Sogno (Klance) [Post Influenza]

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Leggete sotto la foto vi prego.

L'orfanotrofio in cui Keith viveva era uno dei posti più colorati che fossero mai esistiti sulla Terra e questa cosa faceva crescere nel corvino un'enorme senso di tristezza e inadeguatezza.
Gli faceva male guardare quei bambini che, come lui, non avevano nessuno ma erano capaci di sorridere ed essere felici, a volte ci aveva provato anche lui a scendere da quell'albero e giocare a pallone con loro, ma finiva sempre male.
Stava guardando la partita di calcio che si stava svolgendo sotto di lui con disinteresse e noia mentre ripensava all'ultima volta che anche lui aveva giocato, si stava divertendo, i ragazzini intorno a lui ridevano e persino lui stava sorridendo mentre sentiva il vento che gli schiaffeggiava dolcemente la faccia mentre correva, poi era caduto e l'unica cosa che si ricordava era il dolore.
Quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi vide il ghigno beffardo di uno dell'altra squadra che lo guardava con disprezzo.
-Non provarci mai più Kogane. Non sei capace.- E così dicendo si allontanò.
Solo Keith aveva capito quello a cui si riferiva.
Una vecchia discussione che non avevano ancora concluso e che Keith cercava di evitare nello stesso modo in cui si evita la peste.
Il corvino si guardò la caviglia scostando appena le mani, sentiva la pelle pulsare e più pulsava più si tingeva di un orribile colore violaceo.
Si alzò e zoppicando, ma neanche troppo per non far vedere che soffriva, si allontanò.
E quello era solo uno degli orribili modi che avevano per fargli capire che mai qualcuno lo avrebbe aiutato, per aiutarlo a comprendere quanto chiunque lo odiasse e che se persino lui stesso si odiava allora nessun altro gli avrebbe mai dato una mano.
Keith ripensò a quello stesso pomeriggio, ripensò a quando era passato per sbaglio davanti allo sgabuzzino e a come lo avevano spinto dentro senza curarsi minimamente del fatto che stesse male.
Li pregò di farlo uscire, li implorò, si mise addirittura a piangere solo perchè glielo avevano chiesto loro come "pagamento" per essere liberato e loro, dopo averlo visto piangere, avevano richiuso la porta e se n'erano andati ridendo.
Keith cercò di uscire, gridò, batté disperatamente i pugni contro la porta fino a finire le forze, fino a perdere la speranza.
Per un tempo che gli parve interminabile si ritrovò a pensare che, forse, gli andava bene così, che non gli dispiaceva essere dimenticato in quello sgabuzzino buio e che quella sensazione di polmoni compressi che non riuscivano a gonfiarsi e a farlo respirare gli piaceva, voleva dire che stava morendo.
Ad un certo punto si addormentò e credette di essere morto per davvero. 
Sognò di volare via da lì, di fuggire da quel posto così orribile e vivere lontano da tutti, da solo e felice insieme ad un cagnolino.
Il suo più grande desiderio era avere un cagnolino.
Tutte le persone a cui aveva chiesto gli avevano detto che i cani erano gli unici animali che rimanevano sempre fedeli al loro padrone e Keith credeva che solo loro sarebbero stati in grado di amarlo, e se neanche loro ci sarebbero riusciti allora non ci sarebbe riuscito nessuno.
Quando, però, si ritrovò infastidito dalla luce capì che il suo sogno di vivere con un cagnolino era stato infranto, davanti a lui c'era Miss Purple che lo guardava preoccupata.
-Stai bene?-
-Sì.- Disse alzandosi.
La donna lo accompagnò fuori dallo stanzino fino al cortile dove lui andò a sedersi sull'albero e a ripensare a tutto ciò che doveva aver fatto di male per meritarsi una vita così triste.

Per Keith, questo, era un incubo ricorrente, che di solito terminava con lui che si svegliava senza fiato e con una spaventosa sensazione all'altezza dei polmoni.
Anche a distanza di anni gli sembrava di morire ogni volta, sentiva come se qualcuno gli avesse appoggiato sul petto il piede di un pianoforte e poi una morsa gli attanagliava lo stomaco, la paura.
Paura di quei marmocchi che lo tormentavano, paura del buio, paura degli spazi chiusi, paura di non essere mai amato da nessuno.
Anche quella notte Keith si svegliò a corto di fiato, spaventato e terrorizzato come se fosse appena uscito da quello sgabuzzino.
-Ehi...-
La voce di Lance, roca e impastata dal sonno, lo fecero trasalire.
Non si ricordava di essersi addormentato insieme a lui.
-Tutto bene?-
Keith scosse il capo, ma non diede spiegazioni. Era troppo complicato spiegargli cosa aveva sognato e poi si sarebbe mostrato debole.
-Vuoi dirmi cos'è successo?-
Keith scosse il capo nuovamente e Lance, che lo conosceva da anni ormai, non volle insistere, ma aprì le braccia e sorrise.
-Lo vuoi un abbraccio?-
Keith non se lo fece ripetere due volte, si lasciò abbracciare e cullare dalle braccia di Lance e dal suo battito cardiaco così tranquillo da trasmettergli sicurezza.




Allora

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Allora... Volevo ringraziarvi innanzitutto per le 6357 visualizzazioni (senza contare quelle a questo capitolo, nel giorno 27/07/2019 alle ore 20.42) e per i 718 (sempre nello stesso momento).

Volevo anche ringraziarvi per i magnifici risultati ottenuti perchè:
#1 nelle seguenti classifiche:
Voltron
KeithKogane
LancMcClain
TakashiShirogane
Shidge
e #6 nelle seguenti classifiche:
Klance

Tutto questo inutile piagnisteo per dirvi che, anche se non ve l'ho mai detto, vi ringrazio tantissimo e che mi donate sempre un sorriso.

A Presto
LadyKillerBad

P.S
Per le 7000 views vi va se tipo sotto ad un capitolo rispondo a due/tre/tutte le domande che volete su di me ma anche tipo sui fandom che seguo etc. ?

Una Vita Insieme || KlanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora