53 - don't come back to me (and i hope tf u do u be a dead son of a bitch)

387 15 10
                                    

Se vi va fate partire la canzone ;)

Vedere Draco entrare in ritardo in Sala Grande mi aveva insospettito, ma i miei dubbi videro conferma quando Harry fece il suo ingresso e si diresse verso il tavolo dei Grifondoro col naso tumefatto.
Quando si era presentato a casa mia quel giorno d'estate, avevo pensato che qualcosa in lui fosse cambiato, che non fosse più il Draco che avevo conosciuto a King's Cross cinque anni prima. Lo speravo con tutto il cuore, ma non era così.
Più lo guardavo vantarsi della propria impresa, più mi rendevo conto che un tipo come lui non sarebbe mai cambiato, soprattutto per amore.
"Ti amo" aveva detto.
Pff, come se fosse possibile che uno come lui fosse capace di amare.
Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e fu in quell'attimo che il suo sorriso sornione si spense e che i suoi occhi quasi cambiarono colore, rivelando una fragilità inusuale.
Fu un istante solo, intenso, illudente, fuggevole. Fu tutto così breve che pensai di essermelo immaginato e, forse, era davvero così. Non che mi importasse. Tra noi era finita, e nel peggiore dei modi. Forse era anche colpa mia: non l'avevo voluto ascoltare, non avevo voluto sistemare le cose tra noi, neanche quando aveva detto di amarmi. Ma con tutte le bugie che mi aveva già detto... come potevo permettermi di credere anche a quello, di ritrovarmi nuovamente col cuore spezzato? Non potevo né volevo.
Si dice che in amore vince chi fugge, e se fuggire fa soffrire di meno, allora avevo fatto la scelta giusta.
Persa nei miei pensieri, non mi ero accorta che il tipico discorso d'inizio anno del preside era già iniziato da un pezzo. A farmi tornare alla realtà fu la parte più interessante: a insegnare pozioni ci sarebbe stato Lumacorno, l'uomo possente e bonaccione del Lumaclub, mentre Piton avrebbe ricoperto la carica di professore di Difesa contro le arti oscure.
Piton sembrava imperturbabile, ma io ero sicura che dentro stesse gongolando come un matto.
Poi la voce di Silente si fece più macabra e mi parve di vedere i suoi occhi oscurarsi, come se un telo grigio fosse calato su di essi e impedisse alla luce di passare. Silente ci mise in guardia, ma al contempo ci tranquillizzò, spedendoci a letto come se le barriere fossero effettivamente abbastanza forti da proteggerci, ma io sapevo benissimo che non era così. Più volte in questi anni il male era riuscito a penetrare nelle mura della scuola e adesso Voldemort era al massimo della sua forza, così come lo erano i suoi seguaci.
Tornai nel dormitorio dei Serpeverde con mille pensieri che mi affollavano la testa. Una volta entrata nella sala comune, sentii la sua voce. Proprio l'unica voce che non avevo assolutamente voglia di sentire.
Sperando che lui non mi avesse notata, scattai verso la porta che conduceva ai dormitori, ma lui fu più rapido.
Mi ritrovai Draco dietro che mi seguiva, chiamando il mio nome, mentre io facevo di tutto per ignorarlo.
Solo quando mi si parò davanti capii di non avere alternative: dovevo affrontarlo, una volta per tutte.
«Che vuoi?» feci, sospirando demoralizzata.
«Dobbiamo chiarire questa cosa una volta per tutte» rispose lui, serrando la mascella.
Avrei potuto fare la finta tonta e chiedere a cosa si riferisse, ma lui si sarebbe arrabbiato e al momento non avevo le forze necessarie per litigare.
«Va bene» dissi. «Andiamo nella mia stanza. Non ci disturberà nessuno lì».
Il tragitto verso il dormitorio femminile fu silenzioso e carico di tensione, una tensione che non si allentò neanche quando raggiunsi la mia stanza e chiusi la porta a chiave.
«Perché sei da sola in camera?»
«Rebeka ha voluto cambiare. Dovrebbe aver fatto scambio con Daphne Greengrass, ma sappiamo benissimo che lei torna raramente di notte nella sua stanza».
Mi sedetti sul letto allargando le braccia.
«Quindi è come se questa stanza fosse tutta mia. Accomodati pure».
Draco si guardò intorno. Individuata una poltrona di velluto verde, si lasciò cadere.
«Se sei venuto qui per discutere sullo stato del nostro attuale rapporto, sappi che al momento non sono in vena di relazioni, soprattutto con qualcuno che si diverte a rompere il naso alla gente».
Draco, che aveva aperto la bocca per parlare, la richiuse.
Dovevo essere fiera di me, della sicurezza nelle mie parole, eppure quando vidi i suoi occhi rattristarsi sentii una morsa stringermi il cuore.
«Beh, dato che hai parlato chiaro riguardo a questa questione, posso passare a quella di cui effettivamente volevo parlarti».
«Aspetta, quindi non sei venuto qui per riconsiderare la nostra relazione?»
Lui accennò una risata amara che mi spezzò il cuore.
«Mi ero ripromesso che avrei aspettato una risposta, ma forse aspettare non serve, forse serve solo dimenticare».
Alzai le sopracciglia.
«Pensi di poterlo fare? Non avevi detto di amarmi?»
«E con ciò? Sai, quando un amore non è ricambiato l'ultima cosa da fare è piangersi addosso».
Il suo sguardo ora era duro e tagliente come il ghiaccio e stava fissando un punto qualsiasi sulla parete color menta.
Volevo dirgli che era un idiota a pensare che il suo amore non fosse ricambiato, perché il sentimento che provavo per lui andava intensificandosi ogni giorno di più, nonostante i litigi, nonostante la lontananza, nonostante tutto.
Ma non riuscii a dirglielo. Riuscii solo ad essere stronza, ad essere fredda, ad essere Serpeverde.
«E per dimenticarmi cosa hai fatto?» chiesi acidamente. «Scommetto che a breve si verrà a sapere che hai intrapreso una scopa-amicizia con la Parkinson, o con una delle Greengrass, o con Tracy Devis. O magari con tutte e quattro».
Sentii gli occhi di Draco penetrarmi nella pelle come lame fredde e affilate.

Draco's POV

Non pensavo che delle parole potessero ferirmi così profondamente.
Avrei potuto incazzarmi, mostrarmi ferito, farle capire che neanche una goccia del mio amore per lei era scomparsa, e che il mio sentimento era ancora intatto.
Ma io ero non solo un Serpeverde, ma anche un bambino infantile, e reagii nell'unico modo che conoscevo: ferendola a mia volta.
«Ah, beh, chissà. Magari me le sono già fatte tutte e quattro. Non ascolti le voci di corridoio tu, vero?»
Vidi un cipiglio comparire sul suo viso e capii che era combattuta se credermi o meno. Una parte di me sperava che si fidasse abbastanza di me e dei miei sentimenti per lei da non crederci, ma un'altra sperava che ci credesse, così da darmi la spinta finale per dimenticarla.
Georgia, però, non disse niente, impedendomi dunque di capire cosa pensasse effettivamente.
Non so cosa mi prese dopo, forse ero semplicemente stanco di aspettare una qualsiasi reazione da parte sua.
«Sai? Ero venuto qui solo per dirti di non accettare tu sai quale proposta, ma ma tanto tu fai quello che cazzo ti dice la testa, non li ascolti i consigli degli altri».
Mi alzai e mi diressi verso la porta. Senza dire altro la aprii e me la richiusi con violenza alle spalle.

Georgia's POV

Quando sbatté la porta, sussultai, mentre gli occhi si riempivano di lacrime, lacrime che non avrei lasciato cadere perché lui non le meritava. Cercavo di convincermi che tutte le cattiverie che mi aveva detto fossero vere e non delle semplici risposte alle mie provocazioni.
Cosa si aspettava? Che bastasse chiedermi scusa per farmi cadere nuovamente ai suoi piedi? Che mi sarei pentita della mia scelta e che il rimorso mi avrebbe condotto direttamente da lui? E per cosa poi? Per continuare a ferirci a vicenda? Non avrei lasciato che accadesse.
Mi stesi sul letto e chiusi gli occhi, consapevole di stare mentendo a me stessa. Stavo elaborando una così bassa considerazione di lui per dimenticarmi del fatto che, probabilmente, nonostante la resistenza da me opposta e nonostante tutto il male che mi aveva fatto, un giorno o l'altro sarei tornata tra le sue braccia.
Se mi fossi comportata da stronza e gli avessi impedito di tornare da me, forse sarei riuscita a resistere.
Allora perché mi sento così sola ora che tu non sei più qui davanti a me?
Perché voglio tornare da te nonostante tutto?

mudblood - the descendant  [d.m.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora