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"La ruota qua non si ferma"

Spengo la macchina e mi accascio sul sedile, guardando l'insegna del strip club, che vi terrò nascosto. Tra meno di dieci minuti entrerò lì dentro, andrò nel mio camerino, saluterò le mie compagne, salirò sopra al palco, ballerò attaccandomi a quel palo e osserverò quegli uomini seduti che ti guardano come una leonessa guarda la sua preda, pronta a farla sua. Tutto ricomincia e ripenso a sei mesi fa, alla felicità che, finalmente, faceva parte di me per essere arrivata in paradiso,lasciandomi alle spalle il mio inferno, peggio di quello di Dante.

La borsa, contenente la mia divisa -un babydoll,un tanga e un reggiseno- è abbandonata sul sedile al mio fianco e sembra rifiutarsi anche lei di ritornare ad essere usata per contenere quegli abiti.

Il cellulare vibra due volte, illuminando e occupando lo schermo con due messaggi, che poi scopro essere di Ethan e Sophia.

-Baby, come stai? Quando ci vediamo?-

-Amy,so che sei occupata con il tuo moroso, ma visto che stai trascurando la tua migliore amica, a cui manchi tanto, potresti dedicarle anche solo cinque minuti?-

I loro messaggi mi fanno sorridere.
Mentre rispondo con delle scuse, avvisandoli di dover raccontare tante cose e promettendo di liberarmi al più presto, un clacson suona nella mia direzione. Guarando dallo specchietto retrovisore, riconosco la macchina di Chloe.

Chloe è una delle mie compagne, con cui ho legato, per quanto questo verbo possa sembrare esagerato in un contesto del genere,un po' più delle altre. Mi è stata accanto nelle notti in cui,gli attacchi di panico si impossessavano di me,prima di salire sul palco e quando piangevo essendomi sentita sporca, dopo essere stata scopata da viscidi e luridi bastardi. L'unica differenza che abbiamo è che a nessuna di loro, crea disagio essere trattate così: loro questo lavoro lo fanno con piacere. Si sentono desiderate e nel mentre, guadagnano una somma di denaro, che le mantiene in modo eccellente.

"Amy!" urla scendendo dalla macchina, mentre io prendo le chiavi,la borsa, e scendo dalla mia auto. "Che ci fai qui?"

"Ciao"sorrido, mentre lei mi abbraccia ed io ricambio "Sono tornata.. A quanto pare il signor Lee ha bisogno di me".

"Sono contenta, questo posto ha sentito la tua mancanza" afferma, staccandosi da me.

Le regalo un finto sorriso e insieme ci avviamo all'entrata. Prima di mettere piede su quel pavimento e respirare l'odore che circola lì dentro, guardo per l'ultima volta l'insegna e con coraggio entro in scena, sperando che tutto questo finisca presto.

Le luci rossi abbassate, il barista e il cameriere sono sempre lì. I divanetti posizionati come li avevo lasciati, accompagnati da tavolini bassi su cui appoggiare i drink.

"Amy Moore"sento dire dalla parte del bancone, a cui do le spalle "Qual buon vento ti porta qui?".

Le mie spalle si irrigidiscono come se qualcuno avesse azionato qualche tasto del mio corpo o avesse programmato in qualche modo, attraverso qualcosa, che dovessi diventare un pezzo di legno, incapace di muovermi o di parlare, ma capace solo di tenere i miei occhi sbarrati. Poi mi rilasso e girandomi lentamente verso di lui, mi preparo a guardarlo di nuovo negli occhi.

Mi immergo in occhi di un colore da far invidia al mare e uno sguardo magnetico capace di attirare tutto il genere femminile come calamite. Cameron Lee è sempre stato bravo a mettere a proprio agio le persone. Tutte tranne me. Ama sfidarmi e vedermi a disagio, amava l'effetto che aveva su di me. Non lo vedevo da un anno: era partito per la Francia,questioni di lavoro, ma nonostante questo nemmeno lui era cambiato. Statico, come quel posto. Come suo padre.

Eternamente noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora