a suonarla, passavo le giornate con lei, e spesso facevo sentire dei pezzi a Connie. La prima volta che sentii cosa si provava a impugnarla e a lasciare che la mia anima vibri con lei, fu quando la suonai proprio a Connie, e feci dei linkin park: the little things give you away. Ci misi due settimane a impararla, e poi a cantarla. Lei mi diceva che ero bravissimo, ero soddisfatto di me stesso.

Io e Connie stavamo per uscire a fare una passeggiata sul lungomare, ma mentre stavo per varcare la soglia, Connie mi trattenne. Diceva di volermi dire una cosa.

-Dereck, dobbiamo parlare-

-dimmi, se vuoi ne parliamo mentre camminiamo alla fermata-

Chiuse la porta di casa, e mi inondó con i suoi occhi avvolgenti, ma erano tutt'altro che dolci. Nascondevano qualcosa-

-io Dereck, io ho smesso. Ma tu, tu non lo so se hai smesso, ed è da un po che non ti controllo, perché ogni volta sembri felice, ma so che non lo sei sempre, e spesso ti senti male. Spesso vorresti solo quello. Ora io ti chiedo di farla finita anche tu, perché lo sento che ancora dentro tu sei sporco...perché è una colpa quella che ti porti. Io ti aiuteró, fosse l'ultima cosa che faccio. Voglio, esigo sapere come ti senti ora, e come ti sentirai sempre, devi essere sincero con me. Sei sempre riuscito a evadere dall'argomento, ma ora basta. Ho sottovalutato il tuo problema.-

Mi prese le mani, e colsi le lacrime nei suoi occhi.

Prima che potessi rispondere, riprese;

-sai che, mi spezza il cuore sapere che sei ferito dentro. Ma ho imparato molto in questi mesi, e ti dico che si guarisce. Sia dentro, che fuori.

Non sei solo. Hai me. E conoscerai nuove persone, devi solo essere te stesso e mostrare il tuo lato migliore. Quello che ha fatto innamorare me. Sei simpatico, e la persona più gentile che abbia mai conosciuto. Sei anche un bel ragazzo, anche se non parli mai di te, non ti tieni mai in considerazione. Dovresti farlo, ho letto in un libro, che bisogna trattarsi come si tratta un migliore amico. E tu, devi essere il migliore amico di te stesso.-

Mi strinse ancora più forte le mani, era vicina a me, sentivo il calore delle sue mani e del suo cuore attraversarmi tutto il corpo, e concentrarsi negli occhi. Il calore rilasció delle lacrime, come una nuvola rilascia la pioggia.

-Dereck, tu sei una persona speciale. Non perché te lo dico io, ma perché sei un ragazzo che dentro nasconde un universo. E io ti amo, ti amo da morire, ti prego non prendermi per pazza, non sono mai penetrata così tanto dentro di te, dentro i tuoi segreti, dentro la tua stranezza, quella piccola scintilla di follia che mi fa impazzire sempre, anche quando litighiamo, quando ci stringiamo forte, quando non ci sei, sempre.-

-Connie sei la mia piccola, ti prendi cura di me, e sei l'unica a farlo...anche io mi prendo cura di te ma tu sai già badare a te stessa e sei maturata prima di me. Tu sei proprio stramba, ma proprio stramba, ricordi quando per scommessa ti sei versata l'acqua del vaso in testa? Quella partita alla playstation giuro, è stata indimenticabile. Non ti sei mai stancata di me, e hai una pazienza! Quante volte potevi dirmi: basta non ti sopporto più, ma sei rimasta. Sei un angelo, non meriti di stare qui. Poi sei dolcissima, sembri fatta di zucchero! Ahahah, sei mia-

-sei mio! Piccolo panda puccioso-

La baciai stringendola forte a me, sentendo il suo dolce profumo che, come la prima volta, mi avvolgeva, come se, insieme alle sue braccia, era capace di abbracciarmi.

Da quel giorno, buttai tutte le lamette che avevo. Alcune erano nel portacolori, che usavo nel bagno della scuola..altre erano nel mio cassetto, insomma, le perdevo sempre, rompevo sempre nuovi temperamatite o rasoi, e nonostante tutto, usavo sempre il temperamatite di Robin.

Raccontai tutto a Demetria, che nel frattempo si era fidanzata. Il suo ragazzo si chiamava Mark, era simpatico, gentile e mi sorrideva sempre. Sapeva che volevo molto bene a Demi. Aveva capelli sul biondo chiaro, occhi celesti, ed era snello, sembrava un principe.

L'estate si avvicinava, e le ferite erano guarite, lasciando solo chiare cicatrici, poco evidenti al sole. Mettevo sempre bracciali di pelle, un pó per coprire, un pó perché ne andavo matto. Il freddo rigido e le giornate di pioggia lasciavano spazio ai primi tepori della primavera. Alle colline piene di fiori, all'erba alta, alle magliette a maniche corte, e alla frenesia dell'ultimo periodo di scuola.

Il "musicista"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora