26.

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Non so quante ore siano passate, ho perso il conto dei giorni da quando sono rinchiusa dentro questa cantina. Mi hanno slegato i polsi, tolto dalla sedia per posizionarmi a terra, legandomi ai piedi una catena.

Il mio pensiero fisso sono la mia famiglia e i miei due migliori amici.
Immagino mia madre disperata, che si starà facendo mille domande sulla mia scomparsa, Paul che cercherà in tutti modi di tranquillizzarla e Pepe avvolta da una bugia per non farla preoccupare.
Ethan e Sophia disperati, dubbiosi per la mia scomparsa ma in cuor loro consapevole di chi sia l'artefice di tutto. Me li immagino contattare Cole per chiedere spiegazioni, come se lui potesse sapere che lo stesso giorno in cui mi lasciò, io lasciai la vita di tutti e non solo la sua.

I miei pensieri vengono bruscamente interrotti dal rumore di passi pesanti provenienti dal piano di sopra. Sono veloci e si dirigo verso di me.

Cameron non si è più fatto vedere da quella sera e gli altri solo per potarmi del cibo, del quale non mangiavo sempre quasi nulla.

La porta si spalanca e tre sagome si presentano nella mia visuale. Uno di questi, portandosi con se un piatto, si avvicina lentamente verso la mia direzione.

Prima di appoggiare il piatto ai miei piedi, ci sputa dentro, dimostrando un comportamento animale.

Prendo il piatto e glielo lancio addosso. Se ho capito una cosa in questi giorni è che qui ti trattano tutti come se fossero onnipotenti.
Il senso di potere che si avverte un po' come quando a scuola, hai la sfortuna di avere un professore che sa di aver il coltello dalla parte del manico, e quindi si sente in dovere di poterti trattare come meglio preferisce.
Rispetto. Ecco cosa voglio, ciò che loro non stanno avendo per me.

L'uomo si ferma, inchiodando con i piedi sull'asfalto. 
Poi si gira lentamente verso di me e scuotendo la testa, si avvicina. "Adesso capirai chi è il vero cattivo in tutta questa merda". Si slaccia la cinta dei pantaloni ed io comincio ad urlare.

Amanda Pov's

Sono settantadue ore e quarantacinque minuti che mia figlia è scomparsa.

Da quando ebbi l'incidente, era più presente del solito. È dovuta crescere più velocemente degli altri fin da bambina e mi sento in colpa ogni giorno per questo.

Guardo Paul che ha in braccio Penelope, intenta a disegnare, ignara di tutto ciò che sta accendendo intorno a lei: abbiamo preferito mentirle, è ancora troppo piccola per capire e affrontare determinati argomenti.

Asciugo una lacrima scesa improvvisamente, e mi sposto in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, ma il mio pensiero è fisso su di lei da quando mi sono resa conto che non sarebbe tornata a casa.
Dove sta? Come sta? Sarà viva? Quando la troveranno?

La notte non dormo e se lo faccio, gli incubi regnano per tutte le ore di sonno.

Ho avvertito la polizia della sua scomparsa e stiamo aspettando loro notizie.

"Vado io" urlo dalla cucina appena sento suonare alla porta. Spingo le ruote della sedia a rotelle più veloce che posso, per raggiungere quella dannata porta immediatamente, sperando di incrociare gli occhi caldi di mia figlia. Ma sono solo Ethan e Sophia, senza Amy.

"Dimmi che è tornata a casa Amanda, ti prego dimmelo. Diccelo" esclama Sophia piangendo. Ethan al suo fianco si lascia scappare un singhiozzo.

Scuoto la testa sconsolata e faccio segno di abbassare la voce. "Penelope non sa niente di ciò che sta succedendo e vi prego di mentire, se vi farà domande riguarda la sorella. Sa che è in viaggio per lavoro".

Eternamente noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora