La vita continua [Post NO].

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Il giorno in cui Keith venne dimesso un uomo e una donna si presentarono alla camera d'ospedale, lei aveva un sorriso timido dipinto sul viso, indossava una lunga gonna turchese e una camicia bianca con sopra un cardigan nero, i capelli raccolti in una crocchia ordinata ma non dall'aspetto severo, l'uomo invece non stava sorridendo in quel momento ma dalle rughe attorno agli occhi e attorno alle labbra doveva ridere spesso, portava una camicia a quadri e dei vecchi jeans, avevano con loro una borsa che porsero a Keith e che il corvino aprì con molta cautela, conteneva dei vestiti nuovi.
Mentre Keith si cambiava i due si scambiarono le ultime informazioni con i medici e poi si diressero verso la casa in cui anche Keith sarebbe andato a vivere.
Quando arrivarono davanti alla porta e l'uomo aprì, la prima cosa che Keith sentì furono delle grida litigiose e una voce che cercava di fermarle.
-Lance e Benji smettetela di litigarvi il telecomando!-
-Benji ce lo aveva ieri!-
-C'è la partita di baseball! Giocano gli Yankees!-
-Benji se il più grande... Per una volta!- 
I due adulti e Keith sbucarono nel salotto lasciando tutti quanti sorpresi, non li avevano sentiti arrivare.
Erano due ragazzi poco più grandi di Keith e una ragazza sulla ventina.
-Lance, Benjamin, Veronica, lui è Keith.- Disse la donna. 
-Mamma di' a Lance che mi dia il telecomando!- Disse Benji ignorando completamente tutta la situazione, mentre Lance lasciava cadere il telecomando per avvicinarsi al nuovo arrivato.
Erano molto diversi i due, Keith era pallido, con gli occhi scuri e perennemente sull'attenti, mentre Lance aveva la carnagione abbronzata, gli occhi azzurrissimi e un enorme e magnifico sorriso.
-Lo accompagno a vedere la camera!- Disse con un sorriso avvicinandosi a loro, il padre gli porse lo zainetto del corvino e Lance gli fece cenno di seguirlo così, titubante, si avviò lungo le scale dietro a moro.
Salirono le scale fino ad arrivare al primo piano, c'erano diverse porte tutte aperte da cui si intravvedevano dei letti, una completamente bianca con un letto matrimoniale, una camera era bianca e lilla, una bianca e giallo limone e una tutta completamente azzurra, in quest'ultima era stato aggiunto un letto e Lance vi appoggiò sopra lo zaino di Keith per poi sedersi accanto mentre Keith rimase in piedi sulla soglia.
-Ti chiami Keith, vero?- Chiese il moro.
Keith annuì, aveva le braccia strette al petto, i capelli corvini spettinati gli coprivano parte del volto, li aveva tagliati poche volte da quando era in ospedale, gli piaceva tenerli lunghi.
-Non parli molto, è?- Il ragazzo non aveva perso il sorriso e non sembrava deluso, stava solo facendo conversazione con qualcuno a cui non piace conversare.
Keith annuì, di nuovo.
-Questo è il tuo letto, condivideremo la camera, sai, io ho quasi quattordici anni, tu ne hai appena compiuti tredici, no?- E Keith annuì. -Quindi abbiamo quasi la stessa età.- Disse con euforia Lance.
Lance e Keith continuarono a parlare, o meglio, Lance continuò a parlare mentre Keith lo guardava in silenzio, sembrava un ragazzo solare, allegro e pieno di vitalità, era tutto ciò che Keith non era mai stato, eppure, per qualche ragione, non lo invidiava né lo odiava, semplicemente si chiedeva se anche lui sarebbe mai riuscito ad avere un po' di quella felicità.
Quella sera, a cena, si riunirono tutti attorno al tavolo della cucina per cenare insieme, era la prima volta dopo anni che cenava con qualcosa di veramente buono, con qualcosa che gli facesse davvero venire voglia di mangiare.
Una volta che si fu messo a letto, però, tutte le terribili paure che si nascondono nel buio tornarono ad uscire, ogni cigolio, ogni fruscio, ogni respiro gli ricordava quelli che sentiva nelle terrificanti notti degli ultimi quattro anni e, per qualche motivo, si aspettava che da un momento all'altro James McClain entrasse da quella porta e lo trascinasse via, cosa che non successe, ma che comunque rimase anche per molte notti a seguire, decine e decine di notti a venire.

Shiro passava a trovarlo regolarmente, facevano le loro conversazioni silenziose e i loro scambi di cioccolata, cioccolata che Keith amava e conservava gelosamente dentro al cassetto del piccolo comodino.
La scuola andava bene, Keith faceva tante verifiche ma in poco tempo era riuscito a mettersi in pari, nessuno si aspettava che lui di punto in bianco iniziasse a parlare e gli altri ragazzi gli stavano lontani per chissà quale paura, tutti a parte Lance e i suoi due migliori amici, un ragazzo di nome Hunk e una ragazza di nome Katy che però si faceva chiamare Pidge, pena per chi la chiamava Katy? La morte.
Ma questo era un problema che non riguardava il corvino dato che non chiamava mai nessuno.
Keith passava il suo tempo con loro, in religioso silenzio, così silenzioso che a volte tutti dubitavano che li stesse a sentire, ma alla fine impararono a fare le domande in modo tale da far partecipare anche lui, domande a cui si poteva rispondere con "sì" o con "no", domande che potevano interessare anche Keith.
Spesso Hunk e Pidge chiedevano a Lance, quando Keith non c'era, se avesse mai sentito la sua voce, e Lance ogni volta rispondeva che no, non l'aveva mai sentita, ma doveva essere magnifica perchè un ragazzo così carino doveva per forza avere una voce fantastica, e così Lance era paziente e gli lasciava il suo tempo, non aveva fretta di sentire la sua voce, voleva solo capire per quale motivo non parlasse.

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